Accadde oggi: 2 novembre 82 a. C., la marcia dei Sanniti su Roma e la disfatta di Ponzio Telesino

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La battaglia di Porta Collina ebbe luogo i primi due giorni di novembre dell’82 a.C. tra le legioni aristocratiche guidate da Lucio Cornelio Silla e le legioni dei populares e le milizie italiche guidate dal condottiero sannita Ponzio Telesino che marciavano su Roma. In particolare, le legioni dei populares erano costituiti da forze democratiche con milizie reclutate in Etruria e Gallia Cisalpina e soprattutto con la costituzione di un grande esercito di Sanniti e di Lucani; i Sanniti, in particolare, odiavano Silla poiché questi, durante la guerra sociale, devastò il loro territorio ed erano convinti che una vittoria dei sillani avrebbe compromesso per sempre l’autonomia e la libertà della loro regione.
Silla, informato dell’arrivo dell’esercito sannita verso Praeneste in soccorso del giovane Mario, decise di fare irruzione verso di loro. Le legioni sillane arrivarono in tempo per sbarrare la strada di Praeneste all’esercito di Ponzio Telesino e riuscirono a fermarne l’avanzata. Ponzio Telesino, esasperato dai ripetuti fallimenti del suo esercito verso quello sillano, decise di compiere una sanguinosa vendetta contro la città nemica e con i suoi guerrieri sanniti decisero di combattere un’ultima, decisiva battaglia per difendere la libertà e l’esistenza del loro popolo e infliggere una crudele punizione all’odiato nemico romano, e conseguentemente distruggere completamente la città e annientarne gli abitanti.

La missione, probabilmente, non avrebbe evitato la sconfitta finale, ma comunque Ponzio Telesino e i suoi guerrieri marciarono contro Roma con determinazione e furore per distruggere il “covo dei lupi romani”. Così, Ponzio Telesino fece irruzione, durante la notte, nella città e si accampò non lontano da Porta Collina e Silla, venuto a conoscenza di tale coraggioso impeto di Telesino, andò in soccorso di Roma. Il 2 novembre Silla, però, ebbe la meglio sui tentativi di vendetta dei Sanniti e vinse la battaglia, combattuta con estremo accanimento, dopo fasi di grande difficoltà, dall’esercito della fazione aristocratica. Dopo la vittoria Silla fu molto spietato contro i vinti, in particolar modo contro i Sanniti che avevano messo in così grave pericolo la sorte di Roma; oltre 3.000 prigionieri vennero uccisi barbaramente tre giorni dopo la battaglia nel campo di Marte con una crudele dimostrazione di implacabile ferocia: altre fonti riferiscono che i soldati nemici eliminati sommariamente furono oltre 8.000. Silla inoltre fece decapitare Ponzio Telesino e non risparmiò i capi mariani catturati. Dopo un disperato tentativo di fuga, il giovane Gaio Mario e il fratello minore di Ponzio Telesino si suicidarono per non cadere in mani nemiche e la fortezza di Praeneste infine si arrese al nemico. Una parte dei prigionieri furono risparmiati, ma i cittadini di Praeneste, tutti i Sanniti e i senatori romani catturati furono inesorabilmente uccisi.