Francesco
Mastriani, Cosimo Giordano e
la sua Banda. Episodi del brigantaggio del 1861. Prefazione di Chiara
Coppin. Note biografiche e appendice documentaria di Salvatore D’Onofrio. Nocera Superiore, D’Amico Editore, 2019. (scheda a cura di Salvatore D’Onofrio)
Viene edito per la prima volta in volume il romanzo storico di Francesco Mastriani, pubblicato a puntate sul quotidiano napoletano Roma, nel 1886, sulla vita e le vicende del celebre brigante Cosimo Giordano (Cerreto Sannita 1839 – Favignana 1888).
Il Giordano fu il brigante sannita più famoso, autore di atroci delitti e che, tra il 1860 ed il 1866, scorrazzò tra le montagne del Matese e del Taburno destando grave allarme sociale. Ebbe una vita avventurosa e dal 1866 si rifugiò all’estero, in Francia ed in Inghilterra dove, sotto falso nome, svolse attività commerciale. Attratto in Italia con un espediente da agenti investigatori, fu arrestato nel Porto di Genova nel 1882. Processato a Benevento nel 1884, fu condannato ai lavori forzati a vita e recluso nel carcere siciliano di Favignana, dove morì nel 1888.
Il suo processo fu un evento mediatico di grande risonanza, con la partecipazione di numerosi inviati di giornali italiani, tra i quali lo scrittore calabrese Nicola Misasi, autore di varie opere sul brigantaggio. Probabilmente assistette al processo anche Francesco Mastriani che nel romanzo dimostra di conoscere dettagliatamente la vita e l’attività del brigante Cosimo Giordano, con precisi riferimenti agli atti processuali.
L’opera è di notevole interesse non solo per il valore letterario ma per la forte valenza sociale data dall’autore che fu il più prolifico romanziere napoletano dell’Ottocento, attento studioso delle classi popolari più povere e dei bassifondi di Napoli.
Nella lunga digressione introduttiva alla vita del brigante sannita, il Mastriani espone meticolosamente le cause generatrici del brigantaggio e i possibili rimedi, tanto che il romanzo stesso diviene quasi un pretesto per esprimere le proprie idee su un fenomeno sociale che, pur ormai militarmente debellato, era ancora di forte impatto sociale e oggetto di opposte strumentalizzazioni. Mastriani sostiene che il brigantaggio non va interpretato come una mera degenerazione sociale e volontà di delinquere né come consapevole difesa della causa borbonica. Le cause del brigantaggio sono individuate nella condizione di degrado e feroce sfruttamento delle classi più povere, nella mancanza di istruzione e mezzi per un’esistenza dignitosa: fino a quando non si troveranno soluzioni a queste ingiustizie sarà sempre viva la fiamma per alimentare brigantaggio e rivolta sociale. Una lettura – per quei tempi – “moderna” e lontana da facili consensi.
Questi motivi rendono importante ed attuale la lettura del romanzo.