Immagini dal Sannio: San Lupo e Baselice, terre di Janare

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Benevento, si sa, è terra di streghe e di Janare e tutto il beneventano ne è infestato. Leggenda vuole che nel capoluogo sannita, questi esseri diabolici si riunissero nei pressi di un noce per i loro riti sabbatici. Girovagando nel territorio sannita, non è difficile imbattersi in queste creature leggendarie, misteriose e diaboliche. Lo sapevate? Beh, vi invito a seguirmi in questo viaggio soprannarurale…

Oggi, però, ci allontaniamo da Benevento e andiamo in due piccoli borghi. Il primo si trova nell’entroterra sannita, San Lupo, piccolo centro di circa 800 abitanti il cui nome, molto probabilmente, trae origine dal vescovo francese San Lupo di Troyes, proprietario del monastero dei Santi Lupolo e Zosimo. Inizialmente feudo demaniale sotto i normanni, passò nuovamente al monastero dei Santi Lupolo e Zosimo grazie agli Svevi e in seguito passò al Capitolo Metropolitano di Benevento, sotto la giurisdizione episcopale di un Vicario Capitolare. Successivamente, divenne possedimento dei Caracciolo e, nel 1506, della famiglia Carafa che lo tenne fino alla abolizione della feudalità avvenuta nel 1806. Il paese fu distrutto da un terremoto avvenuto il 5 giugno 1688 ma in poco tempo venne ricostruito. Fu proclamato comune del Molise e nel 1861 divenne parte del mandamento di Pontelandolfo nel circondario di Cerreto, nella Provincia di Benevento.

Ha un centro storico molto grazioso, caratterizzato da stretti vicoli, abbelliti da archi e pontili, ove qua e là sorgonl portali in pietra di alcune architetture civili, realizzati da scalpellini locali. Certamente da non perdere è una visita della Chiesa di San Giovanni Battista, la chiesa maggiore del paese, nel cui interno è la statua a mezzo di busto di San Lupo, realizzata dallo scultore Giacomo Colombo nel 1708, il cui campanile è sormontato da un cupolino con embrici maiolicati gialli e verdi. Molto fine, bella ed elegante è la Fontana Sant’Angelo, realizzata nel 1614 in pietra locale, con tre getti d’acqua intervallati da mascheroni e da una figura femminile, nel cui frontone sono siti due stemmi e delle scritte in latino che invitano i pellegrini a dissetarsi. La fontana è posta nel luogo dove sorgeva un monastero benedettino. Delizioso e settecentesco, invece, è il Palazzo Iacobelli, che ha ospitato Ferdinando II delle Due Sicilie, presso l’imprenditore Achille Iacobelli. San Lupo si trova in piena terra di viti e olivi e caratteristica del borgo sono i Fagioli della Regina, particolari fagioli di una varietà molto antica che si è conservata inalterata fino ai giorni nostri. I fusti del Fagiolo della Regina si sviluppano in altezza e necessitano di una rilevante quantità d’acqua, senza la quale non riescono a maturare. Il loro nome deriva da un fatto storico che vede protagonista il cavalier Achille Jacobelli, il suddetto noto personaggio di questo paese di metà Ottocento, frequentatore della corte del re Federico di Borbone a Napoli, il quale ne donò un sacchetto alla regina Maria Teresa, che li gradì molto, tanto che il cavaliere decise che da qual momento i fagioli di San Lupo sarebbero diventati, in suo onore, i Fagioli della Regina.

San Lupo ha una grande fama anche per la presenza delle Janare. La Janara di San Lupo agiva di notte, entrava nelle case attraverso le fessure di porte e finestre e aveva come obiettivo quello di vendicarsi di azioni cattive ricevute o affermare la sua femminilità repressa dalla società. Le sue vittime preferite erano i bambini, li paralizzava e soffocava, storpiandoli o uccidendoli. A tal proposito è usanza ancora oggi, a San Lupo, fare un cuscinetto detto abbetielle con su oggetti di metallo, fierr’ e acciaje, l’immagine di un santo protettore ed erbe incantate che le mamme appendevano al collo dei loro figli, come simbolo di protezione e amuleto contro i sortilegi. Un altro espediente era ed è quello della scopa di saggina e del mucchietto di sale messo davanti alle porte per ingannare la strega malefica, una delle tipiche usanze per allontanare streghe e Janare anche a Benevento. Proprio a San Lupo si trova il torrente delle Janare, attraversato da un ponte in pietra, detto appunto Ponte delle Streghe o Ponte delle Janare. Le leggende medievali, raccontano che, nel torrente, dopo una notte di sfrenati riti sabbatici, fu rinvenuta una neonata che, recuperata, fu adottata da una coppia che non aveva figli. La bambina era frutto dell’unione amorosa tra un diavolo e una strega. Divenuta una ragazzina, cominciò a fare la pastorella nel bosco. Un giorno, mentre portava a pascolare le sue greggi, durante uno dei suoi bagni nell’acqua fresca del ruscello, attirò l’attenzione di un nobiluomo che arrivava da Limata, antica città del posto oggi scomparsa. Questi si invaghì perdutamente della bellissima ragazza ma, rifiutato dalla fanciulla, per vendicarsi, sparse la voce di averla veduta compiere pratiche demoniache, in compagnia del diavolo stesso. La gente s’impressionò, si spaventò e, infine, venne presa una terribile decisione: affogare la giovane donna nell’acqua mentre pascolava vicino al torrente, gettandola dal Ponte delle Streghe. Mentre il corpo morto della donna veniva gettato nel ruscello, si formò un vortice che risucchiò velocemente la povera pastorella giù in profondità. Il corpo non fu mai ritrovato, trascinato da un vortice nelle profondità. Qualche tempo dopo l’accaduto, furono in molti a giurare di aver visto il fantasma di una ragazza nuda danzare sulle rocce del torrente e tuffarsi nel momento in cui qualcuno avesse tentato di avvicinarla. Molti anni dopo, un giovane discendente dalla famiglia dell’anziano signore di Limata fu attratto da quella apparizione e una notte, vedendo la ragazza tuffarsi, la seguì. Anche il suo corpo, come quello della sventurata fanciulla, non fu mai ritrovato.

Baselice è un altro centro agricolo tra il fiume Fortore e il vallone Maltempo, situato nella parte più settentrionale della provincia di Benevento. Il terreno su cui sorge è ricco di depositi di pozzolana e banchi di tufo grigio. Sull’origine del suo nome sono state formulate varie ipotesi. Alcuni studiosi sostengono che Baselice potrebbe derivare da basilica, l’edificio in cui i cittadini tenevano le loro assemblee e svolgevano le loro attività commerciali. Altri sostengono che potrebbe aver avuto origine da basilicus, parola longobarda che indicava colui che portava gli ordini del re. In epoca angioina, il borgo assunse il nome di Castrum Basilicae, in seguito Castrum Basilicis, e, infine, Baselice. Secondo un’iscrizione latina scoperta nei primi anni del secolo XIX, Baselice sarebbe stata fondata dai profughi della città sannita di Murgantia, in seguito chiamata Morgara, distrutta dai Romani nel 294 a.C.. Sotto gli Angioini, Baselice appartenne all’abbazia di S. Sofia di Benevento. Nel 1419 fu divisa tra Antonio Mazzetta e l’abate commendatario di Santa Maria a Mazzocca finché Baselice fu veduta Guevara di Guevara, già titolare della contea di Ariano, alla quale il paese fu aggregato nel 1454. Divenne, in seguito, terra regia e nel 1495 Carlo VIII la donò a un nobile francese, Pietro, signore di Giers. Passò poi ai Carafa e ai Gonzaga, finché Ferdinando II d’Aragona recuperò il trono e donò Baselice ad Alberico Carafa, conte di Marigliano. Nel 1532 i Carafa, fedeli agli aragonesi, si ribellarono e Carlo V li privò di tutti i feudi, cedendoli a Ferrante Gonzaga, fino ai Brancaccio, ai Risolti e ai Mandi. I Rinuccini, nobili di Firenze, sono stati gli ultimi proprietari di Baselice, e i suoi discendenti conservano ancora il nome di Marchesi di Baselice. Nel 1806 fu aggregata a Campobasso e nel 1860, quando fu creata la provincia di Benevento, Baselice divenne uno dei suoi comuni.

Uno dei monumenti di maggiore interesse è Palazzo Lembo, dal 17 novembre 2011 una delle 1000 meraviglie d’Italia, nato probabilmente nel corso del Seicento dall’ampliamento del castello intorno al quale sorgeva il nucleo originario di Baselice, nel cui interno è allestito il Museo Paleontologico, che si compone di reperti fossili, di foto e di mappe che consentono di ricostruire le condizioni ambientali di milioni di anni fa. L’esposizione comprende reperti fossili e una raccolta di minerali e rocce provenienti dall’antica collezione Carusi. Porta da Capo, attraverso la quale si accede all’antico borgo medievale, ha un doppio arco ogivale e uno stemma con la stadera dei Carafa. Nel centro storico è conservato quasi intatto l’aspetto di un tempo: palazzi antichi, case di contadini, granai, la pietra della gogna, la Torre del Capitano. Dal borgo si esce attraversando la Porta da Piede. Anche il resto della cittadina riserva piacevoli sorprese, come i Sassi baselicesi. Prodotti tipici del posto sono cereali, vino, olio e frutta, molto famoso, fra i vini, è il Moscato.

In questo borgo medievale nella Valle del Fortore si narra la leggenda della Janara Maria ‘a Roscia e della strega Coletta che fu uccisa dai contadini dopo un maleficio. Baselice è l’unico comune in Italia a essere conosciuto per la scuola di stregoneria e meta di visitatori curiosi di conoscere questi misteri. Originaria di San Bartolomeo, nel suo paese natìo Maria non aveva trovato marito, dicevano che fosse una Janara ma era una bellissima donna alta dai capelli rosso rame, con le fattezze tipiche di una strega. Aveva i capelli arruffati, attraversati da una forcina d’argento, con un foulard incrociato al petto, al collo una canacca d’oro e degli orecchini a cerchio, sempre d’oro, oltre a uno spillone metallico dalle sembianze di serpente. Un giorno alla fiera del bestiame di Lucera conobbe Leonardo, un ragazzotto di Baselice di cui si innamorò. I due si sposarono e andarono a vivere nel piccolo borgo della Valle del Fortore. Maria sapeva preparare pozioni con cui guariva le persone, così mise a disposizione del paese la sua arte magica in una vera e propria scuola di stregoneria. Da quel momento tantissime donne cominciarono ad arrivare a Baselice. Era una scuola clandestina, e si portavano anche i bambini a curare i loro “guasti”. Se avvenivano le guarigioni mediante i loro intrugli, tutti erano in accordo, pace e amore, altrimenti si elevava odio eterno verso le streghe.

La scuola si trovava in un luogo impervio, sul Toppo delle Fate, inaccessibile anche agli abitanti: proprio qui si imparavano le ricette di unguenti, filtri e intrugli. Per poter accedere alla scuola delle streghe era necessario giungervi nella notte tra il venerdì e il sabato, scivolando lungo i tetti delle case, finché suoni melodiosi o odori acri attiravano il malcapitato. Tra le arti della scuola, oltre alla cura dei bambini, vi era quella di far abortire giovani donne gravide, scatenare tempeste, o far impazzire i bambini e provocare distruzioni di interi raccolti, nonché trasformarsi e trasformare in animali. Per fortuna le janare sapevano anche guarire dalle peggiori malattie. Baselice, tra i fatti di cronaca vissuta, annovera una storia particolare che vede protagonista una donna chiamata Coletta. Si racconta che questa negli anni ’30 del secolo scorso viveva a Baselice praticando l’attività di fattucchiera e di indovina. Un giorno un gruppetto di cittadini stanchi e ossessionati da questa figura istrionica decisero di eliminarla fisicamente, elaborando un piano criminoso e violento. Un mattino in località Ripa di Troia, luogo caratterizzato dalla esistenza di una serie di grotte incavate nel tufo, la fattucchiera fu condotta, con un inganno, in una di queste grotte. Coletta era convinta di dover svolgere la sua funzione di strega e seguì senza indugiare i suoi assassini ma, una volta nella grotta più nascosta, il gruppetto di uomini decise di attuare il suo piano criminoso, approfittando del fatto che la donna stesse per dare inizio a un rito scaramantico. In quel mentre, uno di loro infierì sulla malcapitata colpendola con un’ascia alla testa mentre gli altri si gettarono addosso con arnesi agresti sino a ucciderla. Dopo la donna venne scaraventata in un fosso e coperta con fascine e sterpaglie. In paese, col passare dei giorni la popolazione si era convinta che la donna se ne fosse andata via spontaneamente e questo creava un certo senso di liberazione e di tranquillità sociale dato i tanti malumori che la donna aveva suscitato tra i cittadini del luogo. Pertanto si pensava che finalmente avesse abbandonato definitivamente Baselice, ma dopo alcune settimane grazie a un cane da caccia che gironzolava nella zona, si fece la triste e macabra scoperta. Una serie d’indagini condusse al ritrovamento dei colpevoli i quali furono costretti a scontare una pena detentiva. Così finì la storia della strega Coletta indicata soprattutto dalle donne di Baselice come colei che praticava fatture sui nascituri con conseguente malformazioni fisiche.