Sassinoro è un caratteristico borgo di origine sannita di poco più di 600 abitanti, nell’estrema parte orientale della Campania, al confine con il Molise e, come dimostrano i reperti che continuamente vengono alla luce, è stato abitato in epoca romana, con un pieno sviluppo urbanistico nel periodo longobardo. In età medievale fu un feudo soggetto all’autorità della chiesa di Santa Sofia di Benevento e negli anni dopo passò da una signoria all’altra, anche attraverso vicende storiche cruente. Il suo nome deriva da una colonia di Sassoni che qui si stanziarono al seguito di Alboino. Con l’eversione della feudalità fu aggregato al Molise e dopo l’Unità d’Italia, il comune entrò a far parte della provincia di Benevento.
Il territorio di Sassinoro è formato in gran parte da piccole valli e colline dominate dal monte Rotondo, per cui ha molte sorgenti freschissime e abbondanti che vanno a gettarsi nel fiume Tammaro e che vengono utilizzate per l’irrigazione nel periodo estivo. Come simbolo della ricchezza d’acqua della zona di Sassinoro, vi è la grande fontana nella piazza principale del paese e i vari fontanili dislocati in ogni rione, che un tempo garantivano anche il funzionamento di tanti mulini presenti nella zona, ora in disuso. Ogni anno, mentre tutto il mondo celebra il World Water Day, nella giornata del 22 marzo, per ricordare che l’acqua è un bene primario per la vita dell’uomo e del pianeta, a Sassinoro si svolge la manifestazione “Sassinoro, Paesi dell’Acqua”, evento che coinvolge anche i Comuni della Valle del Tammaro in cui si celebra l’acqua come diritto alla vita, a cui partecipano anche associazioni nazionali con un programma ricco di presenze e di spunti interessanti con il coinvolgimento delle varie realtà locali. Ecco quindi scuole, enti, associazioni varie, esperti e aziende che attivano laboratori di sensibilizzazione, di divulgazione e dibattiti sui temi della sostenibilità, dell’ecologia e della nuova agricoltura, mettendo a disposizione la propria esperienza a confronto e a disposizione del progetto.
La gastronomia sassinorese è molto caratteristica. Se vogliamo citare solo uno dei suoi piatti, dobbiamo ricordare la ‘Z’a Onta, tipicamente sannita a base di pezzetti di carne di maiale soffritta con aglio in camicia e peperoni sott’aceto. La Cacchiarella, invece, è un tipo di pizza rustica fatta con la farina di mais mentre le Taccozze e Fagioli sono rombi di pasta fatta in casa con farina, acqua, un uovo e sale.
Il paese è oggi una meta importante di turismo religioso, conosciuto soprattutto per il Santuario di Santa Lucia e per il culto di San Michele Arcangelo. A quest’ultimo è dedicata la chiesa Arcipretale, che si trova nella parte alta del paese, dominando la Valle del Tammaro. È una chiesa di origine cinquecentesca, nata sulle rovine di una precedente cappella dedicata all’Arcangelo Michele dopo il 1600, completamente distrutta dal terremoto del 1805 e poi interamente ricostruita rispettando la pianta originaria. La chiesa ha un’imponente facciata in pietra calcarea, con una navata centrale illuminata da finestre con vetrate istoriate, raffiguranti episodi della vita del Santo e un alto campanile sormontato da una cuspide a bulbo in maioliche colorate.
Il culto di Santa Lucia risale al 1600 e, secondo la tradizione popolare, trae la sua origine dal ritrovamento per mezzo di alcuni pastori che a primavera si recavano in montagna, nella sua distesa di boschi, di una grotta, fino a quando il gran freddo autunnale non li costringeva a scendere. Più di una volta, nella primavera del 1600, una porzione di gregge spariva dalla vista dei pastori che andavano a cercarla, ma quando ritornavano nel luogo iniziale, ritrovavano l’armento che pascolava come se nulla fosse accaduto. Esso spariva attraverso il foro di un roveto e raggiungeva il foro di una grotta nascosta da un roveto. I pastori vi si recarono carponi, finché non giunsero alla grotta luminosa. In quell’antro sarebbero loro apparsi Santa Lucia e San Michele Arcangelo. Dopo tale avvenimento miracoloso, i fedeli di Sassinoro e dei paesi limitrofi cominciarono unanimemente a venerare i due Santi. Don Francesco De Petroniano, che tanto si diede da fare per la valorizzazione del luogo, fece ricavare, all’interno della grotta, una nicchia per l’adorazione delle statue di Santa Lucia e di San Michele Arcangelo e ne chiuse l’ingresso con un cancello.
I lavori furono completati nel 1643. Il Santuario in onore di Santa Lucia fu realizzato intorno alla fine degli anni Trenta del secolo scorso e fu eretto sopra la grotta scavata sotto il monte. Durante i lavori di scavo del 1938, fu rinvenuta una statua di bronzo databile al III secolo a. C. raffigurante la Dea Demetra, e questo solleva ipotesi sul fatto che la grotta fosse luogo di culto già nel periodo pagano, cui poi si sarebbe sovrapposta la venerazione per San Michele e Santa Lucia.
Giornalista