Chiese vuote e preghiere a distanza per questa Pasqua. E neanche le tradizionali processioni del Venerdì Santo tanto caratteristiche nei capoluoghi di provincia molisani. Quel che ci resta è rievocare queste tradizioni in questo articolo anche se, certamente, alcune emozioni non possono essere descritte e rappresentate per iscritto.
La processione del Cristo morto e della Madonna Addolorata è uno degli avvenimenti più importanti di Campobasso ed è la celebrazione religiosa in cui i campobassani si sentono più partecipi. Si tratta di un lungo e mesto corteo che, nel pomeriggio del Venerdì Santo, si muove dalla chiesa di santa Maria della Croce e si snoda nel centro storico e, successivamente, nella zona moderna della città, soffermandosi davanti a luoghi di sofferenza, come le carceri, per fare poi ritorno nella chiesa da cui era partita. Intanto, la recita del Rosario, canti e cori. In origine, la processione iniziava all’alba del Venerdì Santo mentre oggi l’orario pomeridiano è scelto per rievocare il momento in cui avvenne la Passione di Gesù Cristo. La caratteristica principale è che all’interno ha un coro di circa 700 persone che, in tutto il tragitto, intona più volte lo struggente canto Teco vorrei o Signore, composizione di inizio Novecento del maestro campobassano Michele De Nigris su versi di Pietro Metastasio, in un lungo coro, maestoso ed emozionante che tocca anche gli animi dei non credenti. La processione del Venerdì Santo a Campobasso vede le sue origini, con molta probabilità, dalle sacre rappresentazioni del XIII secolo. La fonte storica più sicura risale al 1626 ed è in un istrumento di concordia tra i Crociati e i Trinitari, documento che accenna al Venerdì Santo. Anticamente veniva chiamata anche Il mortorio di Gesù La funzione della morte di Gesù inizia alle ore 15.00 e la processione vede sacerdoti, religiosi e religiose, politici, popolo e l’arcivescovo. La statua dell’Addolorata viene posta tradizionalmente dietro il Cristo, accompagnata da donne vestite di nero che reggono nastri che partono dalla statua. La processione è mesta, piena di dolore e riflessione, il vero contegno che la celebrazione chiede.
Ma anche Isernia ha una processione del Venerdì Santo molto particolare e suggestiva. Questa si contraddistingue per la presenza degli Incappucciati, penitenti delle varie Confraternite della città, così chiamati per il cappuccio che gli copre il volto e che in questo modo garantisce l’anonimato al rito della penitenza. Le Confraternite sono Santa Maria del Suffragio, Sant’Antonio, San Domenico, San Pietro Celestino. Gli incappucciati indossano lunghe tuniche bianche e sul cappuccio hanno una corona di spine, e l’unico segno di riconoscimento è la mozzetta, una mantellina che va sulla tunica, e che ha un colore diverso per ogni Confraternita. Gli incappucciati trasportano sulle spalle i simboli della Passione del Cristo: i busti dell’Ecce Homo, le croci Calvario e le croci della Via Crucis. Molto sentiti e partecipati sono i preparativi a questo evento, specialmente da parte delle anziane isernine. Queste, dapprima adornano di fiori l’effigie in gesso del Gesù posto supino sul letto di morte, pieno di laceranti ferite, e poi preparano la statua della Mater Dolorosa con vestito di colore nero, ricamato con filo dorato, la testa coronata e il cuore ferito da sette spade che rappresentano i sette peccati capitali. La processione attraversa tutta la città, con addobbi floreali e fiaccole per le strade, oltre che sui balconi preparati per l’occasione dagli isernini. Sono moltissimi i fedeli che seguono questa processione, i cui incappucciati e canti intonati durante la processione, riescono a conferirle un’atmosfera commovente, unica. La processione del Venerdì Santo di Isernia è caratterizzata da un’ampia partecipazione della collettività che, unita ai canti e alle preghiere, rende l’atmosfera intensa e commovente tale da non riscontrarsi in alcun altro rito religioso della città.
Giornalista