Il 5 maggio 1998, dopo un lungo e copioso evento piovoso, vaste colate di detrito e fango scesero dai versanti dell’Appennino campano sommergendo i paesi di Sarno, Quindici, Siano e Bracigliano, tutti in provincia di Salerno. Le colate raggiunsero i paesi molto velocemente e distrussero case, impedendo agli abitanti situati nelle zone più a rischio di mettersi in salvo per tempo. Le vittime di questo grande disastro idrogeologico furono 160. Subito dopo il tragico evento iniziarono le operazioni di soccorso, rese molto complicate dalla presenza di metri e metri di fango e acqua che arrivavano fino ai piani alti delle abitazioni. Numerosi furono i distaccamenti di forze dell’ordine, pompieri e volontari che provennero da tutta Italia per portare soccorso alle popolazioni colpite. Il bilancio delle vittime salì ogni giorno e l’arrivo del bel tempo fece, purtroppo, irrigidire il fango rendendo sempre più difficili i lavori di recupero dei cadaveri. Si ricorda, fra gli altri, Roberto Robustelli, uno studente poco più che ventenne, estratto vivo dopo più di tre giorni dal sottoscala in cui era stato trascinato.
“Una strage nel fango” fu il titolo di un giornale italiano del giorno dopo. L’evento portò i legislatori a scrivere e rendere legge il cosiddetto “Decreto Sarno”, un decreto legge con finalità emergenziali, successivamente convertito in legge dello Stato, che diede una spinta alla realizzazione di quella mappatura del rischio idrogeologico di cui l’Italia aveva bisogno da decenni, fin da prima dell’alluvione di Firenze del 1966. Una delle disposizioni più importanti che ne conseguirono fu che le Autorità di Bacino avrebbero dovuto realizzare i cosiddetti PA, Piani di Assetto Idrogeologico, documenti contenenti anche la mappatura delle aree a rischio alluvione e a rischio frana. Esaurita la fase di prima emergenza, furono aperti alcuni procedimenti penali verso esponenti dell’amministrazione cittadina di Sarno, volti all’accertamento di eventuali responsabilità.
Giornalista