La Chiesa cattolica oggi celebra la memoria di Santa Rita da Cascia, la santa dei casi impossibili, che viene invocata nei periodi molto difficili e che spesso ci è capitato di invocare in questo periodo di emergenza sanitaria. Santa Rita fu donna, sposa, madre, vedova e monaca, per usare le parole di qualche anno fa di Papa Francesco, donna che aveva un grande entusiasmo per la vita e lo emanava negli altri. Nacque col nome di Margherita Lotti a Roccaporena nel 1381, era figlia unica e fin da giovane coltivò il sogno di consacrarsi a Dio. I genitori, però, la destinarono al matrimonio con un uomo che si manifestò essere violento. Eppure, Rita non lo odiò mai, anzi, con pazienza e amore lo aiutò a cambiare. Anni dopo, il marito fu assassinato per vecchi rancori e Rita perdonò gli assassini, senza cercare in alcun modo vendetta, pregando per i figli perché neanche loro covassero odio e vendetta nel cuore. Dopo la morte dei due figli per malattia, Rita decise di seguire il sogno di bambina ed entrò nel monastero dell’Ordine di Sant’Agostino a Cascia. Morì nel 1447 o, forse, nel 1457.
Tradizionalmente la sua figura si collega al dono di una rosa, un particolare simbolico che si spiega con un episodio della sua vita, quando ormai prossima alla morte, era costretta a letto e si nutriva pochissimo. Quando, allo stremo delle sue forze, ricevette la visita di una cugina, le chiese una rosa e due fichi dal suo orto. La visitatrice obiettò, dicendo che era impossibile perché era pieno inverno, c’era la neve, ma Rita insistette e quando la cugina ne trovò davvero una, bellissima e rigogliosa, sotto la neve, la diede a Rita che, allo stesso tempo, la regalò alle sue consorelle. Secondo la tradizione devozionale, la sera del Venerdì Santo 18 aprile 1432 (o 30 marzo 1442 secondo un’altra tradizione), ritiratasi in preghiera, avrebbe ricevuto una spina dalla corona del Crocifisso conficcata in fronte. L’evento è uno dei pochi della vita della monaca esplicitamente ricordato nell’iconografia quattrocentesca. La tradizione iconografica lega Santa Rita anche alle api: pare, infatti, che alla sua nascita apparvero api bianche sulla sua culla e alla sua morte api nere sul letto. Il suo corpo venne collocato dapprima in una cassa semplice, detta “cassa umile”. I primi miracoli vennero registrati dai notai nel Codex miraculorum (Codice dei miracoli) a partire dal 1457 e fino al 1563, e in totale se ne contano quarantasei. In seguito a un incendio, nel 1457, venne realizzata la cosiddetta “cassa solenne”, con decorazioni raffiguranti immagini della Santa e con un breve testo in dialetto casciano quattrocentesco che riassume gli ultimi anni della sua vita. La cassa è ancora oggi conservata nella cella dove morì, nella parte antica del monastero di Cascia. Nel 1743 la salma fu traslata in un’urna in stile barocco, e nel 1947 nell’attuale teca di vetro all’interno della basilica. I credenti suoi devoti la chiamano Santa degli impossibili, perché dal giorno della sua morte sarebbe “scesa” al fianco dei più bisognosi, realizzando per loro miracoli prodigiosi, eventi altrimenti ritenuti irrealizzabili. La devozione di Santa Rita da Cascia è molto diffusa in tutto il mondo.
Giornalista