Una delle città più importanti del Sannio pentro, l’antica capitale sannita dalle origini leggendarie. Una città che si estende ai piedi del Monte Gallinola, che segna il confine tra Campania e Molise, e fa parte dell’Unione dei Comuni della sorgente del Biferno. Un borgo ricco di acque di sorgente e dalla rigogliosa vegetazione boschiva. Castagni, querce, cerri, un grandissimo patrimonio vegetativo che rende, oggi, la città di Bojano una delle più ricercate mete turistiche matesine, per chiunque voglia svolgere attività di trekking, canoismo e rafting lungo il fiume Biferno. Una citta ricca di storia, quella storia che un appassionato sannita non può non conoscere e apprezzare.
Samnitium quos Sabellos Graeci dixere, colonia Bovianum Vetus et
alterum cognomine Undecumanorum, Aufidaenates, Aesernini,
Facifulani, Saepinates, Terventinates…” (NH, III, 17).
Questo passo di Plinio il Vecchio, tratto dalla sua Naturalis Historia, evidenzia l’esistenza di due Bovianum nel Sannio, una Bovianum Vetus e una Bovianum Undecumanorum, ubicate più o meno nello stesso luogo. Quando leggiamo della Bovianum liviana, la immaginiamo come una fortezza importante, molto probabilmente ubicata in altura come gran parte degli insediamenti sannitici durante le guerre contro Roma, la cui distruzione deve essere stata drastica e definitiva. Mommsen credeva che in Pietrabbondante si potesse ravvisare la Bovianum Vetus. Pietrabbondante si trova nell’Alto Molise, a più di 1.000 metri di altitudine e a una trentina di chilometri distante da Bojano. Un territorio testimone della massiccia influenza italica, disseminato di ruderi di antiche vestigia sannite ma anche romane e altomedievali. Un luogo talmente ricco di storia e di sacralità da lasciare a bocca aperta chiunque si rechi a visitarlo, con un’area archeologica distante poche centinaia di metri dall’attuale abitato. Circa le origini della città, sembra che a seguito di una guerra tra gli italici Umbri e Sabini, questi ultimi, risultati vincitori, promulgarono un Ver Sacrum, la Primavera Sacra in onore del dio Mamerte. Nella primavera successiva i frutti della terra e gli animali nativi furono offerti al dio, mentre i fanciulli vennero inviati, una volta cresciuti, a colonizzare nuove terre guidati dal bue, l’animale sacro al dio a cui erano stati consacrati, animale che si fermò ai piedi di un colle chiamato Samnium, da cui il popolo prese il nome. Altre versioni fanno risalire la fondazione di Bojano a quell’evento, facendo fermare l’animale alle fonti del Biferno per dissetarsi. Lì sarebbe stata fondata la città di Bovaianum, il cui nome chiaramente rimanda al bove.
Nel IV secolo a.C. il Sannio era organizzato come una federazione di cinque tribù (Pentri, Caudini, Irpini, Carricini e Frentani). La tribù egemone fu certamente quella dei Pentri, che popolavano la zona compresa tra il Matese e le Mainarde, la cui capitale fu inizialmente Aquilonia, poi Bojano. La battaglia di Bovianum fu combattuta nel 305 a.C. tra l’esercito della Repubblica romana e quello dei Sanniti. La vittoria dei Romani segnò la fine della seconda guerra sannitica, ma le informazioni rimaste sulla battaglia sono scarse e confuse. proprio Tito Livio e Diodoro Siculo ce ne hanno fornite di importanti. Secondo Livio gli eserciti dei consoli Tiberio Minucio Augurino e Lucio Postumio Megello marciarono divisi finché si incontrarono sull’importante roccaforte sannita di Bovianum. L’esercito sannita era guidato dal meddix Stazio Gellio, ossia il comandante capo. I Sanniti vennero sconfitti e Gellio fu fatto prigioniero; Minucio Augurino, morto per le ferite riportate in battaglia, venne sostituito da Marco Fulvio Curvo Petino. L’anno successivo alla vittoria dei Romani, i Sanniti furono costretti a firmare la pace con loro.
Bojano è un luogo dalle tante stradine silenziose e impregnate di storia: chi si reca in questo borgo non può non lasciarsi catturare dalla grande emozione che tanta sacralità e storia rievocano in chi ne respira l’aria. Fra le più antiche testimonianze del suo passato, è la cattedrale risalente all’XI secolo dedicata a San Bartolomeo, patrono della città e della diocesi, nata cinque secoli prima, una delle più antiche della cristianità. Un edificio più volte distrutto, che ha subito molte trasformazioni ove, durante gli ultimi lavori di restauro, sotto l’altare è stata rinvenuta un’antica abside da cui sgorga dell’acqua e alla quale si accede attraverso sette gradini, che simboleggiano i sette vizi capitali. Una peculiarità che fa di questa cattedrale un pezzo unico; è, infatti, l’unica cattedrale ad avere l’altare sopra una sorgente d’acqua. Ha pianta basilicale con transetto sporgente, facciata con portale a tutto sesto, campanile turrito laterale, l’interno è a tre navate in stile neoclassico, conserva molti arredi delle epoche precedenti, come tele, pietre medievali incassate nelle mura, e la cripta originale del XII secolo. Degne di essere visitate anche la Chiesa di Sant’Erasmo e San Martino, risalente al XIII secolo, la Chiesa di Santa Maria del Parco, dello stesso periodo, la Chiesa di San Biagio, la Chiesa di santa Maria dei Rivoli, la Chiesa di San Rocco o del Purgatorio, l’ex Chiesa di San Nicola e il Santuario della Madonna della Libera, la Chiesa di San Michele Arcangelo e la Chiesa di Sant’Emidio Vescovo fuori le mura. Il santuario di Sant’Egidio, invece è posto a 1.000 metri di altezza tra i boschi di faggio e si può raggiungere solo a piedi, seguendo un sentiero di montagna. La chiesetta, probabilmente risalente al IX-X secolo, è posta nei pressi di una sorgente d’acqua purissima.L’edificio consiste in una piccola chiesa annessa a un rifugio di montagna, risalente probabilmente al Medioevo, ma rifatto nei secoli seguenti. Le origini, secondo la leggenda, risalirebbero al IX secolo, quando fu costruito per volere dei Cistercensi o i Templari, i restauri dell’abside del 1995 hanno portato alla luce reperti che riportano all’epoca del IX-X secolo, sempre delle leggende vogliono che Sant’Egidio di Sansepolcro fosse vissuto a Bojano, alimentandosi di latte di cerva, e in quei luoghi venne eretto l’eremo, profondamente restaurato nei primi anni del Novecento, con al costruzione del portico ad arcate presso la facciata. Nella chiesa vi si trova il rifugio originale, da cui si accede al rifugio moderno attaccato alla cappella, che ha l’interno a tettoia lignea, con il nicchione centrale dell’altare, con la statua del santo.
Il borgo medievale è fortificato ed è da visitare assolutamente. È detto Civita di Bojano, e sovrasta l’attuale centro abitato. Si tratta dello storico presidio fortificato a guardia della piana dell’omonimo comune, edificato nell’XI secolo dai Normanni, e rimasto attivo come presidio fortificato degli Svevi, degli Angioini, e dei Pandone, sino al terremoto di Sant’Agata del 1805, che sconvolse la piana di Bojano e del Matese. Il castello esisteva sin dal XII secolo, costruito sopra resti di fortificazioni sannite, e nel 1221 fu teatro di scontri tra i Conti di Molise e Federico II di Svevia, che aveva avviato la politica di smantellamento delle piccole baronie e contee normanne, per accentrarle nell’impero. Dalle rovine del vecchio castello si gode di un panorama suggestivo: i rilievi del Matese, maestosi e sublimi, e la piana dove sorge Bojano, con l’inizio della valle del fiume Biferno e il Tratturo Pescasseroli-Candela. Ai piedi del castello, invece, all’interno di una cinta muraria in buona parte visibile, un complesso di piccole case e strette viuzze, in gran parte disabitato. A testimonianza del suo passato glorioso, ogni anno qui si inscena la rappresentazione del Ver Sacrum: la festa della “Primavera sacra” dei Sanniti. Una rievocazione scenica, itinerante, in costumi d’epoca che riproduce il rito sannitico consistente nella consacrazione di gruppi di giovani che, al seguito di buoi sacri, si distaccavano dalla patria di origine per andare alla ricerca di nuove terre e fondare nuove civiltà. Giovani che si costruivano un cammino e procedevano da soli. Bojano è sicuramente una città da visitare e da vivere. È la città della storia, della natura e dell’acqua, della bellezza, di arte e architettura. È la città della mozzarella e dell’ottimo fior di latte artigianale. Un’antica tradizione di questa zona molisana, produzione di eccellenza che si rinnova da secoli e secoli, generazione e generazioni, eccellenza spesso realizzata a mano, che nasce esclusivamente da latte vaccino e acqua degli acquedotti locali. Una bontà da assaporare nuda e cruda, a meno che non sia accompagnata da un ottimo filo di olio extravergine d’oliva, o come ingrediente di timballi, paste al forno, pizze e altre tipicità che una terra ricca di tradizioni e cultura gastronomica sa offrire a chi le fa visita.
Foto di copertina di Oscar Vignone
Giornalista