Oggi il mondo si tinge di viola. Grandi città e piccoli borghi in Italia e oltre confine illuminano i loro monumenti, vie, facciate di ospedale, punti di interesse del colore dedicato ai bimbi prematuri. Ogni anno, sono circa 15 milioni i bambini che nascono pre-termine e, dato allarmante, ben un milione non sopravvive. Prematuri sono i nati prima della trentasettesima settimana di gestazione con un peso inferiore ai 2,5 chilogrammi. A volte pesando 1,5 kg, altre volte 500 grammi. Un neonato su dieci. Ecco quindi che il 17 novembre di ogni anno ricorre la Giornata Mondiale della Prematurità (World Prematurity day), manifestazione celebrata in più di sessanta Paesi, che dal 2011 ha come unico obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della prematurità e per dare voce alle famiglie dei piccoli pazienti, che talvolta mantengono problemi di salute nel corso della loro vita o, nei casi peggiori, non sopravvivono. Perché proprio il 17 novembre? Sembra che uno dei fondatori di EFCNI, la Fondazione Europea per l’assistenza dei Neonati, dopo aver perso nel 2006 i suoi tre gemelli nati prematuri, sia diventato padre di una bimba sana proprio il 17 novembre 2008.
La prematurità e il basso peso corporeo alla nascita rappresentano due delle principali cause di mortalità infantile: ben il 63% dei bambini che muoiono prima dei cinque anni, infatti, sono neonati. Spesso, le esatte cause delle nascite premature rimangono sconosciute; fattori di rischio possono essere legati allo stile di vita, come il fumo, il consumo di alcol, l’uso di droghe, alto livello di stress ma anche cure prenatali tardive o assenti o a condizioni mediche, come infezioni, alta pressione sanguigna, eccessiva magrezza, obesità, anomalie uterine o della cervice. Ecco perché è importante la realizzazione e la costituzione di stabili, attrezzati e adeguati centri TIN, Terapia Intensiva Neonatale, e di ottime equipe mediche al loro interno. Ma come si svolge la vita delle neo-mamme dei bambini prematuri ospiti delle TIN ospedaliere?
Le mamme dei piccoli ospiti delle TIN arrivano sempre un po’ di corsa, due o tre volte al giorno, se sono fortunate anche qualche volta in più, hanno i minuti contati per poter guardare, ammirare, toccare, coccolare, nutrire i loro piccoli nelle incubatrici. Solo un genitore può entrare, a volte arrivano anche i papà, per godere del frutto del loro amore, ma i papà restano davvero pochi minuti, perché in quei reparti la vera attesa è quella delle mamme. Bussano il campanello, si annunciano, indossano il loro camice verde, si lavano accuratamente le mani e raggiungono i loro figli destreggiandosi fra tiralatte, sondini e sterilizzatori. Fanno compagnia ai loro bambini per meno di un’ora, poi vanno via sapendo che torneranno nel turno di visita successivo; qualcuna aspetta nelle sale d’attesa per lunghissime ore, altre tornano a casa, viaggiando su e giù e accudendo, nel frattempo, anche gli altri figli che aspettano, in attesa di conoscere il nuovo arrivato. Toccano i piccoli corpi dei loro figli come meglio possono e per tutto il tempo a loro concesso, perché il contatto madre-figlio aiuta i bambini nelle incubatrici a scaldarsi del calore umano a loro familiare e a cui troppo presto sono stati strappati, e sembra che favorisca la produzione degli ormoni del latte per le mamme. In alcune TIN, grazie alla marsupioterapia, il contatto mamme-bimbi è quasi totale. La realtà di queste mamme forti e coraggiose diventa quella grande stanza sterilizzata e piena di cullette termiche, sensori acustici, bambini intubati e flebo infilate nelle minuscole manine.
Fanno amicizia tra di loro e sono sempre pronte a dirsi una parola di conforto, a farsi coraggio, a sorridere cercando quella normalità che per loro sembra un sogno lontanissimo. Le mamme delle TIN vengono da lontano, percorrono centinaia di chilometri al giorno per raggiungere l’ospedale, la notte sono a casa pensando ai loro piccoli lasciati lì, mentre li immaginavano già nelle cullette rosa o azzurre accanto ai loro letti. Molte sono al primo figlio, spesso sono giovani e inesperte. Vivono con la sensazione di senso di perdita e impotenza, preoccupazione e senso di colpa. Si sono sentite troppo presto private di un contatto che avrebbe dovuto continuare ancora a lungo, in quel legame che solo una madre e il suo bambino sanno costruire dal primo momento in cui le due lineette del test di gravidanza si colorano.
Giornalista