Pillole dalla zona rossa: il cuore di pietra di San Lupo

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Ci risiamo: un nuovo lockdown per noi sanniti. Bando alle polemiche, non lasciamoci prendere dallo sconforto ma, piuttosto, viaggiamo. Giriamo con la mente, con la fantasia. E se non possiamo farlo fisicamente, almeno proviamo a respirare un po’ di aria intrisa di Sannio, di Valle Telesina e del Titerno tramite lo schermo del nostro pc. Ecco che nascono le Pillole dalla zona rossa: brevi scritti, chicche di poesia, di suoni, di rumori, di borghi rurali, di aria fresca e pura che i nostri meravigliosi paesi sanniti ci regalano. Siete pronti a seguirmi ogni giorno di lockdown alle ore 15?

San Lupo è una terra magica, questo lo sappiamo già. E il suo cuore di pietra è caldo e accogliente, come solo un buon borgo sannita riesce a essere. I Sanniti costruivano le loro cinte murarie con grandi blocchi di pietra e la pietra, non c’è che dire, predomina nei caratteristici borghi del Sannio beneventano. Eppure, San Lupo è un vero e proprio cuore pulsante e vivo incastonato nella pietra. La pietra che la rende viva, bella, orgogliosa. La pietra che diventa elegante e altera. Il suo centro storico è molto caratteristico, fatto di antichi vicoli, viuzze, stradine e piazzette, con archi e pontili realizzati in pietra levigata locale dagli abili scalpellini del posto, detta perlato di San Lupo. E infatti la pietra la troviamo ovunque, passeggiando per il caratteristico borgo: strade, portali, architravi, fontane, il famoso ponte delle Janare, che lega la cittadina di San Lupo alla tradizionale presenza, nel borgo, di Janare e streghe e riti sabbatici, leggenda che vede protagonista una giovane figlia di un demone e una strega, il cui corpo venne risucchiato dal fiume e il cui fantasma è ancora possibile “sentire”.

Personaggio storico di eccellenza del paese fu il cavaliere Achille Jacobelli, che aveva rapporti eccellenti con Ferdinando II delle Due Sicilie, e che ospitò a San Lupo insieme alla moglie Maria Cristina di Savoia. A proposito di pietra, storica è la Fontana Sant’Angelo, sita in un luogo dove sorgeva un monastero benedettino, realizzata nel 1614 in pietra sanlupese, con tre getti d’acqua intervallati da mascheroni e da una figura femminile. Sulla fontana sono inseriti due stemmi araldici e delle scritte in latino che invitano i pellegrini a dissetarsi: “Hospes si nescis haec levat unda sitim”. L’altra interessante e bella fontana è la Fontana Capodacqua, con nove getti d’acqua, che scrosciano impetuosamente da quattro rosoni e altrettanti mascheroni in pietra, con al centro una sirena bicauda. Nell’antica grancia dell’Abbazia di San Lupo, che un tempo sorgeva in località Cortesanta, vi erano delle maestose colonne in granito, probabilmente facenti parte, originariamente, di qualche tempio dedicato a divinità egizie, portate alla luce da scavi risalenti agli inzi degli anni Trenta del secolo scorso.

In copertina: Fontana Capodacqua, foto di Pietro Simonetti