Era il 20 febbraio 1958, sono passati 63 anni da quando vi fu l’approvazione definitiva della legge Merlin che aboliva le case chiuse. Ci vollero esattamente sette mesi per arrivare alla definizione della legge: fu, infatti, il 20 settembre 1958 che vennero chiuse 560 case di tolleranza in cui venivano ospitate circa 2.700 prostitute. La prostituzione volontaria e compiuta da maggiorenni non sfruttati, restò però legale, in quanto considerata parte delle scelte individuali garantite dalla Costituzione, come parte della libertà personale inviolabile (articolo 2 e articolo 13).
Molte ex case chiuse furono convertite in enti di patronato per l’accoglienza e il ricovero delle ex-prostitute. L’avvenimento segnò una svolta nel costume e nella moderna cultura italiana e venne visto da alcuni come una svolta positiva, da altri col timore di alcune conseguenze quali gravi epidemie di malattie veneree e il dilagare delle prostitute per le strade, cosa che in effetti avvenne. L’iter non fu affatto semplice, il testo fu voluto dalla senatrice socialista Lina Merlin, una delle ventuno “madri costituenti”, che contestualmente introduceva i reati di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. La legge non venne approvata subito, ma ci vollero dieci anni per farla passare dopo lunghe discussioni in Parlamento. A votarla, fu parte della Democrazia Cristiana, Partito Comunista, socialisti e repubblicani. Votarono contro invece monarchici, Msi, Pli e socialdemocratici.
Giornalista