Domenica delle Palme: perché ci si scambiano i ramoscelli di ulivo benedetti?

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La Palma è una delle specie vegetali più antiche al mondo, sono molti i resti fossili che risalgono all’era del Cretaceo e del Giurassico e, insieme all’ulivo, costituisce una costante durante il periodo della Settimana Santa, divenendo il simbolo della Pasqua. La sua sacralità risale a prima dell’avvento del Cristianesimo. Nella mitologia greca era una pianta solare, in quanto sacra ad Apollo: si tramanda che Latona, giunta a Delo, partorì il dio della luce appoggiandosi ai tronchi di due palme. Nella mitologica fondazione di Roma, essa è legata al sogno premonitore di Rea Silva che vide due palme di smisurata grandezza ergersi fino al cielo, presagio della nascita di Romolo e Remo. Nell’iconografia mitologica vi sono raffigurazioni di Eros e Antero, suo fratello, mentre si scambiano un ramo di palma, simbolo di amicizia. Anche la dea della vittoria, Nike, è raffigurata con una palma e una corona di alloro, così come la vediamo incisa sulle medaglie olimpiche. Nella cultura greca la palma è accostata alla fenice, in greco phoinix, traduzione del sostantivo fenicio tamar, cioè palma.

Gli antichi sacerdoti adoravano la palma in quanto manifestazione del divino, poiché la sua forma richiama i raggi del sole: non a caso nei misteri della dea Iside, il capo dei neofiti veniva circondato da palme bianche, come i raggi scintillanti del sole. La tradizione egizia è ricca di bassorilievi raffiguranti il dio Thot intento a contare gli anni sulle foglie di palma, in quanto a ogni lunazione essa produce una nuova foglia. Hathor, la dea egiziana del cielo, era considerata la “signora della palma da dattero” e in alcune pitture rurali la dea distribuisce il cibo dell’immortalità dal centro dell’albero celeste. Secondo un detto arabo la palma cresce con la testa al sole e i piedi nell’acqua, rappresentando, nelle vaste distese del deserto, la presenza di acqua e per tale caratteristica, simboleggia la vita, la rinascita. Nella tradizione greco-romana, viene associata alla vittoria: i gladiatori romani venivano premiati con un ramo di palma e di alloro. Per la sua straordinaria capacità di slanciarsi verso il cielo, la palma era considerata un elemento di collegamento tra il terreno e il divino. In magia, la palma viene associata a incantesimi purificatori e divinatori, effettuati tramite il fuoco. In Sicilia, ad esempio, vi era l’usanza di scacciare le streghe tagliando con forbici d’acciaio tre foglie di palma e recitando una formula di scongiuro: “Chista palma siantu tagghiari, e la tagghiu ‘ncampu e ‘nvia, cu voli mali a la casa mia”.

Nel calendario liturgico la Domenica delle Palme celebra l’ingresso di Gesù a Gerusalemme, accolto dalla folla che agitava rami di palme, come leggiamo dal vangelo di Giovanni 12,13-15: “Gesù andava a Gerusalemme incontro e oggi, questa celebrazione, segna l’nizio della Settimana Santa, durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione”. Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme. L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba. Il cammino era accompagnato da ritmate invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto. I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme. Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!”.

Oggi, la liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori della chiesa; i fedeli si radunano e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti e amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.