Il 7 giugno 1984 Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano, dopo un comizio elettorale, tenutosi nella città di Padova, venne colto da un ictus. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava a Padova per ragioni di Stato, si recò in ospedale per constatare le condizioni di salute di Berlinguer. Si impose, poche ore dopo il decesso, per trasportare la salma sull’aereo presidenziale, dicendo: “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta”. Al funerale, il 13 giugno, parteciparono circa un milione e mezzo di persone. Un lungo corteo che sfilò con la bara dalla sede del Pci, in via delle Botteghe Oscure, a Piazza San Giovanni, accompagnato dalla musica dell’Adagio in sol minore. Pianti, lacrime, occhi lucidi, volti afflitti e pugni chiusi: questo era lo spettacolo che era possibile vedere in quel momento. Un unico coro, un grido all’unisono, suonava “Enrico, Enrico”. Il presidente della Repubblica si chinò con la testa sopra la bara, baciandola tra gli applausi dei presenti.
Rese omaggio alla salma anche il nemico per eccellenza di Berlinguer, Giorgio Almirante, il capo del Msi, a cui Enrico non rivolgeva nemmeno la parola, perché, come disse, “Io coi fascisti non parlo“. Eppure Almirante andò lo stesso, senza scorta, mettendosi in fila come gli altri, dichiarando al suo arrivo: “Sono venuto a rendere omaggio ad una persona onesta che credeva nei suoi ideali”. Il 17 giugno, alle elezioni europee, il Pci decise di lasciare Enrico Berlinguer come capolista. Il Partito comunista italiano raggiunse il 33,3% superando la Democrazia Cristiana. Berlinguer, candidato nella circoscrizione centrale, ottenne oltre 710 mila voti di preferenza.. Per evocare la forte ascesa del PCI, si è a lungo parlato di “effetto Berlinguer”, reputando che il successo elettorale fosse da ricondurre alla scomparsa del segretario.
Giornalista