Oggi ci discostiamo leggermente da quella che è considerata area propriamente sannita, e ce ne andiamo in Irpinia, in particolar modo nel territorio di Ariano Irpino, le cui origini risalgono all’insediamento neolitico della Starza, dove un ramo dei Sanniti fondò Aequum Tuticum, sito che con il passare del tempo fu romanizzato, divenendo un importantissimo nodo stradale, fra l’incrocio della Via Traiana est-ovest, che da Benevento giungeva a Brindisi, e la Via Herculea diretta a Potenza, avente direzione nord-sud. Un tracciato che, in parte, seguiva quello del tratturo Pescasseroli – Candela. E proprio qui, nell’attuale località di Sant’Eleuterio di Ariano Irpino sono visitabili i resti di Aequum Tuticum, cui si irradiavano numerose strade che collegavano da nord a sud il Sannio con la Campania, e da est ad ovest il versante tirrenico con quello adriatico. Come già detto, il nome allude a un insediamento sannitico, eppure la fase più antica attestata dagli scavi è riferibile all’età imperiale. Aequum Tuticum era, dunque, una importante città del Sannio, viva e attiva fino all’età di Onorio, in seguito distrutta.
Il primo che storicamente fece cenno della città fu Cicerone, il quale, in una lettera destinata a Pomponio Attico, da quel luogo scrisse “sosta obbligata verso l’Apuliae città di elevata condizione sociale in quanto fornita di ogni comodità”. Nel periodo traianeo, proprio grazie alla sua posizione, la città acquisì una grande rilevanza, e le attività commerciali frequenti, e lo snodo viario, le diedero un notevole impulso, La ripresa dei traffici, viari e commerciali, dette la possibilità di far conoscere la città a tutto il territorio imperiale. Lo storico Plutarco ne fece probabilmente menzione col nome greco Touxion, parlandone come una metropoli sannita, rendendole una immagine preminente sul tutto il resto delle città sannite. Fu lui a dare della città una notizia che, molto probabilmente, era sfuggita a chi fino ad allora lo aveva preceduto: Aequum Tuticum fu espugnata durante le Guerre Sannitiche da Fabio Farbiciano, il quale ne asportò una statua di Afrodite Nicefora, molto venerata dagli abitanti, e la inviò a Roma in segno di celebrazione della vittoria. Una statua considerata altamente importante per il notevole prestigio aritstico e storico; per questo motivo si deduce che la zona da cui proveniva avesse una notevole importanza nell’intero Impero. Il Mommsen ha sempre sostenuto che la zona raccontata da Plutarco non sia da identifiarsi con Aequum Tuticum.
Anche nel periodo di Adriano la città fu soggetta a una grandiosa espansione edilizia. Fu in quel periodo che Claudio Tolomeo ne parlò come Touticon. Un secolo dopo, Pomponio Porfirione descrisse un oppidum senza acqua e senza risorse, in cui Orazio fece sosta. Si pensava a Aequum Tuticum per cui si immaginava che da grande città essa fosse decaduta a livello di borgo inospitale e selvaggio, ma numerosi studi hanno escluso che si trattasse della stessa zona. Le ultime notizie vengono date da Servio che la descrisse come città fondata da Diomede che, sbarcato sulle coste del Gargano dopo la distruzione di Troia, avrebbe fondato in seguito Maleventum e Troia, in Puglia. La città somparve del tutto, probabilmente a seguito delle invasioni barbariche, senza lasciare alcuna traccia. In età tardo-antica altomedievale un insediamento riporta il nome di S. Eleuterio, da identificare con il martire romano molto venerato a Roma nell’VIII sec. d.C.. L’insediamento di epoca medievale appare suddiviso in isolati raccolti intorno a un cortile dotato di un pozzo. Anche il suo nome storico fu dimenticato per circa un millennio e furono gli Umanisti a riesumarlo, proprio per la loro voglia di ridare senso e vita alle cose del passato. Fu il geografo D’Anville, nel 1744 che, grazie alla Tavola Peutingeriana e ad alcune localizzazioni militari dei tempi romani, riuscì a identifiare l’area dell’abitato antico nei pressi di Castelfranco in Miscano. La conferma arrivò una cinquantina di anni più tardi, quando furono ritrovate tracce archeologiche nella zona di Sant’Eleuterio, sulla zona che da Castelfranco porta a Camporeale. Poche epigrafi e qualche colonna militare fecero capire che questa zona fosse stata abitata in epoca romana. L’abitato si trovava a circa 22 miglia da Benevento,
Un edificio termale è ciò che c’è di più rappresentativo nell’area archeologica, databile al I sec. d.C., il cui ambiente centrale, il frigidarium, era decorato con un pavimento a mosaico con tessere bianche e nere. Un edificio termale di notevole entità, allestito col classico decoro termale romano. Esisteva un tempio dedicato a Venere, da cui fu sottratta la statua inviata a Roma quale simbolo di vittoria, che molto probabilmente sorgeva tra la strada rotabile e le case coloniche. Molto probabilmente esisteva anche un luogo di culto per la dela Cibele, particolarmente diffuso nella regione, come testimonia una epigrafe dedicata alla suonatrice di timpani. Nessuna traccia dei quartieri residenziali. Alla seconda metà del II sec d.C. si riferiscono una serie di ambienti disposti a schiera interpretabili probabilmente come horrea (magazzini) o tabernae (botteghe). Un grande ambiente rettangolare verosimilmente si riferisce a una villa, costruita sopra antichi ruderi, con un pregevole pavimento musivo policromo, dal complesso motivo ornamentale. Una collezione di reperti provenienti da Aequum Tuticum è custodita nel Museo Archeologico di Ariano Irpino mentre diverse iscrizioni ed elementi architettonici sono raccolti in un lapidario all’interno della Villa comunale.
Foto di copertina: dettagli di Aequum Tuticum sulla Tavola Peutingeriana, foto tratta da Wikipedia
Giornalista