Un fenomeno che ha interessato il 2020 e anche questo anno in corso. La pandemia ha segnato il turismo, i rapporti interpersonali e ha, in qualche modo, rallentato l’economia. Con l’allentamento delle restrizioni c’è stato un boom di richieste nel settore del turismo lento e sostenibile. Slow & green tourism, dato che questo fenomeno ha interessato anche molti stranieri che, scegliendo l’Italia, hanno prediletto il turismo ecofriendly. Ma anche gli italiani hanno scelto e prediletto quello di prossimità. Il Molise, questa meravigliosa distesa boschiva ricca di fascino, storia, leggende, tradizioni e piccoli borghi ha vinto su tutti. Sold out per gli agriturismi, per le gite in campagna e per le visite nei piccoli borghi rurali; grande richiesta per il turismo dell’acqua molisana e per la possibilità di scegliere un trend sempre più sostenibile. Del resto il Molise è puntellato qua e là, tra catene montuose e distese ricche di verde vegetazione, proprio da tipici borghi rurali: l’agricoltura la fa da padrona e ne caratterizza la vita, l’economia. Ecco dunque cultivar specializzati, vigneti, uliveti, alberi da frutta e colture che vanno a braccetto con le più tipiche tecniche di allevamento. Qui troviamo, infatti, passaggi di quelle vie erbose, gli antichi tratturi, che denotano l’animo rurale, agricolo, pastorale di questa regione. Un esempio di turismo sostenibile prezioso per il Sannio che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe diventare una risorsa strategica per il rilancio economico e occupazionale dopo la crisi causata dall’emergenza sanitaria.
In una piccola regione come questa, sono tante le riserve verdi e naturali. Boschi, giardini botanici, piccoli paradisi sotto al cielo. Potrei nominare l’Oasi del WWF di Guardiaregia – Campochiaro, la seconda più grande d’Italia, con i suoi 3135 ettari che proteggono dalla speculazione edilizia e dalla caccia. Un vero e proprio scrigno di biodiversità che dal 2010 è diventata Riserva Regionale. Ecco che tra canyon, cascate e grotte, che sono tra le più profonde d’Europa, troviamo una grande distesa di faggi, tipici della zona, tra i quali ve ne è addirittura uno di 500 anni, con una circonferenza del tronco che per poco non arriva ai cinque metri. Qui ci si può letteralmente perdere nella natura, a tu per tu con il fruscìo delle foglie, con l’aria salubre e incontaminata, con i passi felpati di animali in lontananza, con le emozioni di prati in fiore e di cascatelle d’acqua che saltano e schizzano. La Riserva Naturale di Collemeluccio – Montedimezzo, situata nel cuore dell’Appennino molisano, nell’Alto Molise, nei territori dei comuni di Vastogirardi e Pescolanciano, è una vasta area composta da circa 300 ettari, una delle otto Riserve della Biosfera italiane. È caratterizzato da una grande presenza di alberi di cerro sotto i 900 metri e alberi di faggio sopra i 1.300 metri. Non solo: nel corso degli anni, infatti, la natura vegetativa si è arricchita con altre specie autoctone quali l’acero di Lobelius, l’acero montano, campestre e riccio, il carpino bianco, il frassino maggiore, il nocciolo, il sorbo degli uccellatori, il ciliegio, il pero e il melo selvatici, il prugnolo e diverse altre specie. Questa varietà vegetativa dà dimora a diverse specie di mammiferi: cinghiali, lepri, tassi, caprioli, martore, donnole, faine, volpi e scoiattoli, e il lupo che ha trovato in questo ecosistema un ambiente a lui congeniale. L’Oasi di Casacalenda è una riserva della LIPU, un querceto collinare che anticamente ha ospitato l’accampamento di Annibale nella vicina Gerione. Fu inserita nel 1995 dal ministero dell’Ambiente nell’Elenco nazionale delle aree naturali protette, ed è stata recentemente riconosciuta quale Zona Speciale di Conservazione per la Rete europea Natura 2000. Qui troviamo un bosco di cerro con agrifogli e biancospini, in cui non è difficile avvistare rapaci, ma anche lupi e gatti selvatici. Non dimentichiamo certamente che il Molise e parte del suo territorio è compreso nel Parco Nazi0nale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Ma ancora, potremmo perderci nella Riserva naturale del Torrente Callora, o nella Riserva naturale Orientata di Pesche. In pratica, l’8% del territorio è coperto da riserve naturali. Non dimentichiamo, altresì, i numerosi siti che appartengono alla Rete Natura 2000, sistema coordinato e coerente di aree destinate alla conservazione della diversità biologica presente nel territorio dell’Unione Europea. Essa ha lo scopo di garantire a tutti gli habitat e alle specie animali e vegetali, uno stato di conservazione favorevole, tramite una sufficiente rappresentazione di tutte le tipologie ambientali e un’elevata interconnessione ecologica fra i vari siti.
Una riserva davvero caratteristica la troviamo a Venafro, il Parco regionale agricolo storico dell’oliva venafrana, detto anche Oraziano o Campaglione, un’area protetta istituita nel 2004 che nasconde un’alta e svariata biodiversità naturalistica, data da uliveti e specie molto interessanti, in un habitat degno di invidia ed encomiabile all’occhio di un naturalista. Questa elevata biodiversità colturale, indice di eccellente valore naturalistico, trovava giustificazione nella maggior versatilità dell’uliveto agli agenti atmosferici, per cui si poteva avere un prodotto sempre costante in quantità, a seconda delle annate e della fruttificazione delle varie specie di ulivo. I terreni che ne affiorano sono prevalentemente di origine sedimentaria, con una vegetazione che varia dalle caducifoglie alle faggete. L’istituzione del Parco lo ha inserito nel Registro Nazionale dei Paesaggi rurali storici e intende promuovere e conservare l’olivicoltura tradizionale che a Venafro ebbe grandi fasti e antichi splendori, tanto che i Romani ritenevano l’olio della zona il più pregiato del mondo antico. Una grande occasione di riscatto per un territorio che negli ultimi anni non è sempre stato ben valorizzato, spesso lasciato all’incuria. L’agricoltura e gli uliveti di Venafro sono descritti fin dall’antichità da Marco Porcio Catone, che nel De Agricoltura suggerisce di applicare le tecniche agricole usate a Venafro, a Orazio, che descrive una Venafro ammantata di olivi. Tutto il territorio regionale ospita circa 3 milioni di ulivi. Le varietà autoctone più presenti sono l’Aurina, conosciuta dai Romani col nome di Licinia, la Rossuola, da cui si produce un olio dolce e di colore piuttosto chiaro, l’Olivastro Dritto, l’Olivastro d’Aprile. La cultivar in assoluto più diffusa è la Gentile di Larino, ma molto ripica è anche l’Oliva San Pardo. Un altro importante cultivar è quello delle mele. La produzione di questi frutti dolci e genuini mette una forte sottolineatura alla concezione di alimento biologico. Essi sono i frutti più autentici di un territorio dalle elevate qualità della vita, raccolti nelle zone boschive. Le mele vengono commercializzate e valorizzate ottenendo prodotti derivati dalle indiscutibili qualità. Il punto di forza dell’economia di alcuni borghi, come ad esempio Castel del Giudice, è proprio l’agricoltura biologica, la sostenibilità della produzione, il rispetto del territorio e di ogni sua componente. Un prodotto che riesce a valorizzare le qualità della zona intera dell’Alto Molise, rispettando l’ambiente, il paesaggio puro, valorizzandolo e riuscendo a conservarne integri aspetto e bellezza. Un’attività che riesce a coinvolgere adulte e giovani generazioni, con un incremento della filiera produttiva e con la valorizzazione di essa, ponendo alto sostegno al reddito agricolo. Un prodotto biologico che rispetta pienamente il patrimonio ambientale, colturale e culturale, legato a un territorio con alte valenze culturali, paesaggistiche e ambientali.
Mare, montagna e turismo dell’acqua non sono da dimenticare. Anzi, sono certamente i punti cardine del turismo molisano. Il basso Molise ci offre un bellissimo affaccio sulla costiera adriatica, con qualche trabocco qua e là e con un mare sempre più volte premiato per le qualità delle sue acque. Chi ama la montagna può certamente apprezzare la catena delle Mainarde e quella del Matese, separate dal corso del fiume Volturno, che lambisce borghi molto caratteristici, tra storia, abbazie e sogni. Qua e là qualche piccola oasi boschiva, il bellissimo lago di Castel San Vincenzo, paradisi naturali alla portata di tutti. A poca distanza in linea d’aria dalle principali stazioni sciistiche molisane troviamo, inoltre, diversi circhi glaciali matesini, con un’attività sicuramente precedente all’ultima glaciazione: uno di questi sfocia nella Valle Fondacone che è caratterizzato da un fascino unico, con la forra a strapiombo sul nevaio, e i suoi due Campanarielli, due guglie collegate fra loro da uno strettissimo valico: il Campanariello di Monte e il Campanariello di Valle, quest’ultimo più aereo e sottile. Si tratta di due formazioni naturali, che richiamano la forma di campane rocciose, dal carattere più alpino che appenninico. E proprio nel territorio dei Campanarielli, a Roccamandolfi, possiamo avere il primo assaggio di turismo dell’acqua, caratterizzato da un tesoro non indifferente in quanto a cascate. Angoli naturalistici spesso celati ai più; corsi d’acqua che scendono a picco, che si gettano in ruscelli, che danno vita a meravigliosi spettacoli agli occhi di chi li guarda, che creano percorsi onirici e invitanti. E allora Santa Maria del Molise, Sant’Agapito e Longano, Carpinone, Capracotta, Agnone, San Vincenzo al Volturno… sono solo alcuni dei borghi che custodiscono tesori così preziosi. Per non parlare del percorso dei castelli molisani, o quello dei tratturi, che meritano certamente un capitolo a parte. Non potevo certamente dire tutto in poche battute e mi perdonerete. Il Molise va visitato e ogni angolo ci dimostra quanto la scelta di turismo verde che ricade sempre più spesso qui sia del tutto fondata.
In copertina, foto della Riserva naturale di Montedimezzo, tratta da viaggiart.com
Giornalista