Accadde oggi: 13 settembre 1321, la morte del Sommo Dante Alighieri

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Dante Alighieri, il Sommo poeta, morì prematuramente a Ravenna tra il 13 e il 14 settembre 1321, molto probabilmente a causa delle febbri malariche che contrasse passando attraverso le paludi di Comacchio, se non a Venezia, città nella quale si era recato da poco, per delle ambascerie volute da Guido Novello. E fu proprio il Novello che, come raccontato dal Boccaccio, onorò Dante con delle solenni esequie. Attestazioni di compianto si registrarono tra molti poeti volgari dell’epoca. Sonetti in morte di Dante furono infatti composti dal fiorentino Pieraccio Tedaldi, da Bosone da Gubbio in corrispondenza per altro con Manuello Romano, dal veneziano Giovanni Quirini, cui si dovrà aggiungere la canzone Su per la costa, Amor, de l’alto monte, in cui Cino da Pistoia esprime il proprio rammarico per la scomparsa dell’antico e famoso amico. La sua salma venne sepolta in un’arca presso il tempio ravennate di San Pier Maggiore e da allora non ha mai lasciato la città. I fiorentini non tardarono a chiedere la restituzione delle spoglie di Dante, nel corso di tanti anni ma sempre senza successo. Ci erano vicini nel 1519, quando papa Leone X, figlio di Lorenzo il Magnifico, acconsentì alla traslazione del corpo da Ravenna, ormai sotto il governo pontificio, a Firenze, ove sarebbe stato eretto un monumento funerario all’altezza del grande poeta, e il grande Michelangelo si era già proposto per la realizzazione dell’opera.

Eppure, quando fu aperto il sepolcro, risultò vuoto. Le ossa del poeta erano state trafugate? Nel 1865, durante l’abbattimento di un muro prossimo alla cappella di Braccioforte, fu trovata una cassetta di legno, il cui coperchio recava la scritta “Dantis ossa a me Fra Antonio Santi hic posita anno 1677 die 18 octobris”, e sul fondo “Dantis ossa a me denuper revisa die 3 junii 1677”. Al suo interno si trovavano ossa “ben conservate, consistenti, non rose da tarli di colore rosso scuro, e quasi in numero da completare uno scheletro” (Primo Uccellini, autore della Relazione storica sulla avventurosa scoperta delle ossa di Dante Alighieri, 1865). Sul lato dell’urna, in corrispondenza con il muro del convento francescano, era stato praticato un foro, sufficientemente ampio “che benissimo si erano potute estrarre le ossa racchiuse, compreso il cranio” (Sulla scoperta delle ossa di Dante, 1870). Si scoprì che i frati francescani avevano praticato un foro nel muro del chiostro, bucato la tomba e prelevato le ossa, nascondendole poi nella scatola di legno. I resti erano stati ricollocati nel sepolcro nel 1781, e poi nuovamente sottratti nel 1810, quando il convento fu soppresso per l’editto napoleonico: fu allora che i frati nascosero la cassetta nel muro.