Oggi facciamo una passeggiata virtuale nel Regnum Langobardorum, il Regno Longobardo che formò una entità statale tra il 568 e il 774. Le due grandi aree costituenti il regno erano la Langobardia Maior al centro-nord, ripartita in orientale e occidentale, e la Langobardia Minor, nel centro-sud. La venuta dei Longobardi in Italia pose fine alla riconquista bizantina condotta per mano di Giustiniano e riuscì a creare un frattura nell’unità politica italiana, divisa dunque tra i Longobardi e i Bizantini. Con questo avvenimento fu ovviamente necessaria una più precisa riorganizzazione amministrativa del territorio. Nelle regioni in cui si era assunto il controllo militare e politico si ricorse all’istituto ducale. Infatti, a differenza dell’Italia settentrionale, che fu assoggettata mediante il graduale insediamento della popolazione longobarda nei territori occupati, la conquista dell’Italia meridionale fu una vera e propria operazione militare. I duchi non svolgevano soltanto ruolo di comandanti militari dell’esercito longobardo, ma cominciarono a esercitare il loro potere su ambiti territoriali più o meno definiti. I ducati potevano essere molto dissimili tra loro, per estensione geografica e per importanza politica, ma continuavano sempre a mantenere una fitta trama di rapporti gli uni con gli altri. All’interno dei ducati si trovavano le curtes, ossia i beni fiscali donati dai duchi alla corona al tempo di Autari, amministrate dai gastaldi, ufficiali dipendenti direttamente dal re.
Il Ducato di Benevento, che in seguito divenne anche Principato, costituì l’estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia e diede vita alla cosiddetta Langobardia Minor, insieme al Ducato di Spoleto. Sono diverse le ipotesi dell’origine del Ducato: secondo Pietro Giannone risale al 571, alcuni ipotizzano il 576 e Leone Ostiense il 585. Quello che è certo è che il primo duca fu Zotone, o Zottone, un guerriero a capo di una banda di selvaggi che girava lungo la Campania. Sembra che Zotone fosse un uomo crudele, amante del lusso e della smisurata crescita, tanto da divenire molto potente. Il Ducato fu diviso, man mano, in 34 contee, ciascuna di esse affidata al proprio conte. Le contee erano: Acerenza, Albi, Alife, Aquino, Boiano, Cajazzo, Calvi, Capua, Celano, Chieti, Consa, Carinola, Fondi, Isernia, Larino, Lesina, Marsi, Mignano, Molise, Morone, Penne, Pietrabbondante, Pontecorvo, Presenzano, Sangro, Sant’Agata, Sesto, Sora, Telese, Termoli, Tiano, Trajetto, Valve e Venafro. La città di Benevento fu abbastanza indipendente fin dal principio della fondazione del ducato, e questo si mantenne anche dopo la caduta del regno, malgrado la divisione dei suoi territori subita nell’851.
Per tradizione, l’età longobarda viene presentata come un momento di profonda ruralizzazione della società, a seguito delle distruzioni operate contro le città. Tali fenomeni fecero scappare molti cittadini, che andarono via via riversandosi nelle campagne. A ogni modo, i longobardi occuparono, nella maggioranza dei casi, centri già abitati dai romani, o comunque esistenti prima del loro arrivo. Alla base della società longobarda era la famiglia. Più famiglie messe assieme costituivano una fara, quello che Tacito chiama gens, e più farae costituivano invece un Gau, ossia un ducato, e, infine, più Gau costituivano un popolo. Quando i longobardi conquistarono Benevento, si insediarono nella zona oggi definita Trescene, parola di origine germanica, dalla tipica conformazione altomedievale. I longobardi si posizionarono nella parte più alta della città, sia per questioni di difesa militare sia perché, per loro abitudine, si tenevano separati dalla popolazione autoctona, edificando, pertanto, su zone vergini. E a Benevento, il popolo longobardo rinsaldò la cinta muraria cittadina, facendola diventare la più imponente del Sud Italia, e edificò diversi edifici con il fenomeno di spoliazione e riutilizzo di elementi architettonici romani, come ad esempio le antiche tombe.
Il centro politico e culturale della città dei longobardi era il Sacrum Palatium, la Reggia dei Duchi, la sede della Corte Longobarda, che si trovava in quella che oggi si chiama ancora piazza Piano di Corte. Qui, originariamente, c’era il tessuto originario dell’insediamento longobardo, dove fu edificato il palazzo per la corte con gli alloggi e gli uffici annessi per scopi militari e civili. Non resta nulla del palazzo, se non la corte interna proprio nel perimetro della piazza. In ogni caso, è probabile che il palazzo si trovasse al di sotto dell’attuale Palazzo Zamparelli, che domina la parte più alta della piazza. Attorno alla corte furono erette diverse abitazioni nobiliari, con giardino interno, riservate agli Arimanni, che erano i nobili armati di sangue longobardo, tutte con giardino interno, alcuni dei quali sono ancora oggi annessi a ville private. Piazza Santa Sofia è sede del complesso monumentale omonimo inserito dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità insieme ad altri edifici di culto e di potere dei longobardi (Italia Langorbardorum), facenti parte del sito seriale I Longobardi in Italia. L’edificio più significativo è la chiesa, completata tra il 760 e il 762, i cui lavori furono ultimati da Arechi II, che decise di dedicare l’edificio di culto alla Santa Sapienza, alla Conoscenza e al Sapere, piuttosto che a un santo. Arechi, inoltre, volle istituire un monastero per donne, annesso alla chiesa, nominandone badessa sua sorella. Annessa alla chiesa vi è il chiostro, completato nel XII secolo, che ha la particolarità di avere colonne e capitelli tutti diversi, con temi ed elementi davvero molto suggestivi. Verso la fine del XVI secolo, il monastero, che nel frattempo era diventato maschile, venne abbandonato dai monaci benedettini e in seguito i violenti terremoti del 1688 e del 1702, fecero crollarne il campanile che fu poi fatto ricostruire più avanti rispetto alla chiesa. Oggi il vecchio monastero è sede del Museo del Sannio. Piazza Arechi II è attualmente sede dell’Università degli Studi del Sannio e del Conservatorio ed è meglio nota come Piazza Vari, piena di vita, colori e di giovani studenti. Sulla piazza si affaccia il grande Palazzo De Simone, costruito dopo il terremoto del 1702, insieme a tanti altri edifici che andarono a sostituire le macerie dei palazzi medievali crollati. Il palazzo, progetto dell’architetto napoletano Raguzzini, ospitò negli anni a venire la sede dei fratelli delle Scuole Cristiane, poi il collegio La Salle, e anche istituzioni scolastiche di ispirazione cristiana. Il luogo sul quale si erge la Rocca dei Rettori all’epoca dei Sanniti veniva utilizzato come postazione difensiva, grazie a un terrapieno da loro realizzato e terrazzamenti di contenimento verso lo strapiombo che affaccia sul Sabato. I Romani vi costruirono un impianto termale, dimenticando i fattori militari. Tale impianto era noto come Castello delle Acque e incanalava nelle Terme il flusso del fiume Sepino mediante un acquedotto di cui è rimasta ancora traccia nei giardini posteriori della Rocca. Con la conquista longobarda la funzione difensiva dell’altura fu ristabilita, con il rinsaldamento delle fortificazioni, il rialzo e l’inspessimento delle mura.
Giornalista