San Nicola è certamente uno dei più amati e venerati santi in Italia e nel mondo, e anche l’intero territorio sannita ne coltiva un profondo culto. Non a caso, sono tante le chiese, statue lignee, tradizioni legate al Santo che sono presenti nei piccoli borghi e nelle più grandi città del Molise o della provincia di Benevento. La sua morte avvenne il 6 dicembre di un anno non ben identificato del IV secolo e furono tantissimi i miracoli che gli vennero attribuiti, diventando addirittura patrono dei bambini. La motivazione risiede in due leggende che si diffusero in Europa intorno al 1200. La prima racconta del giovane Vescovo Nicola che salvò tre ragazze dalla prostituzione facendo recapitare, da benefattore e in gran segreto, tre sacchi d’oro al padre, che così riuscì a liberarsi dei debiti e fornì una dote alle figlie. Nella seconda leggenda, Nicola entrò nella locanda di un uomo che uccise tre ragazzi, li fece a pezzi e li mise sotto sale, servendone la carne agli ignari clienti. Nicola scoprì il delitto e resuscitò le vittime. Per questi motivi, divenne il patrono dei bambini e incaricato di sorvegliarli affinché facessero i buoni e dicessero le preghiere. Sembra anche che salvò tre fanciulli dalla fame, donando loro delle mele. Regalò loro tre pomi che il mattino dopo si trasformarono in preziosi frutti d’oro. Non è un caso se alcune rappresentazioni vedono proprio san Nicola tenere in mani i tre frutti. Fu questo il motivo per cui in epoca medievale si diffuse l’usanza di commemorare questo episodio con lo scambio di doni nel giorno del 6 dicembre. Un’usanza che ancora oggi persiste in Olanda, in Germania, in Austria e certamente anche in Italia. A Lecco, che ha come patrono San Nicolò, i piccoli si svegliano con una mela rossa sul cuscino, a Trieste e in Val Gardena San Nicola porta i regali ai bambini buoni. E non è un caso che un’antica tradizione associ la figura del Santo a quella di Santa Claus, Babbo Natale.
Difficile poter nominare, in poche battute, tutte le chiese dedicate al santo nel Sannio, ma mi sembra doveroso ricordare le realtà più caratteristiche. In provincia di Benevento, a Castelpoto, si conserva una grande e policroma scultura lignea, costruita con legno di pero, dedicata al santo dei bambini, datata 1687, che fu benedetta dal cardinale Orsini, futuro papa Benedetto XIII, all’epoca arcivescovo di Benevento. Si tratta di un simulacro molto pesante, e per questo motivo non viene mai portato in processione se non per qualche ricorrenza speciale, restaurato nel 1992, quando dopo un lavoro certosino ne riemersero i colori originali che ancora oggi è possibile ammirare. A Castelpoto la devozione per San Nicola è attestata intorno alla fine del X secolo. così come nella maggior parte del territorio sannita, ancor prima della traslazione delle sue reliquie a Bari. È questo il motivo per cui la chiesa madre del paese del beneventano. distrutta dal terremoto del 5 giugno 1688, una delle più antiche del Sannio, porta il nome di San Nicola di Myra, anziché San Nicola di Bari. Papa Innocenzo XII e in seguito Papa Clemente XI diedero l’indulgenza plenaria ai fedeli che visitano la chiesa di Castelpoto nel giorno di San Nicola. Nel 1837, il comune di Castelpoto fu liberato dal colera per intercessione di San Nicola e Papa Gregorio XVI ne rinnovò l’indulgenza nel 1839. Nel 2017, come dono da parte della basilica di Bari, a Castelpoto è arrivata la reliquia di una piccola porzione della manna di San Nicola come riconoscenza per l’antico culto verso il santo patrono. Al termine della messa solenne, si benedicono i bambini e vengono distribuite le pagnotte in onore del Santo. Anche a Campoli del Monte Taburno fu lo stesso Cardinale Orsini a fondare un’autonoma chiesa parrocchiale intitolata a San Nicola di Bari, ancora oggi visitabile nel centro storico del paese suggestivo e ben conservato.
Anche Montesarchio è legata alla figura di San Nicola. Nel Catalogus Baronum, fonte preziosa dell’epoca normanna, sono riportati i nomi dei feudatari di molti centri del Sud Italia. Anche Monte Sarculo viene citata, suddivisa in due piccoli feudi: uno concesso a un uomo del posto, noto come Roberto da Montesarchio, l’altro, invece, a Leo de Baro, ossia Leone di Bari. Il nome di questo personaggio è presente nell’intera Valle Caudina a partire dal 1139, anno in cui raggiunse un accordo con Maione, preposito dell’abbazia di San Modesto di Benevento, per il possesso di una terra situata in Valle Caudina e appartenente al monastero beneventano. È grazie a Leo se il culto di San Nicola si diffuse a Montesarchio, tanto che è qui presente un’abbazia dedicata proprio al Santo di Myra. Essa si trova nel centro storico e fu edificata fra il XII e il XIII secolo, ma nei secoli più volte ha subito rimaneggiamenti e ristrutturazioni. Ha una facciata in stile romanico, sovrastata da una nicchia che un tempo era affrescata. Su una delle più importanti strade di Cusano Mutri sorge la chiesa di San Nicola, che all’epoca della sua fondazione, il 700 d.C., era extra moenia, sita davanti alla Porta di mezzo. Divenne parrocchia dopo l’anno 1100, con l’annessione della chiesetta di Sant’Antonino e del dismesso monastero di Santa Maria del Castagneto. Era precisamente il 1757 quando ebbe corpo la volontà di innalzare il Santo a “Patrono della Terra di Cusano”. Fu chiesa rettoriale dell’Università di Cusano. Presenta tre navate, una torre campanaria e, all’interno, un’acquasantiera di pietra del Seicento, una statua della Vergine del Rosario del 1689 e una bella fontana in pietra bella sacrestia.
In Molise, in alcuni paesi, a maggio viene celebrato il culto di San Nicola. La data principale è fissata al 9 del mese mariano, patrono di ben quindici centri molisani. Il culto nel Molise è molto sentito, indubbiamente grazie alla vicinanza con la Puglia. Si tratta di una religiosità molto simile a quella che si manifesta con la figura di San Michele, anch’esso culto garganico. Qui, come nel vicino Abruzzo, la festa di San Nicola è considerata come la festa del ritorno. A San Giuliano del Sannio la celebrazione si svolge in tre giornate, 8, 9 e 10 maggio, con una processione caratterizzata dalla presenza dei Fucilieri che, con archibugi ad avancarica, sparano a salve in segno di giubilo. Già dal 1800 si ha traccia dei primi fucilieri già dall’inizio del 1800. Unico è il modo di venerare il santo patrono grazie proprio alla presenza dei Fucilieri. La chiesa di San Nicola del paese è caratterizzata dal fatto che presenta ben due campanili, un unicum nella regione molisana. La chiesa vede le sue origini nel XII secolo ma a causa del violento terremoto del 1456 fu distrutta, e nuovamente danneggiata da quello del 1805. A Guardiaregia il 5 e il 6 dicembre si celebra la Sagra dei fagioli in onore del patrono. Viene cucinata una zuppa di fagioli, in occasione del Cenacolo di San Nicola, in pentoloni che vengono messi a cuocere nelle prime ore del pomeriggio, nelle case più antiche e rustiche. La zuppa di fagioli nei tempi antichi era considerata pane dei poveri, e nell’occasione viene offerta come cena ai presenti in un locale chiamato cenacolo, adibito a mensa, dove chiunque può sedersi e assaporare le genuina pietanza. Anche qui si procede alla benedizione delle panelle, pagnottelle di pane da distribuire al popolo, subito dopo la processione. C’è da ricordare anche che a Guardiaregia si svolge un’asta per portare il simulacro in religioso corteo fino alla località Tre Monti, dov’è una cappella. A Provvidenti si celebra il Santo con il tradizionale piatto di pane e fave. Nei tempi più antichi per strada era frequente incontrare venditori ambulanti che preparavano il classico “cozzetto” proprio in occasione della celebrazione dicembrina dell’amato Santo. Già durante la notte del 5 dicembre, le poche famiglie del paese si riunisco intorno a un calderone che sprigiona un inconfondibile odore. Esso viene posizionato su un treppiede riscaldato da una leggera fiamma, grazie alla quale è possibile sentir bollire le fave immerse in olio d’oliva, possibilmente extravergine, dall’accattivante profumo di aromi freschi e intensi. Si aspetta insieme fino al mattino del 6 dicembre, quando, dopo la benedizione del pane, si accorre tutti dinanzi lu cavdar per rifocillarsi. Il pane poi viene distribuito nelle case, come fosse un dono del Santo al suo popolo. Gusti e tradizioni di un tempo che richiama la semplice vita che fu.
Giornalista