San Barbato e San Bonifacio: curiosità intorno all’albero di Natale

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San Barbato

L’albero è uno dei simboli più ricchi di significati nella storia e nella mitologia di tutti i popoli. L’abete, già nell’ antico Egitto, era chiamato “l’albero della nascita”; i sacerdoti e le sacerdotesse druidi usavano decorare i loro alberi sempreverdi, abeti rossi e bianchi, per le celebrazioni del giorno più corto dell’anno (solstizio d’inverno, 21 dicembre).  Il ritorno del sole e della vita, nel Nord Europa, dove il giorno, nel pieno dell’inverno, è di gran lunga più corto della notte, ha generato numerose leggende come il mito dello Yggdrasil, “albero cosmico”, dalle cui foglie scende l’idromele (liquido di vita) e ai cui piedi si radunano gli dei per decidere le sorti degli uomini. Una storia, lega l’albero di Natale a San Bonifacio, il santo nato in Inghilterra intorno al 680, il cui culto trova molte similitudini con la figura del santo beneventano Barbato: entrambi evangelizzarono le popolazioni pagane: Bonifacio i Germani, Barbato i Longobardi. Bonifacio affrontò i pagani riuniti presso la Sacra Quercia del Tuono di Geismar, per adorare il dio Thor, Barbato distrusse il Noce presso Benevento dove si riunivano le streghe per adorare il diavolo. Dalla quercia, abbattuta da Bonifacio, spuntò un giovane abete che i suoi seguaci decorarono con le candele in modo che il santo potesse predicare ai pagani di notte.

Nel IV secolo fu deciso di celebrare la nascita di Cristo il 25 dicembre. Il 24 dicembre era il giorno di Adamo ed Eva: in questo giorno veniva portato in giro per la città un albero che rappresentava l’albero del Giardino dell’Eden e intorno a esso venivano declamati passi della Bibbia, mentre sui sagrati e nelle cattedrali si erigeva un “albero del Paradiso” con tanto di mele appese a far da scenario alle sacre rappresentazioni natalizie. Gli “alberi del Paradiso” venivano decorati con mele (allusione al peccato originale) e ostie (brandelli del corpo di Cristo sacrificato per scontare il peccato originale), col tempo le ostie furono poi sostituite da candele, noci, castagne, dolci e biscotti.

In seguito alla Riforma luterana entrò l’uso di fare i regali ai bambini, nel giorno di San Nicolò, da trovare sotto l’albero. Presso i romani si regalava il miele, affinché “l’anno fosse dolce come il dono”. Sotto l’albero si mettevano anche “i sermoni” (antenati della letterina di Natale) che i ragazzi dovevano recitare in casa o in chiesa. Nelle religioni pagane era anche in uso “il vischio” per celebrare l’arrivo dell’inverno, i Druidi mettevano rami di vischio sulla porta di ingresso per tenere lontani gli spiriti del male. La Chiesa in origine ne vietò l’uso durante il Natale a causa delle sue origini pagane e lo sostituì con l’agrifoglio, per simboleggiare la corona di spine di Cristo. Il Cristianesimo ha costruito una simbologia propria, assorbendo le tradizioni e i simboli delle  religioni pagane pre-esistenti. Come quelle legate al culto di Saturno, dio dell’agricoltura. Saturno era celebrato insieme alla nascita del nuovo sole, durante il solstizio invernale, con una festa chiamata Saturnalia (che cadeva nell’attuale periodo di Natale) in cui si propiziavano periodi prosperi in cui non fosse necessario lavorare la terra.