Cominciano come una “saga” le storie che riguardano i giovani italiani, migrati verso l’Australia, e le loro vicende professionali. Dopo il “pizzaiolo cusanese” Giovanni, ora è la volta di Emiliano, il più piccolo ma, a prima vista, anche il più concreto nel parlare della sua attività in uno dei posti più belli di Sydney: Manly, il buon ritiro degli abitanti della city che nel fine settimana, prendono il traghetto, attraversano la baia e si riversano in questa Miami australe per godere di spiagge immense dove il forte vento dell’oceano inonda la cittadina di salutare iodio marino. Emiliano parla della sua attività e comprendi che ama il suo lavoro, capisci come, in fondo, la felicità possa essere anche nelle piccole cose: in una pizza che rappresenta un sogno, una realizzazione una speranza. L’Italia è dietro l’angolo, nella pizzeria di Emiliano, nei prodotti, nei nomi ed è bello come, parafrasando a prestito un testo di De André “dove finiscono le mani di questi ragazzi cominci una pizza”.
Intanto Giovanni è sempre più proiettato nel suo sogno on the road, e così mette a punto il suo camion-casa-camper trovando un uso per ogni spazio, anche il più impensato, per farci stare ogni minima cosa che possa ritornare utile per il suo prossimo viaggio dimostrando un’inventiva eccezionale. In questo emisfero, dove è sempre estate, può capitare di trovarti a tavola sopra Manly con i tre fratelli; c’è anche Pietro, e altri ragazzi italiani che hanno inseguito un sogno fuori dall’Italia, lontano dai “maligni e i superbi” e in questa terra libera e meritocratica lo stanno realizzando:
Andrea, un ligure che sembra un autentico australiano per quanto è alto e quanto è biondo, venuto senza sapere una parola di inglese e ora lavora da giardiniere professionista, ha una bellissima ragazza che sposerà a breve, parla di un terreno comprato sulla costa dove costruiranno la loro casa e ti dice che in Italia questo non avrebbe mai potuto realizzarlo; Gianni che, dopo una malattia, ha resettato la sua vita, si è laureato in Economia all’Università di Sydney. Dopo la laurea italiana, con il massimo dei voti, sempre primo nel suo corso, ora è stato assunto in una grande azienda dove al colloquio, dopo aver visto il suo brillante curriculum, il manager gli ha chiesto solo di parlare della sua passione: Valentino Rossi. Marco è diplomato all’alberghiero, in una terra dove i camerieri sono ragazzi e studenti che arrotondano per le spese, e dove uno che ha studiato trova una prateria aperta per lavorare anche nei migliori ristoranti che poi sono e restano sempre quelli italiani. Seconda o terza ondata degli italiani ai quali, mentre giocavano a carte nel parco, ho chiesto: “Parlate italiano?” e uno dei più anziani mi ha risposto: “Italiano sì, inglese no!”