Dal piede di porco a vasenecole: influssi latini e greci nella lingua italiana e dialettale

Condividi articolo

Nell’età più antica, il mezzo di scambio più usato era il bestiame (pecus, da cui deriva pecunia, designa il denaro in genere). Più tardi il bestiame fu sostituito con delle barrette di bronzo o di rame (aes rude= rame non lavorato). Piccoli lingotti da cui si passò alla Moneta, soprannome che i Romani avevano dato alla dea Giunone. Il verbo Moneo-es sta a significare “ammonire” e quale migliore ammonizione è quella di ricordare a qualcuno un pagamento in moneta!? Tuttavia, pecus significa anche pecora, che nella sua forma plurale diventa ovis, da cui ovino o ovile. Da pecus deriva anche pecorone (uomo sciocco e servile).

Il doppio nome, pur con lo stesso significato di alcuni sostantivi, è abbastanza comune in latino. La diversificazione, a vantaggio di un significato o dell’altro, avvenne con il volgare, durante il medioevo. Ad esempio, maiale e suino: il primo deriva dalla dea Maia a cui venivano sacrificati i maiali e il secondo è il termine della specie. Oltre al maiale e al suino c’è anche il porco, da porcus (scavare, fare buche) che sta a significare la tendenza del maiale a scavare nella terra con il grifo (muso). Da scavare, sembra derivi scrofa (femmina del maiale); la capacità del maiale a fare buche ha dato, per similitudine, il nome al “piede di porco”, attrezzo per scardinare.

Quando accade che uno di noi tenti di scagionarsi prima di essere richiesto, finendo così ad autodenunciarsi di una colpa palese, prendiamo in prestito il detto latino “Excusatio non petita, accusatio manifesta” (scusa non richiesta, accusa manifesta). Per dire alla fine, negli ultimi istanti, si preferisce usare il latino in extremis. Può accadere, infatti, che si perda un Mondiale di calcio in extremis. Un’espressione cara al Principe De Curtis in arte Totò era Qui pro quo dove si allude alla facilità di scambiare una lettera per un’altra e vale per equivoco, malinteso. Le cose dette o fatte in confidenza sono Inter nos. Se poi le si dicono o fanno in modo confidenziale diventano in camera charitatis.

“Errare humanum, perseverare autem diabolicum” (sbagliare è umano, perseverare è diabolico). Di questi tempi poi Mala tempora currunt a Casus belli. A Napoli per indicare una cosa fatta o detta in segreto si usa dire “e stramano” che viene dal latino extra moenia (al di là delle mura) e sta a significare le cose fatte e pensate al di là delle mura cittadine, soprattutto quelle “poco chiare”.

Curiosità linguistiche. Nel dialetto, per l’enorme influenza della lingua spagnola nella parlata del sud Italia, la b si cambia in v (per effetto di spirantizzazione, ndr): Barba = vàrva; Barca = vàrcha; Broccoli = vruocchele; Brecciame = vreccélle; Bevuta = vèvuta; Bocca = vocca; Bue = vöve. Una menzione a parte per Basilico= vasenecole che deriva dal greco=basilikòn, con l’andare del tempo divenuto vaso-nicola, frutto di una rifonetizzazione popolare che non ha niente a che fare con un presunto Nicola proprietario del vaso.

La doppia ‘cc’ diventa doppia ‘zz: Abbraccio = abbràzze; Braccio = vràzze; Laccio = làzze; Faccio = fazze. La ‘g’ spesso diventa ‘j’, o spesso cade se è seguita da due vocali: Gatto = jatta; Gallina = jallina; Guanto = uande; Guastare = uasta; Guerra = uèrra; Gallinaio = jallinare