La Storia siamo noi: memorie belliche della Telese degli anni Quaranta

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La firma dell’armistizio di Cassibile, annunciato l’8 settembre 1943

Nel pomeriggio del 9 settembre 1943 i tedeschi, saputo anzitempo (la notizia fu resa pubblica cinque giorni dopo) dell’avvenuto armistizio dell’8 settembre firmato a Cassibile dal vecchio Badoglio, mentre il Re scappava a Brindisi con la moglie (preoccupata, come racconta Montanelli nella sua Storia d’Italia, che arrivassero intatte una dozzina di uova che s’era portata dietro), il quale sanciva  il passaggio di alleanze dalla Germania agli Anglo-Americani, e che nella confusione generale fu annunciato come la fine della guerra provocando lo sbando più totale fra i soldati e l’opinione pubblica, alcuni addetti alla vigilanza di un deposito di carburanti nei pressi delle terme iniziarono l’occupazione. Il comando tedesco ordinò la consegna delle armi, fissò l’ora del coprifuoco e dispose il rastrellamento di tutti gli uomini validi. I tedeschi, che avvertivano il cambio di alleanze come un tradimento vile di cui solo gli italiani (che del resto non avevano mai apprezzato) potevano essere capaci, cominciarono a razziare tutto ciò che trovavano in paese come nelle campagne.

Bestiame e derrate alimentari furono sottratti a diverse masserie della Piana di Telese; al quadrivio, dove la statale 87 incrocia viale Minieri, furono fatte esplodere quattro mine che provocarono crolli e danneggiamenti di edifici nel tentativo di ostruire l’arteria principale che attraversava il paese. Il mulino industriale Capasso venne incendiato e danni subirono anche il municipio e il cimitero. Circa quaranta uomini di un nucleo di antiparacadutisti del 152° battaglione d’istanza nella cittadina furono disarmati, stessa sorte subirono i carabinieri della reale caserma e i militari in servizio alla stazione ferroviaria.

I tedeschi rastrellarono 124 persone in vari punti del paese, alla stazione mio zio di soli 15 anni, che fu portato insieme ad altri al punto di raccolta dei Bagni Vecchi, scoprì che anche suo padre (mio nonno) era stato preso. Messi su dei camion, un gruppo fu dapprima portato a Faicchio e poi diretto ad Alife ma, mentre erano in viaggio, degli aerei americani bombardarono la colonna e nella confusione del momento alcuni riuscirono a mettersi in salvo scappando nelle campagne. Si racconta che tale fu la paura degli scampati che questi non fecero subito ritorno a casa ma vagarono per giorni sui monti di Faicchio e alcuni si nascosero su Montacero, nei pressi di San Salvatore Telesino.

Un secondo gruppo, quello dove si erano ricongiunti mio nonno e mio zio, fu instradato per Cassino. Anche questa colonna, nei pressi di Mignano Montelungo, fu bombardata da aerei alleati e si ripropose la stessa scena di fuga generale da parte dei poveri deportati che si diedero alla fuga nel tentativo di mettersi in salvo. Nella fuga mio nonno si perse il figlio, poi ripreso dai tedeschi insieme ad altre persone tra cui un altro telesino, il quale fu l’ultimo a vedere ancora vivo mio zio e che anni dopo mi raccontò che Michele (questo era il suo nome) non era morto a Cassino, come noi familiari avevamo sempre creduto, ma l’ultima volta lo aveva visto era a Venafro, dove erano stati separati e fino a non saperne più niente.

Telese fu liberata il 27 ottobre ma un ultimo atto scellerato macchiò la festa: due tedeschi, in abiti di soldati americani, in contrada Piana, con un colpo di arma da fuoco, uccisero il figlio undicenne del colono Antonio Fusco, nel tentativo di razziare quanto più potessero portar via. Michele non ha mai fatto ritorno a casa, di lui non si è saputo mai niente né dove fosse, né quando fosse morto. Mia madre raccontava che mia nonna, per sapere quale sorte avesse subito il figlio, si affidò a una medium che, durante una seduta spiritica, chiese all’anima che aleggiava (a suo dire) nella stanza, se fosse morto: l’anima non rispose ma a quella domanda si chiusero all’unisono, sbattendo, tutte le imposte della casa.