Quanta cultura trasuda Isernia? Tanta, tantissima. Soprattutto se si pensa a quanto antica sia la storia di cui siamo a conoscenza, a cominciare dal Paleolitico per continuare con l’importanza che Aesernia ebbe in epoca sannitica, proseguendo ancora… Si avvicina la festività dei Santi Pietro e Paolo e Isernia è pronta a festeggiare Pietro Apostolo, a cui è dedicata la splendida chiesa cattedrale e una delle tradizioni più sentite di tutto il Molise. Ma andiamo con ordine.
Spesso il monumento più rappresentativo della città è rappresentato dalla Fontana Fraterna o delle sette cannelle. Nulla da eccepire, ma perché non dedicare una menzione più che particolare alla sua cattedrale dedicata a San Pietro Apostolo, chiesa madre della Diocesi di Isernia – Venafro? Si tratta di una chiesa molto particolare, datata al Medioevo che sorge su un antico tempio pagano dedicato a Giove del III secolo a.C. nel centro storico. Dove ora sorge, in piazza Andrea di Isernia, un tempo si incrociavano cardo e decumano: era qui presente l’area pubblica, con il foro, il teatro e il tempio. Le basi del tempio pagano e il grandioso podio furono poi utilizzati dai cristiani che vi costruirono appunto una cattedrale. Il tempio latino non aveva l’ingresso verso la piazza del Mercato. Alle sue celle si accedeva originariamente da una grande scalinata sistemata nella parte opposta all’attuale ingresso, all’altezza di un vicolo dedicato a Giobbe che altro non è che la trasformazione dell’originario termine latino di Jovis. Il vico di Giobbe, quindi, è l’antica via di Giove, attraverso cui si arrivava al grande tempio dedicato alla triade capitolina: Giove, Giunone e Minerva. Per la costruzione dell’edificio attuale alcuni materiali dell’antico tempio sono stati riciclati e ciò ha chiaramente reso più difficoltosa la ricostruzione delle fattezze dell’antico stabile. Scendendo al di sotto del pavimento della chiesa troviamo questi resti italici, visibili grazie a un pavimento in vetro. Il podio è unico perché ha una forma strana, “a doppio cuscino”, per le sue sporgenze che ricordano un cuscino di certo non comodo ma che è una rarità. Il tempio fu poi dedicato al Divo Giulio Cesare, rivestito di marmo.
Gli interni della chiesa, a tre navate, sono davvero portentosi: arte barocca e neoclassica si fondono in una preziosissima opera architettonica. Tante le opere d’arte ospitate nelle più rappresentative cappelle interne, tra cui un altare barocco in marmi policromi, tavole bizantine e statue. L’organo a canne è uno dei gioielli più importanti presenti nella sacra struttura. Esso fu costruito negli anni Novanta del XX secolo dalla ditta padovana Fratelli Ruffatti, specializzata proprio in costruzione di organi. SI tratta di uno strumento a trasmissione elettrica. La chiesa fu particolarmente interessata dal terremoto del 1349, a cui seguì una lenta ricostruzione; nel XV secolo riprese la sua funzione sacra e durante il secolo successivo venne completata la costruzione della torre campanaria, addossata alla fiancata sinistra e conosciuta come Arco di San Pietro proprio per la presenza di un arco ogivale. In stile gotico, essa è caratterizzata da un orologio nella parte finale e nei quattro angoli interni dell’arco sono disposte quattro statue originarie dell’antico foro romano. Nel XVIII secolo vi fu la svolta decorativa, con i numerosi abbellimenti dati dai pregiati marmi voluti dal Vescovo Michelangelo La Peruta insieme a un importante pavimento in maiolica. Nel 1805 un altro terremoto danneggiò la struttura, a cui seguirono altri rifacimenti. Per costruire l’edificio fu riciclato del materiale proveniente dal tempio sottostante: la prima costruzione di epoca medievale era in stile greco-bizantino.
A San Pietro è dedicata anche una viva tradizione che si tramanda da secoli e che rende Isernia, negli ultimi giorni di giugno in cui si celebrano i SS Pietro e Paolo, profumata delle varie fragranze che le cipolle, dolci, aspre, tonde o ramate, sanno spigionare. Parlo dell’antica fiera della cipolla, molto probabilmente risalente a prima del Quattrocento quando Isernia era sede di prolifici scambi commerciali che avvenivano tra abitanti del territorio circostante. La tradizione ha origine da una leggenda che ci racconta che San Pietro aveva una madre davvero perfida e che in vita sua aveva fatto una sola opera di beneficenza: donare una cipolla a un’anziana signora affamata. Sembra che la donna stesse lavando le sue cipolle in un ruscello e una le scivolò di mano, arrivando alle mani di una poveretta che chiese il permesso di mangiarla. La madre di Pietro acconsentì. Una volta morta meritò di andare all’inferno. Chiese clemenza in virtù di quell’unico atto benefico e la ottenne proprio per intercessione del figlio con Gesù Cristo: le fu lanciata una treccia di cipolle per uscire dall’inferno e salire in paradiso, ma in quella occasione la signora dimostrò ancora una volta la sua cattiveria. Molti dannati, infatti, cercarono di arrampicarsi alla treccia proprio per provare a uscire dall’inferno. In quel momento la perfida signora li spinse indietro, scalciando e la treccia di cipolle si spezzò. Tutti ricaddero nelle loro bolge e anche la signora, per questo motivo, fu ricacciata nell’inferno. Oggi la fiera, legata ai festeggiamenti dei Santi Pietro e Paolo, è la più attesa dai cittadini di Isernia. Quando nacque, l’intento fu quello di favorire il commercio della cipolla isernina coltivata dai produttori locali, quella bianca, anche se oggi la fiera ospita tutte le svariate tipologie di cipolle. Le origini risalgono alla morte di Federico II di Svevia, avvenuta il 13 dicembre 1250, anche se gli incontri mercantili in città sono assai più antecedenti. In ogni caso, un’antica pergamena datata 19 ottobre 1254 la nomina per la prima volta.
Giornalista