Accadde oggi: 18 luglio 64 d.C., Nerone e il grande incendio di Roma

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Un evento che si caratterizza per il tanto mito e per le leggende che si sono costruite attorno a esso. Il grande incendio di Roma: un grande rogo, il fuoco che iniziò a bruciare nell’area mercantile di Roma e ben presto cominciò ad andare fuori controllo. Si racconta, addirittura, che l’Imperatore Nerone, nel frattempo, fosse intento a suonare la lira e a cantare, mentre osservava l’incendio da una distanza di sicurezza, ma questo accadimento, molto probabilmente, fa parte della voglia di screditare l’imperatore, dato che gli storici accertarono in seguito che Nerone, quel giorno, non si trovasse a Roma. Le solite voci vorrebbero che proprio Nerone avrebbe scatenato l’incendio per poter poi acquisire sotto costo i terreni per la sua nuova reggia, la lussuosissima Domus Aurea, che in effetti costruì poco dopo, anche perché gran parte delle sue stesse residenze era andata in fumo. ma l’imperatore cercò di rimediare al calo di popolarità, dando la colpa dell’accaduto ai Cristiani, la nuova setta che stava facendo proseliti.

L’incendio scoppiò la notte del 18 luglio 64 d.C. (ante diem XV Kalendas Augustas, anno DCCCXVII a.U.c.) nella zona del Circo Massimo e, secondo le fonti, infuriò per nove giorni complessivamente, propagandosi in quasi tutta la città. Quattordici erano i quartieri che costituivano la città di Roma e che andarono distrutti totalmente, mentre in altre sette si registrarono danni relativamente più limitati. I morti furono migliaia e circa 200 mila quelli che ne uscirono senzatetto. Numerosi edifici pubblici e monumenti andarono distrutti, insieme a circa 4.000 insulae e 132 domus. In particolare sono stati rinvenuti, in alcuni casi, frammenti di arredi metallici parzialmente fusi, a riprova della violenza delle fiamme e delle elevatissime temperature raggiunte.

La ricostruzione avvenne a partire dalla Domus aurea, la nuova residenza imperiale. Nel resto della città si edificarono ampie vie diritte e isolati con vasti cortili interni e portici davanti alle facciate, che Nerone avrebbe promesso di pagare a sue spese. Tacito cita inoltre una serie di regole stabilite da Nerone: che gli edifici non potessero avere muri in comune e che alcune parti fossero costruite in pietra gabina o albana, considerate refrattarie al fuoco. I proprietari avrebbero dovuto avere sempre il necessario a portata di mano per spegnere gli incendi. L’imperatore si sarebbe occupato di far sgombrare le macerie, facendole portare nelle paludi di Ostia.