La passata di pomodori fatta in casa, vera tradizione del Sannio rurale

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La vocazione rurale del Sannio la ritroviamo nelle vedute aeree dei suoi paesaggi, nei colori delle sue campagne, quelli che seguono i cicli delle stagioni e che fanno della regione sannita una perla per produzione agricola. Ed è proprio qui che si tramandano, da generazioni, tradizioni che sono dure a morire e che, per fortuna, anche i più giovani intendono coltivare e portare avanti. Sì, perché si tratta di quegli antichi riti in cui, se proviamo a chiudere gli occhi, riusciamo a ricordare le voci delle nostre nonne che chiacchieravano nei cortili, nei garage, sugli usci delle case, quando il vociare allegro dei bambini riusciva a coprire il suono dei loro aneddoti, risate e segreti. È tempo di raccolta di pomodori e il Sannio si fa protagonista delle conserve fatte in casa: barattoli, bottiglie, tegami, e la classica fragranza del frutto rosso della terra estiva, danno vita a un rito che riunisce famiglie: madri che raggiungono le nonne, nonni e mariti che non disdegnano di dare una mano e bambini che si improvvisano piccoli, perfetti aiutanti. Il ribollire, nei grossi tegami, del sugo, dove qua e là qualcuno inzuppa un pezzo di pane, riesce a diventare il piacevole rituale quotidiano che va a contrastare la calura estiva. Gli orticelli, gli appezzamenti di terreno più grande si riempiono di pomodori e pomodorini, singoli e a grappoletti, protagonisti delle fresche cene estive, in cui il pane e pomodoro, la fresella, ma anche lo spaghetto col pomodorino appena scottato sono simbolo di un pasto semplice, nutriente, e genuino, a pieno sostegno della valente dieta mediterranea.

Un’antica ricetta beneventana, tratta dal blog Benevento, c’era una volta, ricorda che, laddove fosse presente, la sera veniva messo a riscaldare il forno a legna in cui venivano inseriti i tegami. Una volta chiuso il forno, i tegami restavano per tutta la notte dentro, in modo da raggiungere una ideale temperatura il giorno dopo, quando era necessario adoperarli. L’indomani, in un tegame con una sorta di setaccio, i pomodori venivano lavorati a mano, e avveniva la separazione dei semi e della scorza dalla polpa. Il sugo concentrato si spandeva su tavole di legno, veniva salato e, in seguito, si metteva al sole per diversi giorni, fino a che non si seccava. Quando la conserva era pronta, tutto veniva raccolto in un unico recipiente, che a Benevento chiamavano cotturo, che dapprima veniva unto con olio rigorosamente d’oliva. Della conserva bastavano circa cinque cucchiai per poter preparare un pranzo per la famiglia intera. Si preparava un soffritto e dell’acqua serviva ad allungare il sugo.

Quello della passata di pomodori fatta in casa è un rito antico che si ripete, anno dopo anno, in tutte le famiglie del Sud, e del nostro Sannio. Si tratta di una delle poche tradizioni che resistono nel tempo e alle nuove tecnologie. Ogni famiglia ha la propria ricetta, tramandata di generazione in generazione, che spesso viene emulata anche dai vicini di casa quando bussano alla porta accanto per dare una mano. La passata, per chi ne ha la possibilità non si compra al supermercato, ma si produce in gran quantità, anche quintali, in modo che per tutto l’inverno possa bastare. La giornata comincia alle prime luci dell’alba, per non andare incontro alle ore più calde, e ogni membro della famiglia ha il suo ruolo da eseguire. E, proprio come ai tempi delle nostre nonne, eccole lì, le bacinelle di plastica, blu o bianca, i tappi, la macchinetta a manovella. E “il basilico va aggiunto fresco oppure cotto?”. Ecco, questo è sempre stato un piccolo motivo di discordia anche tra componenti della stessa famiglia. Una fatica ripagata, già nei giorni successivi, da quell’odore caratteristico di buon sugo fatto con le proprie mani, odore della propria terra, delle proprie tradizioni, delle proprie radici. E ricordate quando esplodevano le bottiglie? Accadeva quando queste non venivano sistemate perfettamente, oppure quando venivano riempite fino all’orlo, magari da bambini più inesperti e frettolosi, con la grande voglia di tornare a giocare. Quella, le nostre nonne, la consideravano una vera e propria disgrazia, segno di cattivo presagio che da quel momento sarebbe dovuto capitare. Una preparazione semplice e impegnativa, per i tempi lunghi di cottura, lenti ma anche rilassanti.