I romani avevano una miriade di divinità minori che affiancavano la religione ufficiale e spesso ad essi erano dedicati i Sacelli, piccole aree con al centro edicole, fontane, statue e tavoli per le offerte. Tempietti posti nei boschi o lungo le strade come santuari improvvisati per divinità a cui chiedere protezione per sé stessi e dalle avversità della natura.
Momenti vari della vita come i raccolti, la caccia, la procreazione, l’alternarsi delle stagioni facevano parte dei riti e sottoposti alla protezione delle divinità. Il Cristianesimo con il termine “sacello” passò a indicare una chiesa di piccole dimensioni, o una edicola votiva, dove si conservano particolari reliquie o oggetti di culto.
Nel Medioevo, tempo di carestie e pestilenze, vi fu una larga diffusione delle edicole votive costruite come ex voto. Spesso le edicole venivano poste lungo le strade dei pellegrini, dei pastori e dei viandanti in genere come luogo di ritrovo e di sosta, Non a caso, nei pressi si potevano trovare delle fonti o alberi fronzuti sotto i quali riposarsi all’ombra.
La chiesa detta della Madonna della Libera sulle colline di Cerreto Sannita è stata edificata nel luogo dove sorgeva un tempietto dedicato alla dea Flora, la dea della fioritura. Tutto fa pensare che in origine il tempio dovesse essere un sacello poi tempio ed infine chiesa, in quanto i sacelli dedicati alla dea Flora erano molto diffusi e il momento della fioritura, collocandosi come un momento cruciale nella vita delle comunità agricole, costituiva un elemento di particolare devozione. La dea Flora spesso era assimilata alla dea Fortuna, perché entrambe rappresentavano la fecondità e la loro festa era celebrata in primavera. A destra della chiesa della Madonna della Libera sgorga una fontana edificata con pezzi ricavati dalla costruzione del tempio: la cannella è posta in una base di colonna e la vasca è ricavata da un lacus, pietra incavata che nei templi che aveva la funzione di abluzione in seguito confluita nelle cristiane fonti battesimali.
Per i vicoli della città vecchia di Napoli, nei quartieri popolari, si possono ammirare ancora numerose edicole votive, spesso di piccole dimensioni che rappresentano svariate forme di devozione: dalle anime del purgatorio a San Gennaro o più in generale al culto della Madonna, segni di una religiosità che si perde nel tempo che affonda in tradizioni risalenti alla città greca quando al posto dei santi vi erano collocate divinità pagane alle quali, però, erano chieste le stesse cose di oggi: la protezione. Ai tempi di Carlo III di Borbone i vicoli della città erano divenuti luoghi di tale perdizione e malaffare che il re per scoraggiare la delinquenza fece costruire numerose edicole votive lungo le stradine buie dei quartieri con il duplice intento di illuminare le viuzze per mezzo dei ceri votivi accesi dai fedeli e per scoraggiare i violenti che in presenza di un luogo sacro non avrebbero commesso atti criminali.
Oggi, sicuramente il più famoso sacello di Napoli è un finto tempietto con due colonne ai lati e un transetto spiovente, che ricorda il “santo” moderno più celebrato in città, Diego Armando Maradona, dove si conserva addirittura una reliquia, un capello del famoso calciatore. Per adesso nessun segno di sacralità ma: si accettano miracoli!