Il 9 gennaio 1878 morì a Roma Vittorio Emanuele II di Savoia, al secolo Vittorio Emanuele Maria Alberto Eugenio Ferdinando Tommaso di Savoia, nato a Torino il 14 marzo 1820. Fu l’ultimo re di Sardegna e il primo re d’Italia, dal 1861 al 1878. Fu il protagonista, assieme a Cavour e a Garibaldi, dell’unificazione nazionale. È grazie a loro che fu portato a compimento il Risorgimento e il processo di unificazione italiana, tanto che Vittorio Emanuele si guadagnò l’appellativo di Padre della Patria. Con l’entrata di Vittorio Emanuele a Napoli, la proclamazione del Regno d’Italia divenne imminente, appena Francesco II avesse capitolato con la fortezza di Gaeta. Rinnovato il parlamento, con Cavour primo ministro, la sua prima seduta, comprendente deputati di tutte le regioni annesse (tramite plebiscito), avvenne il 18 febbraio 1861. Il 17 marzo il parlamento proclamò la nascita del Regno d’Italia.
Figlio di Carlo Alberto e Maria Teresa d’Asburgo Lorena, sposò Maria Adelaide, figlia di Ranieri d’Asburgo. La sua grande passione fu la caccia ed era follemente innamorato della vita militare. Era un uomo che preferiva la semplicità ai fasti della quotidianità sovrana, non amava la mondanità di corte e circondarsi della nobiltà. Preferiva la vita semplice e la compagnia del popolo alla vita mondana della corte e dei nobili. Pur essendo di idee conservatrici, non abolì lo Statuto albertino e ne rispettò le istituzioni, tanto che venne definito da Massimo d’Azeglio “re galantuomo”. Nonostante fosse molto religioso, nel 1850 accettò le leggi Siccardi, che abolivano i privilegi della Chiesa.
Ecco una leggenda legata alla sua nascita, tratta da Wikipedia: “Essendo fisicamente ben diverso dal padre circolò la voce di una sostituzione del vero primogenito, che sarebbe morto, ancora in fasce, in un incendio nella residenza del nonno a Firenze, con un bimbo d’origine popolana il cui padre si diceva fosse un tal macellaio toscano Tanaca, che aveva denunciato in quegli stessi giorni la scomparsa di un figlio e che in seguito sarebbe divenuto improvvisamente ricco, o con un macellaio di Porta Romana, tale Mazzucca. Tale ricostruzione, negata categoricamente nei secoli scorsi, ha sempre suscitato fortissimi dubbi negli storici circa la sua fondatezza tanto da essere confinata nell’ambito del pettegolezzo è stata ripresa da alcuni storici moderni, che contestano il verbale dell’incendio redatto del caporale Galluzzo ritenendo poco credibile che le fiamme abbiano avvolto la nutrice, presente nella stanza, ma lasciato illeso l’infante. Questa ‘leggenda’ sull’origine popolana del ‘Re Galantuomo’ verrebbe smentita da due elementi: il primo è la giovane età dei genitori, ancora in grado di procreare, e quindi di generare un secondo erede al trono, come avvenne appena due anni dopo con la nascita di Ferdinando, futuro duca di Genova, risultando così inutile il ricorso a un simile stratagemma, estremamente rischioso per l’immagine della dinastia; il secondo elemento è dato da una lettera che Maria Teresa inviò a suo padre il Granduca nella quale, parlando del piccolo Vittorio e della sua vivacità, diceva: ‘Io non so veramente di dove sia uscito codesto ragazzo. Non assomiglia a nessuno di noi, e si direbbe venuto per farci disperare tutti quanti’: se il bambino non fosse stato suo figlio, si sarebbe ben guardata dallo scrivere una frase simile”.
Giornalista