Esattamente quattro anni fa, il 14 gennaio 2019, Cesare Battisti, dopo essere stato arrestato dall’Interpol a Santa cruz de la Sierra, veniva estradato in Italia, per essere poi rinchiuso nel carcere di Oristano. L’ex terrorista del Pac, Proletari armati per il comunismo, era ricercato da tanti anni. Dopo una condanna all’ergastolo per gravissime accuse, tra cui quella di omicidio, si era rifugiato in Brasile, dove i presidenti Ignacio Lula e Dilma Rousseff gli avevano accordato asilo politico. Prima di ammettere la sua colpevolezza per tutti i reati per cui era stato condannato, Battisti per decenni e decenni sostenne di non aver mai ucciso nessuno e di non aver “mai voluto uccidere nessuno” dando origine a un ampio movimento di sostegno da parte di famosi intellettuali e persone di varie classi sociali che gli credettero.
Battisti, vicino agli ideali comunisti in gioventù, dopo essersi iscritto al gruppo giovanile del PCI, nel 1971 abbandonò il liceo classico cominciando a rendersi responsabile di furti e rapine. Un vero e proprio viavai dal e verso il carcere, finché in carcere conobbe Arrigo Cavallino che era l’ideologo dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC). Fu arrestato nel 1979 per possesso di armi da fuoco e banda armata, e due anni più tardi, grazie ad alcuni complici, riuscì a evadere dal carcere di Frosinone, dando inizio alla sua latitanza prima a Parigi, poi in Messico, ove arrivarono le condanne in contumacia ai due ergastoli. Tornato di nuovo in Francia cominciò una carriera come scrittore di romanzi noir e di saggi politici. Mitterand rifiutò l’estradizione ma Chirac ne diede il via libera, anche se battisti era già fuggito in Brasile, dando inizio alla sua latitanza sudamericana. Fu Balsonaro a spingere per l’emissione di un mandato d’arresto nei confronti di Cesare Battisti, iniziando anche le pratiche per la sua estradizione. L’uomo, nel frattempo, cominciò la sua ultima latitanza, prima dell’arresto.
Giornalista