Il Volturno è il fiume più importante dell’Italia meridionale, sia per lunghezza, sia per portata d’acqua. Lungo ben 175 chilometri, sorge a Rocchetta al Volturno e si getta presso la foce di Castel Volturno, per riversarsi poi nel mar Tirreno. La sua vallata si sviluppa su un’area ricadente principalmente nelle regioni Molise e Campania e in minima parte in Abruzzo, Puglia e Lazio. È un importantissimo corso d’acqua che custodisce molti tesori e ricordi. È il fiume del dio che presiede tutto ciò che scorre in maniera sinuosa, Volturnus, divinità “dal ceruleo ciglio”, in ricordo del colore azzurro delle sue acque. In latino il suo nome era Olotronus: fu descritto da autori come Stazio, Claudiano, Lucano e, a causa della velocità delle sue acque nelle piene, venne definito Volturnux rapax o Volturnus celer. Proprio per questo, già nel periodo romano furono creati degli argini dall’imperatore Domiziano, affinché “il Volturno vagabondo e sdegnoso non uscisse dal proprio alveo e proprie ripe lo costrinse nel retto corso e vietò che innanzi per le sue gonfiezze e sboccamenti le vicine campagne inondasse”.
Sin dall’antichità, attorno alle sue rive si sono sviluppati e intensificati numerosi insediamenti. Grandiosa è la biodiversità acquatica, terrestre, vegetale e animale che si sviluppa dalle sue acque. In prossimità delle sue sorgenti, nel VII secolo venne edificata l’importante abbazia di San Vincenzo al Volturno, che divenne un importante complesso monastico della zona, contendendosi il territorio con l’abbazia di Montecassino. Nel territorio molisano sorsero diversi borghi intorno al fiume, come Castelnuovo al Volturno, Cerro al Volturno, Castel San Vincenzo e Colli a Volturno. Parecchi sono i tratti che mantengono intatti i loro scorci incantevoli e i incantevoli si presentano i colori della vegetazione che mettono in risalto il loro aspetto originario, più che altro in Molise. Un tempo era un fiume navigabile e molto animato, frequentato da pescatori o donne che si recavano presso le sue rive per fare il bucato, o ancora avventurieri che si tuffavano e pescatori che facevano l’alba in compagnia.
Nasce dai monti delle Mainarde, nel comune di Rocchetta a Volturno, in provincia di Isernia, paese quasi totalmente abbandonato negli anni Venti del secolo scorso a causa di una frana. Rocchetta è uno dei cinque paesi molisani che fanno parte del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, insieme a Castel San Vincenzo, Filignano, Pizzone e Scapoli. Il suo corso prende vita precisamente dalle scaturigini di monte Rocchetta, con acque limpide e cristalline che formano un’ampia zona di risorgive ricche di specie animali e vegetali di particolare valenza. Le sorgenti hanno una importanza strategica dal punto di vista dell’uso potabile, data la costruzione di un acquedotto che riforniva l’abitato di Venafro da parte dell’imperatore Augusto, di cui ancora oggi sono visibili alcuni tratti. In questa zona, il corso del fiume è caratterizzato dalla presenza di abbondanti depositi di travertino. Nelle vicinanze delle sorgenti, la vegetazione è rappresentata dalle tipiche piante che convivono con ambienti umidi e acquatici. Di notevole interesse sono alcune grandi querce di oltre 2 metri di diametro situate nei pressi. Mammiferi come il lupo, che frequenta la zona di passaggio, la volpe, onnipresente, cervo, cinghiale e capriolo, tasso, donnola, faina, scoiattolo e ghiro regnano in questo meraviglioso idillio naturale. Si può incontrare anche la lontra, animale legato alla presenza d’acqua e agli ambienti salubri e che oggi, purtroppo, in Italia è considerata in pericolo di estinzione. Quest’area, per le sue caratteristiche naturali di notevole interesse e per la conservazione della biodiversità, ricade nel Sito di Interesse Comunitario denominato Fiume Volturno dalle sorgenti al Fiume Cavaliere oltre che all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Presso Castel San Vincenzo, il Volturno riceve le acque provenienti dalla sorgente Capo Volturno, che si trova a circa 500 m.s.l.m. Qui un sottile nastro idrico unisce le sorgenti all’abbazia di San Vincenzo, le cui prime vicende storiche sono raccolte nel Chronicon Vulturnense, codice miniato. Nel 1130 circa, in scrittura beneventana, il monaco Giovanni redasse il testo, attingendo a fonti dell’VIII, IX e inizio X secolo, e spesso manomettendo delle informazioni a scopo agiografico. Oggi il codice è conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, BAV Barb. lat. 2724. Procedendo verso Castel San Vincenzo ci si imbatte nel suo piccolo lago artificiale, di un azzurro intenso e limpido, ritrovo di anatre e altri uccelli lacustri, realizzato nel 1956 a scopi idroelettrici e ben incastonato nel territorio.
Ci imbattiamo, poi, in Cerro al Volturno, arroccata a oltre 500 metri e dominata da un superbo maniero, da cui si ammirano verdeggianti e spettacolari panorami. Nei pressi di Cerro, il fiume scorre copioso e ci fa pensare alla leggenda che lo circonda, quella che racconta che nelle sue acque sopravviva la divinità Volturnus, dal volto umano e nobile. Proseguendo verso Fornelli, raggiungiamo Colli a Volturno, cittadina che sorge ai piedi dell’imponente gruppo montuoso delle Mainarde, e che incanta per la natura grandiosa e impervia, che offre boschi e pinete, ma anche uliveti, vigneti, alberi da frutta e querce. Colli a Volturno è detta la Piccola Parigi grazie alla sua posizione e al suo rinomato centro commerciale. Qui i piccoli tributari accrescono sensibilmente la portata d’acqua del fiume: da sinistra il fiume Cavaliere, da destra il Rio Chiaro e il Rio Rava. Dalle porte di Colli a Volturno ci addentriamo sulla statale della Vandra, attraversando gli ultimi paesaggi incontaminati prima del grosso nucleo di Isernia, una delle più importanti città sannite, adagiata su un’altura delimitata dai valloni dei torrenti Sordo e Carpino. Le origini della città risalgono almeno al V secolo a.C.. Isernia è famosa anche per il suo stanziamento paleolitico. Sarebbe riduttivo, in due righe, parlare delle bellezze e delle tradizioni di questa cittadina, ma una passeggiata nei vicoli del centro storico è obbligatoria. Ancora oggi, tra le eleganti e curate stradine storiche, non è difficile trovare le ricamatrici al tombolo che creano preziosi pizzi e merletti sedute fuori dalla porta di casa, mantenendo salda una tradizione antichissima, che si spera non vada perduta. Isernia è anche nota per la bellissima Fontana Fraterna, conosciuta anche come Fontana delle sette cannelle, unica nel suo genere.
Proseguendo verso Macchia d’Isernia, dopo il ponte 25 Archi, il lunghissimo fiume segna il confine tra il Molise e la Campania, attraversando la fertile piana di Venafro e ricevendo le acque del fiume San Bartolomeo e del torrente Rava. Questo è l’ultimo tratto di Molise e il Volturno, dopo aver ricevuto i primi contributi idrici del Matese e attraversando i depositi alluvionali della Piana di Venafro, ripiega il suo corso parallelamente alla catena appenninica. Verso Sesto Campano, il fiume entra definitivamente in Campania. Proprio sui limiti territoriali delle due regioni, nel comprensorio di Venafro e Capriati al Volturno, scorre in uno degli ambienti naturali più importanti del suo intero bacino idrografico: la zona umida Le Mortine. La vegetazione ripariale che un tempo avvolgeva il Volturno, oggi è presente solo in aree limitate in formazioni boschive dotate di un buon grado di naturalità. Tra di esse assume particolare importanza naturalistica il bosco igrofilo delle Mortine, e il nucleo boschivo meglio conservato è stato concesso dall’ENEL al WWF, che vi ha creato un’Oasi. Questo tratto rappresenta un frammento in parte intatto da almeno 45 anni. Siamo in un’area interposta fra le Mainarde e il Matese, e qui il fiume Volturno attraversa una fitta coltre boschiva igrofila, caratteristica unica del suo corso. Qui troviamo numerose specie di anatre, aironi e rapaci, come il nibbio e la poiana, gallinelle d’acqua e germani reali e ci si presenta davanti una estesa isola demaniale fluviale e un lago artificiale, interessando in totale circa 50 ettari. Inoltre, giunchi, veroniche, nasturzi, salici, pioppi, ontani e ornelli e qualche esemplare di farnia, residuo delle antiche selve che si estendevano sulla Piana di Venafro.
Giunti in piena zona del Medio Volturno, che comprende 50 comuni tra la provincia di Caserta e quella di Benevento, il fiume scorre tra l’Appennino, con a Nord i monti venafrani e Matese, e il Taburno a Est, il Preappennino, la piccola catena del monte Majuri o Maggiore, fra Vairano e Castelcampagnano, e l’Antiappennino. In questa valle riceve numerosi affluenti, il principale dei quali è il Calore. Attraversiamo la zona delle acque di Pratella, Fontegreca e i bellissimi territori del Matese e la rinomata area alifana, altro importantissimo centro della storia sannita e romana. Presso Amorosi, in provincia di Benevento, il fiume aumenta ulteriormente la portata grazie al suddetto Calore, suo principale affluente. Proprio ad Amorosi, recentemente è nato il Parco del Volturno, per soddisfare le esigenze di chi vuole uno stretto contatto con la natura e percepirla in tutta la sua espressione. Presso Limatola, il Volturno riceve un altro tributario, il fiume Isclero, il quale proviene dalla zona delle famose Forche Caudine. Nel territorio caiatino, invece, si ricordano le vicende belliche che segnarono le sorti dell’Italia risorgimentale. Questa è la terra del Pellagrello e dell’Oliva caiazzana, e qui il fiume si congiunge al Calore, per poi scorrere in modo sinuoso attraverso l’Oasi delle Selicelle. Poco dopo Triflisco, in un territorio quasi totalmente pianeggiante e con scarsa pendenza, allarga il suo letto e assume un andamento sinuoso, scorrendo lento e raggiungendo Capua, rinomato centro della Campania storica, ricco di arte e fascino, avvolgendola in un’ampia ansa come per proteggerla.
Anticamente, si risaliva il fiume dalla foce per raggiungere Casilinum, la moderna Capua, proprio dove gli etruschi crearono un porto fluviale che collegava le zone del Mar Tirreno con altre aree costiere. Si dice che lì la divinità Volturnus sia ancora viva. Una sua effige la troviamo su una chiave di volta che decora l’anfiteatro dell’antica Capua e oggi conservata nei cortili del Museo Provinciale Campano. Qui le terre circostanti al fiume sono molto umide, habitat ideale per specie vegetali e animali di particolare importanza, inclusi nella lista di animali protetti e di pregio, come l’airone, la cicogna e il Cavaliere d’Italia. In questa zona, il lungo fiume fa mutevoli volte e giravolte fino allo sbocco nel Tirreno presso Castel Volturno, sul litorale Domizio, al termine del suo viaggio. Un territorio che per secoli è stato interessato da acquitrini, detto Terra dei Mazzoni. I Borbone lo bonificarono nel secolo XIX e negli anni Venti del Novecento vi fu un importante contributo dell’Opera Nazionale Combattenti. In prossimità della foce è situata l’Oasi dei Variconi e la Riserva Naturale Foce del Volturno – Costa di Licola, zona scampata all’urbanizzazione della fascia costiera, comprendente anche l’ampio bacino del Lago Patria e una suggestiva pineta. Importanti punti di sosta sono gli specchi d’acqua salmastra, ove avvengono sversamento e nidificazione dell’avifauna.
Giornalista