Nella giornata di oggi, la regione Campania celebra la Giornata della Legalità, in ricordo dell’uccisione di don Peppino Diana. Un appuntamento annuale con l’impegno e la memoria. Giuseppe Diana nacque a Casal di Principe da una famiglia di proprietari terrieri. Nel 1968 entrò in seminario, frequentandovi la scuola media e il liceo classico e, successivamente, intraprese gli studi teologici nel seminario di Posillipo, sede della Pontificia facoltà teologica dell’Italia Meridionale. Fu qui che si licenziò in Teologia biblica e, in seguito, si laureò in Filosofia all’Università Federico II di Napoli. Nel marzo 1982 fu ordinato sacerdote, e diventò Assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa e successivamente anche Assistente del settore Foulards Bianchi. Divenne parroco della parrocchia di San Nicola di Bari, in Casal di Principe, e successivamente segretario del vescovo della diocesi di Aversa, monsignor Giovanni Gazza. Fu anche insegnante.
Si dedicò con tutto se stesso alla lotta contro la camorra e ad aiutare le famiglie che ne vivevano a contatto. Don Peppino Diana cercò di aiutare la gente nei momenti difficili, in cui la camorra prendeva il sopravvento, in quegli anni del dominio assoluto della camorra casalese, legata al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Proprio mentre celebrava la messa nella sua chiesa, il 19 marzo 1994, don Giuseppe Diana fu ucciso dalla camorra. Non fu solamente ucciso un uomo di cuore e affabile, non vi fu solo l’omicidio di un prete: uccidere un prete nella sua chiesa, mentre celebrava messa, è diventato l’emblema della vita, della fede, del culto violati nella loro sacralità. Il sacrificio di don Giuseppe Diana non è assolutamente stato dimenticato. Uno dei suoi testamenti spirituali è il documento contro la camorra Per Amore del mio popolo, scritto nel 1991 insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di Principe; un messaggio di estrema intensità e, purtroppo, di grande attualità.
“Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere ‘segno di contraddizione’. Coscienti che come Chiesa ‘dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà’”.
Ricordare don Giuseppe Diana significa non solo ricordarlo per quello che era, ma soprattutto testimoniare quotidianamente il suo messaggio d’impegno civile, di lotta alla criminalità organizzata, di costruzione di giustizia sociale nelle comunità locali, d’amore per la propria terra.
Giornalista