“Questa è un sporca guerra crudele ma spero che voi a casa riusciate a capire perché la combattiamo”. Furono le ultime parole che un soldato americano indirizzò alla sua famiglia, prima di morire in battaglia nel 1969. Sei anni dopo, il 30 aprile 1975, terminò uno dei conflitti più sanguinosi del Novecento, un tragico evento storico che lasciò sul terreno i corpi straziati di milioni di innocenti e di giovani soldati mandati a morire senza un perché. La guerra in Vietnam iniziò ufficialmente nel 1955, e vide intensificarsi l’intervento statunitense nel 1964, con bombardamenti a tappeto e attacchi via terra. Il Vietnam del Sud, dove le forze insurrezionali filo-comuniste (chiamati Viet Cong) si opponevano al regime fantoccio sostenuto dagli USA in funzione antisovietica. Passarono dieci anni di strategie militari fallimentari e di proteste per le ingenti perdite umane che portarono il governo Nixon, indebolito dallo scandalo Watergate, a decidere il totale ritiro delle truppe e a firmare la pace di Parigi nel gennaio del 1973. Uno scenario che spianò la strada all’offensiva finale della milizia comunista (sostenuta su larga scala da Cina e URSS), lanciata nel 1975 in barba agli accordi di pace.
Il 30 aprile avvenne l’ultimo atto della guerra con la caduta di Saigon e la presa del potere da parte del regime comunista del Vietnam del Nord, che unificò il paese dando vita, il 2 luglio del 1976, alla Repubblica Socialista del Vietnam. Fu la conclusione di uno dei conflitti più feroci del XX secolo, nel corso del quale vennero lanciati esplosivi in un numero superiore a quelli utilizzati su tutti i fronti della Seconda guerra mondiale. Il bilancio finale dei morti consegnò numeri drammatici: 4 milioni di civili e un milione di soldati tra i vietnamiti, 58.226 tra i soldati USA e un numero imprecisato di feriti, in molti rimasti mutilati e invalidi per il resto della vita. I racconti dal fronte dei soldati, scioccati dai massacri di civili e dalla violenza dei combattimenti, colpirono profondamente l’opinione pubblica americana e non solo, facendo sorgere un rilevante movimento pacifista e di contestazione alla politica estera aggressiva degli Stati Uniti, che alla fine influì sul corso degli eventi e portò a cambiamenti epocali nella società; su tutti l’abolizione della leva obbligatoria nel 1973. L’esito finale del conflitto sancì una sconfitta bruciante per la superpotenza americana e segnò profondamente la politica estera successiva.
L’opposizione alla guerra iniziò fin subito nei campus delle università, in cui era molto forte l’attivismo politico studentesco di sinistra, come mai lo era stato fino ad allora. Migliaia di giovani statunitensi scelsero la fuga in Canada o in Europa occidentale, piuttosto che rischiare la coscrizione. Allo scopo di guadagnarsi l’esenzione o il rinvio del servizio militare, molti ragazzi scelsero di frequentare l’università, il che permetteva di ottenere l’esonero al compimento del 26º anno di età; alcuni si sposarono, il che rimase motivo di esenzione per tutto il corso della guerra. Altri trovarono medici accondiscendenti che certificarono le basi mediche per un’esenzione per inadeguatezza mentale.
Giornalista