Siamo nel pieno del mese mariano ed è per questo che nelle prossime settimane faremo una breve tappa nei principali santuari del Sannio beneventano, cominciando oggi con quello della Madonna delle Grazie di Cerreto Sannita, che dalla sua vedetta osserva, con grazia e maestosità, l’intera valle ai suoi piedi. Il complesso ecclesiastico comprende la chiesa, il convento dei Cappuccini e la Casa del Pellegrino, gestiti con assoluto amore dalle mani laboriose dei Frati Minori Cappuccini che, secoli fa, arrivarono a Cerreto su invito della popolazione cerretese stessa e certamente dal clero locale. Il santuario fu fortemente voluto dall’Universitas di Cerreto Sannita, l’amministrazione comunale dell’epoca Fu in quel periodo, infatti che il vescovo Cotugno, vicario generale della Diocesi di Napoli, volle fortemente questo luogo di orazione francescana, suggerendo di ospitare la comunità cappuccina, probabilmente per poter ricominciare a respirare più profondamente la religiosità e l’idea di pace che il culto francescano richiedono.
La sua prima pietra fu posta il 5 aprile 1584, su un territorio appartenente alla famiglia Mazzacane e che precedentemente era occupato da querce e viti, Il sito si trovava su un colle nelle vicinanze della Cerreto antica. Eppure, per dare l’avvio ai lavori bisognò andare incontro a molti problemi legati alla malformazione del terreno. La denominazione originaria del luogo sacro era quella di Santa Maria della Grazia, Soccorritrice dei miseri come riporta l’architrave del portale di ingresso alla chiesa. Successivamente questa denominazione è stata mutata in Madonna delle Grazie. Quattro anni dopo, nel 1588, la chiesa fu definitivamente finita e il culto per la Madonna delle Grazie ebbe la sua consacrazione.
Appena terminata l’edificazione, il convento fu riempito di generose donazioni da parte dei cerretesi, che non mancarono nemmeno durante il periodo di edificazione, con lo scopo di accelerare la fine dei lavori: un giardino, una polla d’acqua che sorgeva alle falde di Monte Coppe, dei libri, numerosi e importanti, “per usum studii”, e offerte pecuniarie. Nel 1623 furono costruite molte altre celle, dato che il convento fu scelto come sede di noviziato dalla Provincia cappuccina di Napoli. Il disastroso terremoto del 5 giugno 1688 danneggiò gravemente tutta la struttura, con il conseguente abbandono dei frati. Prima di lasciarla, però, con un gesto molto nobile, gli stessi frati ospitarono le suore clarisse, mettendo a loro disposizione alcune stanze e costruendosi delle baracche di tavole di legno. Nel 1726 ricominciarono i lavori di ricostruzione e restauro, a carico dei frati stessi, adornato con pregevoli stucchi e consacrata al vescovo locale. Qualche anno dopo i frati, a proprie spese, edificarono il ponte sulla vecchia strada, riedificarono il chiostro e molto probabilmente a quell’epoca risalgono le sei lunette che tanto splendore donano all’ambiente. Durante il 1730 il popolo cerretese fu vittima di una grave carestia e due anni dopo, per ringraziamento della protezione celeste in quella terribile circostanza, fu acquistata la bellissima statua lignea di cui sopra e che tutt’oggi viene venerata con grande devozione e profusione d’amore, e che dal 1964 è patrona della Diocesi.
La statua venne realizzata a Napoli: alcuni sostengono che fu donata da Martino Paolino, avvocato cerretese residente nella città partenopea, che la fece costruire per sua personale devozione. la maggior parte, però, sposa l’ipotesi che Paolino abbia solo trattato con l’ignoto scultore, e una pergamena dice che la statua fu pagata con i soldi ricavati dal raccolto dell’anno. Lo storico Renato Pescitelli, però, sosteneva che la statua fosse stata pagata unicamente dal Paolino. Quando, nel secolo successivo, Cerreto fu colpita dal colera, i suoi abitanti, in segno di voto, decisero di compiere un pellegrinaggio annuale al santuario, che ancora si tiene a settembre, con la donazione di ceri da parte dei devoti, come segno di penitenza alla Madonna. Molti anziani ricordano la chiesetta di San Sebastiano che si trovava proprio nei pressi e che fu abbattuta nel 1960, proprio per allargare la strada che portava al convento.
L’attuale facciata della chiesa a una sola navata risale al 1921 e fu rifatta dopo una serie di lavori di ristrutturazione, così come il pronao, che conserva la porta d’ingresso originaria della costruzione, datata XVI secolo. Nella parete in fondo vi è una pala d’altare in legno, in stile barocco, il cui dipinto raffigura la Madonna che regge il Bambino mentre con la mano destra mantiene il seno per allattare Gesù. Madonna e Bambino guardano il devoto, con uno sguardo penetrante e ricco di fiducia. Alle pareti laterali del presbiterio sono site due tele a lunetta realizzate da Francesco Celebrano e raffiguranti la Visita di Santa Elisabetta e la Presentazione al Tempio. Dal 1927 i frati hanno dato vita al periodico Voce del Santuario di Maria Ss. delle Grazie. Al Novecento risalgono altre opere di rifacimento e allargamento, come un’ala del noviziato e poi la scuola materna e la Casa del pellegrino e il monumento a San Pio. Si racconta di un evento prodigioso da far risalire al Settecento: mentre la statua si trovava nella Collegiata di San Martino, il giovane barone Antonio Carizza, che aveva un’altissima febbre, temibile per la sua salute, guarì all’improvviso e da quel momento, in segno di ringraziamento e devozione, ordinò che i suoi coloni, ogni anno, portassero una grande quantità di grano ai frati cappuccini.
Giornalista