Immagini dal Sannio: San Lorenzo Maggiore e San Lorenzello, piccoli borghi delle stelle cadenti

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San Lorenzo Maggiore, foto di copertina di Pasquale Di Donato

Siete pronti? Mancano pochissimi giorni e staremo tutti con il naso all’insù! Il 10 agosto si avvicina e con esso desideri espressi e qualcuno che, seppur inespresso, speriamo che possa esaudirsi ugualmente. In Valle Telesina sono due i piccoli paesi che celebrano il santo delle scie luminose delle notti d’agosto, San Lorenzo: il più grande, come da toponimo, è San Lorenzo Maggiore, il piccolo, forse meno conosciuto come San Lorenzo Minore, è San Lorenzello. Due borghi caratteristici, belli con un patrimonio unico e irripetibile, da tutelare, visitare e raccontare.

San Lorenzo Maggiore conta poco più di 2.000 abitanti, e il nome deriva da una Collegiata di cui era insignito, sotto il titolo di San Lorenzo Martire. L’economia del paese si basa prevalentemente su attività di tipo agricolo: frutteti, vigneti, uliveti regnano qua e là, regalando le macchie caratteristiche dell’entroterra sannita e giochi di colore, luci e straordinari sapori. San Lorenzo è rinomato per la produzione di olio extravergine di oliva DOP e DOC; tra i suoi uliveti sono presenti la racioppella, l’ortice, l’ortolana o Bella di San Lorenzo, ma si producono anche ottimi vini, prevalentemente Falanghina e Aglianico. Nel Chronicon Vulturnense del monastero di San Vincenzo al Volturno lo troviamo nominato per la prima volta, anche se la prima testimonianza risale all’epoca preistorica. È molto nota, infatti, la mandorla di Chelles, oggi conservata nel Museo della Società Antropologica a Parigi, reperto trovato nel 1915 in località Limata, nei pressi del fiume Calore: una scheggia di quarzite levigata dall’uomo primitivo che probabilmente veniva usata per squartare e scuoiare animali. Limata fu il primo centro abitato di San Lorenzo, ove transitava la via Latina, una delle tre arterie romane indicate da Strabone come nobilissimae viarum. San Lorenzo, infatti, è attraversato dall’itinerario della via Francigena del Sud, nella sua variante della via Sacra Longobardarum, presso la il santuario di Santa Maria della Strada. Intorno all’anno Mille, Limata divenne un fiorente nucleo commerciale ed ebbe una rapida evoluzione demografica; con l’avvento dei Normanni si ritrovò a essere sede dei Sanframondo e nel XV secolo passò in mano ai Carafa. Il 5 giugno 1688 il disastroso terremoto che colpì il Sannio provocò ingenti danni al paese, come per la maggior parte dei centri limitrofi. In ogni caso, il borgo venne subito ricostruito e, quindi, ripopolato.

La chiesa Madre di San Lorenzo, chiesa parrocchiale elevata a Collegiata nel 1553, ha l’altare maggiore cinto dal coro ligneo seicentesco, sovrastato da un bellissimo dipinto di Francesco Mazzacca raffigurante il martirio del Santo, risalente al XVIII secolo. La chiesa di Santa Maria della Strada, da circa un anno divenuta santuario, racconta l’antica leggenda secondo la quale la Madonna sarebbe apparsa a una pia donna invitandola a scavare nel luogo dove oggi sorge il sacro edificio. Scavando fu rinvenuta una cappellina con l’icona della Vergine col Bambino, in stile bizantino, con ogni probabilità scampata alla furia iconoclasta, e, una volta prelevata l’effigie da terra, sarebbe iniziata a sgorgare dell’acqua miracolosa. La cappellina oggi costituisce la cripta della chiesa, alla quale si può accedere grazie alla Scala Santa. L’edificio, con il suo convento annesso, fu abbandonato nel XIX secolo e poi recuperato negli scorsi anni Novanta. Qui, ogni anno a luglio, si svolge una tradizionalissima manifestazione che vede le sue origini addirittura a culti pre-cristiani, eseguiti per propiziare le piogge ed evitare calamità naturali o la distruzione dei raccolti. Si tratta dell’offerta dei carri di grano alla Vergine, i cui covoni vengono allestiti e donati da devoti laurentini e fedeli dei paesi limitrofi come Ponte, Casalduni, Paupisi, Torrecuso. Ogni carro viene portato in processione e benedetto dal parroco davanti al sagrato della chiesa.

Per restare in tema di fede e devozione, uno degli eventi religiosi laurentini più sentiti è la processione del Venerdì Santo in onore della Vergine Addolorata. Con l’avanzare della Madonna e del Cristo Morto, centinaia di fedeli incappucciati e scalzi si percuotono a sangue, in segno di penitenza, utilizzando la disciplina, una catena fatta di piastre di ferro legate tra loro. Questo per sentirsi più vicini a Cristo durante la Passione, chiedendo perdono dei loro peccati. Si tratta di un seguitissimo e antico rito che trae origine dal Medioevo e che rievoca molto l’atto del battersi durante i Riti Settennali della vicina Guardia Sanframondi. 

Affascinante, ameno e caratteristico è anche San Lorenzello, paese che ospita anch’esso poco più di 2.000 abitanti, sito alle falde del monte Erbano. Un’antica leggenda racconta che sarebbe stato fondato dal giovane Filippo Lavorgna che nell’864 d.C., salvatosi dalla distruzione di Telesia per mano delle invasioni saracene, si rifugiò con la sua famiglia su monte Erbano, nella grotta di Futa. Un giorno, presso la grotta in cui Filippo aveva trovato dimora, arrivò una giovane donna, Rosita, che disperata chiedeva aiuto perché il padre aveva avuto un malore. L’uomo accettò subito di prestare soccorso al caro padre della donna delicata e sofferente, ma purtroppo, raggiunto il rifugio, lo trovò senza vita e poco dopo la stessa sorte toccò anche a tutti gli altri familiari di Rosita. Una volta rimasti soli, sarebbe stato da loro fondato un villaggio che sin da subito fu intitolato a San Lorenzo. E infatti il 10 agosto è il giorno in cui si celebra la festa patronale, con una spettacolare esibizione pirotecnica che richiama migliaia di visitatori da ogni dove. Altra ipotesi circa la fondazione del borgo è quella secondo la quale il paesello sarebbe nato per mano di alcuni profughi scampati alla distruzione saracena di Telesia nel IX secolo e che, alle falde di monte Erbano, vi edificarono delle mura e due torri difensive. Secondo questa ipotesi, il toponimo deriverebbe dalla costruzione di case sparse attorno alla chiesa di San Lorenzo, ma non vi sono documenti attendibili a tal proposito. Il paese fu citato per la prima volta nel 1151 quando fu possedimento dei Sanframondo, passato poi ai Carafa fino all’abolizione del feudalesimo nel 1806. Inizialmente chiamato San Lorenzo Minore per distinguerlo dal vicino San Lorenzo Maggiore, il paese fu distrutto prima dal terribile terremoto del 1688 e successivamente da quello del 1805, e, al contrario della vicina Cerreto Sannita, città di fondazione, con le ricostruzioni fu edificato nel medesimo sito, conservando il suo originario impianto urbanistico medievale, a pianta rettangolare allungata.

Centro storico di San Lorenzello, seduta artistica dedicata a Dante Alighieri. Foto di Elvio Sagnella

Piccole, eleganti e deliziose piazzette, strette stradine, antichi palazzi signorili risalenti al XVII- XVIII secolo, numerose installazioni artistiche fanno di questo antico paesello un vero e proprio gioiellino sannita d’arte, cultura e tradizioni. Tra gli edifici più rinomati, il Palazzo Massone, riconosciuto, con Decreto Ministeriale del 16 marzo 1968, bene culturale della Nazione. Esso rappresenta il complesso più insigne di San Lorenzello ed è un esempio integro di barocchetto meridionale. Lungo le sponde del fiume Titerno si notano i resti di un mulino e di strutture che venivano usate per il trattamento dell’argilla e per la lavorazione della ceramica. San Lorenzello è, infatti, il paese natale del maestro ceramista Nicola Giustiniani, considerato uno dei più grandi del settore del 1700, figlio di Antonio, egli stesso ceramista, venuto da Napoli a Cerreto Sannita a seguito del sisma del 1688. Il paese conserva e trasmette intatta, nelle sue botteghe, la tradizione ceramica che da secoli viene tramandata da padre in figlio e che si manifesta nella produzione di acquasantiere, zuppiere, vassoi, anfore, mattonelle e altre caratteristiche opere d’arte. Oggi i maestri figulini laurentini riproducono l’antica e meravigliosa arte ceramica attirando l’interesse di visitatori, studiosi e amanti del bello e di questa nobile arte.

Nel territorio laurentino si contano più di 4.000 moggi di terreno, in cui abbondano alberi da frutta, maestosi e splendidi ulivi e numerosi vitigni. Il paese è perlopiù conosciuto per la rinomata produzione di olio extravergine d’oliva, l’oro verde del Titerno, e dei taralli, una sorta di biscotti salati composti di acqua e farina, nati col nobile scopo di far fronte alla fame che colpiva le persone più povere nel XV secolo. È possibile degustarli in numerose varianti, come all’olio d’oliva, al pepe, al vino, ma anche dolci, allo zucchero e glassati. Sono tanti i tarallifici del piccolo centro sannita che sfornano queste piccole, grandi bontà, spesso vendute a mo’ di souvenir sotto forma di ‘nzerta, collana di biscotti raccolti tutti attorno allo stello filo.

Nel centro storico del paese è presente la chiesa di San Lorenzo, che conserva la scultura lignea del santo protettore, che si trova nell’ex chiesa della Madonna del Carmine, nei pressi dell’ex Convento dei Padri Carmelitani. La chiesa originaria, crollata con il terremoto del 1688, si trovava in via Avanti Santi e ancora oggi, nella parete di un’abitazione, troviamo ben visibile l’arco in pietra che rappresenta la navata centrale della vecchia chiesa. Adiacente è l’ex convento dei Padri Carmelitani, che ha ospitato uffici comunali e scuole e che oggi, ristrutturato, è sede di eventi culturali. La chiesa della Congregazione della Sanità è ricca di pregevoli opere d’arte in ceramica di San Lorenzello e Cerreto Sannita, tra le quali un timpano in maiolica realizzato da Antonio Giustiniani. Ancora, la chiesa di San Sebastiano, con un’artistica scultura raffigurante il Santo, e la chiesa di San Donato, in cui è conservata un’edicola settecentesca in ceramica raffigurante la Madonna. La cappella della Madonna Addolorata o Madonnella, lungo la strada provinciale Cerreto – Telese, è legata a un’antica leggenda che riguarda il cerretese culto di Sant’Antonio di Padova.