Accadde oggi: 7 settembre 1860, Garibaldi e i Mille entrano a Napoli

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“L’ingresso nella grande capitale ha più del portentoso, che della realtà. Accompagnato da pochi aiutanti, io passai frammezzo alle truppe borboniche ancora padrone, le quali mi presentavano l’armi con più ossequio certamente, che non lo facevano in quei tempi ai loro generali. Il 7 settembre 1860!”.

A proferire queste parole era Giuseppe Garibaldi, la grande capitale era la splendida Napoli, in riferimento al giorno in cui il generale fece il suo ingresso in città. Arrivo nella città partenopea su un treno accompagnato da tutte le personalità che erano andate a Salerno per accoglierlo. In testa al corteo Liborio Romano, Ministro di Polizia e Salvatore De Crescenzo, detto Tore ‘e Criscienzo, capo della camorra dell’epoca. Percorsero via Marina, passarono dinanzi al Maschio Angioino e si fermarono al Duomo per ascoltare il Te Deum, mentre a Largo di Palazzo, l’attuale piazza del Plebiscito, Garibaldi fece un breve discorso: “Voi avete il diritto di esultare in questo giorno, che è l’inizio di una nuova epoca non solo per voi, ma per tutta l’Italia, della quale Napoli forma la parte migliore, è veramente un giorno glorioso e santo, nel quale il popolo passa dal giogo della servitù al rango di una nazione libera. Vi ringrazio per il vostro benvenuto, non soltanto per me stesso, ma a nome di tutta Italia, che il vostro aiuto renderà libera e unita”. Si diresse, poi, fino a a Palazzo Doria D’Angri, e lì il popolo si aspettava un nuovo discorso, ma una camicia rossa si affacciò dal balcone portando la mano alla guancia per indicare con il gesto che Garibaldi stesse dormendo e la folla si fece silenziosa. Proprio in questo palazzo pare si recò anche Mazzini per proporre “a Garibaldi di abbandonare i Savoia e di creare con lui una Repubblica del Meridione dalla quale avviare una ‘non monarchica’ liberazione dell’Italia. Garibaldi, memore di ciò che era accaduto a Roma nel ’49”.

Questa data di inizio settembre segnò la fine del Regno delle due Sicilie e l’inizio del patto tra Stato e Camorra a Napoli. Questi entrò a Napoli protetto dai camorristi in armi ma, a detta dello storico e giornalista Raffaele De Cesare, fu accolto alla stazione da una tale Marianna la Sangiovannara, sorella del camorrista Michele O’ chiazziere e proprietaria di una bettola dove si riunivano i capi della camorra. Per di più, secondo quanto riportato dallo scrittore e giornalista Gilberto Oneto, Garibaldi ripagò la camorra dei servigi resi con somme ingenti di denaro e assegnazioni di pensioni. Il giorno prima, Francesco II e la sua famiglia avevano abbandonato Napoli e Garibaldi fu ben accolto in città, con le truppe borboniche che non mostrarono resistenza e si arresero poco dopo. Dopo l’ingresso di Garibaldi a Napoli, la situazione italiana era questa: le regioni meridionali, ossia Sicilia, Calabria, Basilicata, e quasi tutta la Campania erano state conquistate da Garibaldi, inveve la Lombardia, l’Emilia, la Romagna, la Toscana erano entrate nel Regno d’Italia in seguito alla Seconda Guerra d’Indipendenza e ai successivi plebisciti di annessione. Il Sud e il Nord della penisola erano però ancora separati dalla presenza dello Stato Pontificio.