Basta dire che i suoi ingredienti, sani e genuini, sono solitamente a chilometro zero, per capire che parliamo di una eccellenza locale a cui è difficile resistere. Uno sfizio salato che vede la sua origine a San Salvatore Telesino. Niente contaminazione estera, niente nouvelle cousine: solo storia, cultura dell’antico e olio di gomito (oltre a quello prelibato extravergine d’oliva del territorio) per dar vita a un sapore unico e originale. È un rustico dall’aspetto tondeggiante, oblungo e ruvido che si distingue per il suo colore dorato, datogli certamente dall’olio dell’impasto e da quello della cottura. Oltre all’olio locale, farina, uova, sale, pepe, sono i protagonisti assoluti di questa delizia del territorio telesino.
Non è facile stabilirne origini e tradizioni, certo è che lo struppolo conserva le caratteristiche della cultura popolare e contadina. E con ogni probabilità la sua nascita, antichissima, risale alla cultura sannitica, o forse a quella romana, essendo estremamente simile al crustolo, dolce calabrese di cui riprende la tradizionale forma.
Una epigrafe trovata negli scavi archeologici dell’antica Telesia, conservata presso il Museo Civico Archeologico, ci parla proprio di un banchetto a base di mulsum et crustulum, da cui l’ipotesi della sua provenienza. A differenza dei taralli, altri sfizi salati che vedono nella vicina San Lorenzello uno dei paesi più importanti nella produzione, nel caso degli struppoli non si può parlare di cucina povera: troppe infatti sono le uova necessarie alla preparazione e tanto l’olio, a celebrare abbondanza e ricchezza, come nei banchetti più sontuosi. La ricetta viene tramandata di famiglia in famiglia, dalle nonne alle mamme fino ai nipoti. La preparazione è sempre la stessa, ma certamente ogni famiglia ha una piccola accortezza, una minima variante che fa sì che il sapore unico spesso si differenzi dagli altri preparati.
È doveroso dire che la ricetta degli struppoli non è una esclusiva del centro sansalvatorese. Tutto il territorio limitrofo prepara, assapora e degusta questi rustici. La ricetta non è segreta, ma il fatto che venga tramandata fa in modo che arrivi anche nel circondario. Diversi sono i negozi e panifici della zona che preparano gli struppoli, a Telese e dintorni. Francesco, l’autore della foto di copertina, racconta proprio che la ricetta dei suoi struppoli è stata tramandata dalla nonna di Amorosi alla madre e infine alla moglie. Quale sarà il segreto utilizzato nella loro variante?
Una cosa è certa: è in corso, da tempo immemore, una diatriba sulla necessità o meno di aggiungere il lievito all’impasto. Che esso venga utilizzato o no, una cosa è certa: i rustici che se ne producono si rivelano sempre saporiti e deliziosi, specialmente quando vengono accompagnati da salumi e formaggi, tra cui il pecorino locale o meglio ancora l’ottimo prosciutto di Pietraroja, e da un buon vino che tolga la sete. Il vino, a dire il vero, è essenziale: nel gergo di San Salvatore Telesino, lo “strupp’l adda ndurzà ‘nganna” e deve invitare a bere. Ma i vini nel territorio sannita non mancano di certo, e questo discorso meriterebbe un’attenzione a parte.
Giornalista