Immagini dal Sannio: monte Erbano e monte Cigno, due vedette a guardia del Titerno

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Monte Erbano, foto di copertina di Francesco Raffaele

Il Titerno e la sua vallata, il torrente fresco che scorre, campi aperte, collinette e paesaggi rurali, e poi loro, due delle vedette a guardia della valle, che racchiudono paesi e tradizioni, cultura e bellezze, leggende e storie. Questo è uno dei territori più belli dell’entroterra sannita, tanto amato da appassionati naturalisti che ne apprezzano e ne esaltano i bellissimi paesaggi verdi e rilassanti. La nostra passeggiata di oggi parte da quello che è considerato il punto panoramico dal grande valore paesaggistico detto Valle Santa. Siamo alle porte di Cerreto Sannita e seguendo un lungo viale alberato, ci dirigiamo verso monte Erbano. Un sito che è viva memoria storica della grande frequentazione del passato di pastori impegnati nei percorsi di transumanza, ricco di pascoli erbosi, castagneti, boschi pieni di funghi, asparagi ed erba medica. Il monte raggiunge i 1.383 m.s.l.m. ed è noto per un’intrigante e misteriosa leggenda, quella della janara Erbanina, da cui deriva il suo nome.

Era molto bella, Erbanina, sposa di un valoroso cavaliere spagnolo di nome Ugo di Villalumo, ignaro del terribile segreto. La storia della janara ebbe inizio con l’incontro fra i due, che fece scattare un vero e proprio colpo di fulmine per il giovane iberico. Ugo, infatti, si innamorò perdutamente della bellissima fattucchiera, capace di creare pozioni magiche e incantesimi di vario genere. Ogni notte la strega attraversava in volo il borgo di Gioia Sannitica, spaventando gli abitanti al punto da distoglierli dal sonno. Come tutte le janare, si ungeva di grasso di cadavere, grazie al quale riusciva a issarsi in voli molto alti e lunghi, fino al luogo dove si svolgeva il Sabba. Insospettito da tale comportamento, il cavaliere Ugo si attivò per salvare la sua anima dalle insidie della bella amata. Secondo alcune fonti, l’uomo sostituì il grasso di cadavere con la sugna, impedendo a Erbanina di volare per unirsi alla tetra cerimonia; per questo motivo, questa cadde dall’elevata altezza da cui tentava di mantenersi in volo e morì. Secondo altri, Ugo invocò l’aiuto di San Michele, il quale gettò personalmente la janara dalla torre del castello, uccidendola. L’urlo straziato della strega si sentì per molto, moltissimo tempo. E oggi, vale davvero la pena incamminarsi in questo piccolo paradiso, dove pace e silenzio regnano, interrotto qua e là solo dai suoni che madre natura sa regalarci, come il canto degli uccelli o il fruscìo di rami e fronde. Ma l’urlo di Erbanina, no, quello non si sente più.

Per arrivare a monte Cigno bisogna partire da Cerreto Sannita e dirigerci verso Civitella Licinio. Il monte è alto 774 m.s.l.m. e qui, molto probabilmente, un tempo sorgeva la rocca di Cominium Ceritum. E infatti dei ruderi presenti in loco sembrerebbero indicare proprio uno dei primi insediamenti della popolazione cerretese. Il nome Cigno sembra derivare da cingulum, ossia ‘cintura’, a indicare la forma sinuosa del torrente Lavello che ricorda una cintura che stringe la montagna. Vi troviamo un ponte in pietra, detto di Annibale, di epoca romana. Sito sul corso del Titerno, secondo una leggenda sarebbe stato attraversato dal celebre condottiero cartaginese assieme ai suoi elefanti durante la discesa della penisola al tempo della Seconda Guerra Punica, arrivato per nascondere un bottino di guerra proprio sul monte Cigno. Nei pressi della rocca si trova uno stretto passaggio che conduce a un piccolo antro, la famosa Grotta dei Briganti, la quale, si racconta, un tempo fungeva da rifugio dell’ultimo brigante del luogo.  

Civitella Licinio e monte Erbano, foto di Francesco Raffaele

È questo un sito particolarmente interessato da fenomeni carsici, motivo per cui sono tante le grotte, le doline o i canali presenti. Così scrisse Domenico Franco, noto studioso del territorio titernino, nel suo lavoro La grotta chiusa del monte Cigno“Solo la curiosità di visitarla poté vincere le difficoltà incontrate… L’ascesa, ad un tempo, è emozionante e faticosa: in diversi tratti, non priva di pericoli, per il detrito di falda, che, costituendo un ammasso roccioso incoerente, può serbare allo scalatore poco attento, incognite non certo liete… A circa 500 metri di altezza dalla valle e quasi a 200 metri al disotto della Rocca del Cigno, si trova una grande grotta con la entrata verso le ultime sporgenze, che si presentano a picco… La grotta… fu segnalata, col nome di ‘Grotta Chiusa’ all’Istituto Speleologico Italiano di Postumia. Molto stretto e sinuoso ne è l’ingresso, che obbliga il visitatore a prostrarsi completamente, per entrarvi strisciando lungo un tratto di circa tre metri”. Nella grotta si distinguono diverse “sale”: La Cattedrale, il Coccodrillo, la Rotonda. Leggi anche Monte Cigno, una Machu Picchu sannita come quella peruviana