Immagini dal Sannio: la Ruzzola del formaggio, antica tradizione di Pontelandolfo

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Pontelandolfo, la ruzzola prima del lancio. Foto di copertina di Giacomo Orsato

Sta cacca de fà a rruzzica, Dodato,
Co la smaniaccia d’abbuscà ll’evviva,
Nun è ggiro pe tté, cche nun hai fiato
De strillà mmanco peperoni e oliva.

Come sce pôi ggiucà, tisico nato,
senza dajje ‘na càccola d’abbriva?
Nun vedi la tu’ ruzzica sur prato
c’appena ar fin de ‘na scorreggia arriva?

Co ddu’ pormonettacci de canario,
d’indove mommò er zangue te se sbuzzica,
tu protenni de prennete sto svario? (7)

Stattene in pasce: ggnisuno te stuzzica;
si ppoi vôi vince tu, vva’ a Montemario,
pijja la scurza e bbutta ggiú la ruzzica.

Prendiamo in prestito Giuseppe Gioacchino Belli, celebre poeta dialettale romanesco, per raccontare una passione, un hobby, una tradizione tipica di Pontelandolfo: il lancio della ruzzola o ruzzolone, attività che ha origini antichissime. Pensate, sembra proprio che gli Etruschi lo praticassero abitualmente. Questo, come sempre, ce lo dimostrano delle testimonianze pittoriche: nella Tomba dell’Olimpiade di Tarquinia è infatti raffigurato il cosiddetto discobolo, ma la sua posizione è quella di chi lancia una forma di formaggio, che in origine era di pecorino stagionato, molto duro e resistente, che i pastori, durante il loro percorso transumante, lanciavano lungo i tratturi. E infatti questo, considerato un vero e proprio sport, nell’antichità era perlopiù praticato da pastori e contadini, meno da nobili, ecclesiastici o intellettuali che lo vedevano come un’attività poco consona alla loro posizione. Nobile antenato fu certamente il lancio del disco che Omero, ma non fu l’unico, decantò nei suoi versi. Uno sport praticato poi dagli antichi romani che chiamavano la ruzzola tubo o, più tardi, tronchus. Attualmente, il gioco della ruzzola ha una diffusione nazionale, maggiormente praticato in Umbria e nelle Marche, in Toscana, in Abruzzo, nel Lazio, in Emilia Romagna.

La forma della ruzzola poteva essere più o meno grande, in tal caso il nome variava da Ruzzola a Ruzzolone. Uno sport a cui si interessarono addirittura le pubbliche autorità, vescovi e governatori, che però ne regolamentarono la pratica proibendola nei giorni festivi o nelle immediate vicinanze dei monasteri per non turbarne la quiete. Il gioco divenne via via sempre più popolare ed era seguito praticamente da tutti: gente di campagna, nobili, contadini, autorità. Un’attività fisica che richiedeva forza e sana competitività, destrezza ed esperienza, ma certamente anche una buona dose di fortuna. Nonostante la curiosità che suscitava in tutti, veniva però praticato maggiormente da coloro che amavano la vita di campagna, le attività fisiche all’aria aperta, l’ecologia e il rispetto per un ambiente puro e sostenibile, l’aggregazione e la cooperazione.

A Pontelandolfo il gioco della Ruzzola viene rappresentato come un momento in cui si dà vita a rappresentazioni mitiche e antiche, a rievocare fatti storici come il tiro della palla, la lotta, il pugilato, rievocazioni ludiche in onore del mitico Ercole. Misurare la forza e l’abilità, infatti, non era solo sfoggio di vigore e salute fisica, ma anche dimostrazione di benevolenza e protezione dello stesso Ercole. E a Pontelandolfo viene fatta ruzzolare proprio la tipica forma di formaggio, che ha un peso che può arrivare fino ai 18 kg. La forma rotola da piazza Roma fino alla cappella di San Rocco.

Raffigurazione del lancio della ruzzola nella Tomba dell’Olimpiade di Tarquinia

La leggenda, narrata in un documento della Pro Loco del borgo sannita, racconta che a Pontelandolfo ci fosse un ricco barone amante del gioco che possedeva diverse masserie e terre coltivate. Nel periodo del Carnevale girava qua e là tra cantine per provare a organizzare partite e tornei di tressette. Una sera cominciò a giocare con il lavoratore di una taverna di nome Pasquale, che tutti consideravano un campione. Anche il barone era bravo e la partita aveva un andamento altalenante, finché una buona dose di fortuna colpì Pasquale. Il gioco andò avanti tutta la notte e il barone perse due masserie e un pascolo tenuto a erba medica. Il barone, uomo d’onore, tenne fede ai debiti del gioco, e così le masserie e il pascolo divennero proprietà di Pasquale. Le vacche del barone, però, erano abituate a mangiare al vecchio pascolo ma Pasquale, nuovo proprietario, non accettò volentieri questa cosa, per cui pretese parte del formaggio che il barone avrebbe prodotto col latte di quelle vacche. Il barone, non entusiasta di tale arroganza e prepotenza, rispose: “Giammai, te lo darò. La terra sì che ti spetta ma la prima erba che era là, sul campo, già prima della vincita, è ancor mia!”. Da quel momento, nacque la contesa: chi parteggiava per uno, chi per l’altro. I nobili erano dalla parte del barone, gli umili dalla parte di Pasquale. Una notte, infastidito, il barone decise di appendere una forma di cacio al balcone di Pasquale in segno di sfregio, perché tutti vedessero. Questi, ovviamente, non gradì simile affronto e chiamò degli amici fidati che mandarono al barone questo messaggio: “Quello che è nato dal gioco, nel gioco finisca. Ci vediamo domenica mattina sotto alla piazza della Teglia”. Ecco che si ebbe la prima partita di formaggio che, come narra la leggenda, non ebbe mai fine e sembra che ancora oggi, nelle notti del Carnevale, Pasquale e il barone continuino l’infinita partita della Ruzzola. È così che questo antico gioco è divenuto parte integrante della vita e del cuore di ogni abitante di Pontelandolfo.

La ruzzola è spesso anche un disco in legno duro con diametro molto variabile in funzione del regolamento adottato. La maggior parte delle volte, però, si tratta di una forma di pecorino. Si avvolge uno spago intorno alla ruzzola e la si lancia trattenendone un capo in modo da imprimerle una veloce rotazione. Bisogna far arrivare la forma il più lontano possibile con un numero prefissato di lanci. Quando lo si gioca in squadra, i giocatori si alternano cercando di lanciare il più lontano possibile il formaggio, senza farlo uscire dal percorso stabilito. Le gare si svolgono su campi delimitati, chiamati treppi, appositamente attrezzati per rendere il gioco più movimentato, tanto è vero che vi sono salite, curve, ostacoli di vario tipo. In alternativa il gioco può essere praticato anche su strade, siano esse asfaltate o no. Il vincitore della ruzzola porta a casa la forma dell’avversario.