Un cratere è un vaso molto capiente la cui funzione era quella di permettere la mescita di vino puro con acqua e spezie durante un simposio. Assteas, invece, era un ceramografo e ceramista pestano, uno dei più grandi e importanti decoratori ceramografici che operava nel IV secolo a.C.. Il cratere che oggi vi invito ad ammirare presso il Museo Archeologico Sannio Caudino di Montesarchio proviene dalla Magna Grecia, precisamente da Posidonia – Paestum, e oggi si trova nella Torre di Montesarchio, l’antica Caudium, ospitante reperti provenienti dall’intero territorio degli antichi Caudini. Il cratere è stato firmato proprio da Assteas, e il nome dell’artista si trova anche accanto a una delle figure rappresentate sul cimelio. “Lo ha dipinto Assteas”, cita l’epigrafe. È uno dei crateri più grandi mai rinvenuti, alto 72 cm e largo 60, conservato perfettamente integro, nonostante la sua lunghissima storia. Infatti, molti trafficanti hanno cercato di mercificare con esso, conteso da più e più appassionati, e per questo motivo ha girato buona parte di mondo.
Il cratere rappresenta le origini della civiltà minoica e in particolare narra del ratto d’Europa, tanto che il nome ufficiale sarebbe proprio questo. Oltre a questa raffigurazione, sul retro è rappresentata un’ulteriore scena mitologica a rappresentare una storica eccellenza campana: il vino. Il cimelio è proprio un contenitore atto alla mescita del prodotto enoico. E nella raffigurazione è protagonista Dioniso, dio del vino, seguito da un breve corteo formato da menadi, un sileno e il dio Pan. Questa sorta di processione prende il nome di tiaso e aveva un carattere prevalentemente religioso che nell’Antica Grecia celebrava il culto di un dio, specialmente quello del maggior rappresentante della vite e del suo ottimo frutto. Un corteo che era tradizionalmente accompagnato da canti e danze perlopiù sfrenate.
Il cimelio fu ritrovato a Sant’Agata de’ Goti nei primi anni Settanta del secolo scorso, da parte di un operaio edile di cognome Cacciapuoti, durante i lavori di scavo per la rete fognaria. Si trovava in una tomba ed era parte del suo corredo funerario. Cacciapuoti lo raccolse e lo portò in casa propria, si fece fare alcuni autoscatti con una Polaroid a colori e lo vendette sul mercato nero per un milione di lire e un maialino. Dopodiché, il cratere cominciò a seguire la filiera di un’organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di reperti storici, e fu depositato in Svizzera in attesa di un acquirente, fino a quando fu venduto al Getty Museum di Malibu, in California, per 380mila dollari, che lo tenne in esposizione dal 1981 al 2005. Grazie a uno degli scatti fatti dalla Polaroid dell’operaio, i carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, sotto la guida del luogotenente Lai, al termine di lunghe e complesse indagini riuscirono a dimostrarne la reale provenienza del cratere, coinvolgendo gli Uffici del MiBAC e convincendo la Magistratura a ottenerne la restituzione. A partire dal 2007 il vaso è stato esposto in diverse città europee.
Giornalista