È un luogo silenzioso e pieno di verde, con una folta vegetazione che si alterna a lunghi filari di viti, nei pressi del percorso di treni che sfrecciano, il cui fischio riesce a rompere il silenzio che spesso viene interrotto solo dalle fresche folate di vento. Siamo nell’antico borgo di Limata, sul Toppo di Limata, nel territorio di San Lorenzo Maggiore, le cui origini sono riconducibili al 700 d.C. circa, nominata nel Chronicon Vulturnense del monastero di San Vincenzo al Volturno e propriamente nel testamento di un tale Imend, nell’Ottocento: “Ego enim Imend Tendacus filius Teupi, in primis omnium integram portionem meam de casale in Telesias et portionem meam in Limata”. La prima testimonianza del borgo sannita risale all’epoca preistorica: si tratta della famosa Mandorla di Chelles, oggi conservata nel Museo della società antropologica a Parigi, reperto trovato nel 1915 proprio in località Limata, nei pressi del fiume Calore, con una cappella dedicata a Santa Maria di Limata: si tratta di una scheggia di quarzite levigata dall’uomo primitivo che probabilmente veniva usata per squartare e scuoiare animali.
Limata fu il primo centro abitato di San Lorenzo, e nel 663 d.C. fu sede della battaglia che si tenne fra le truppe del longobardo Mittola, conte di Capua, e l’esercito dell’imperatore bizantino Costante II, che ne restò sconfitto. Per Limata transitava la via Latina, una delle tre arterie romane indicate da Strabone come nobilissimae viarum. Il paese di San Lorenzo Maggiore, infatti, è attraversato dall’itinerario della via Francigena del Sud, nella sua variante della via Sacra Longobardarum, che da Roma, passando per Benevento, capitale della Longobardia del Sud, nota come Langobardia Minor, attraversando i comuni di Faicchio, San Lorenzello, San Salvatore Telesino, Guardia Sanframondi, San Lorenzo Maggiore (proprio in località Piana presso il Ponte Romano), Ponte, Benevento, Paduli, Buonalbergo e Pietrelcina prosegue verso la Puglia lungo l’antica via Traiana, fino a Troia, per poi deviare verso il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo. I resti del ponte romano sorgono proprio presso la chiesa di Santa Maria della Strada. Intorno all’anno 1000, sempre grazie alla sua collocazione, Limata diventò un fiorente nucleo commerciale ed ebbe una rapida evoluzione demografica; con l’avvento dei normanni divenne sede dei Sanframondo tanto che Guglielmo I Sanframondo, figlio di Raone, in un documento del 1151, tradotto nel 1531 durante un processo, scriveva “Io Guglielmo Sancto Fraimundo, figlio del fu Raone, che ebbi per cognome de Sancto Framundo, di stirpe normanna, rendo noto di possedere molti castelli, tra i quali il castello detto di Limata, nella terra di Telese; dono a Roberto, priore del Monastero di S. Maria della Grotta, una terra presso il fiume Calore”. Nel dicembre del 1382 ospitò Luigi d’Angiò, che qui arrivò per occupare il regno e per vendicare l’uccisione della Regina Giovanna I di Napoli. Nel 1448 la località fu data da Alfonso I a Giovanni di Sanframondo, conte di Cerreto. Nel XV secolo passò in mano ai Carafa e nei secoli successivi iniziò la sua fase discendente fino all’abbandono in favore del Nuovo Borgo di San Lorenzo.
Certo è che nel 1593 non esisteva più il paese Limata. Tra i motivi per cui venne abbandonato vi fu, principalmente, il fatto che i Carafa preferirono dimorare a Napoli ma certamente anche gli insopportabili miasmi che arrivavano dal fiume Calore. Alcuni profughi si ritirarono sulle colline presso l’attuale borgo di San Lorenzo Maggiore, Castrum Sancti Laurentii, amministrata, come gli altri comuni dell’Italia meridionale, da una Universitas. Si può pensare che già verso il 1590 Limata scomparve del tutto, e non solo a causa dello spopolamento, ma anche per via delle innumerevoli esondazioni e piene del fiume Calore che distrussero i ruderi rimanenti di case e dell’antico borgo. In quell’area “vi si abbarbicarono roveti e negli acquitrini prese stanza sempre di più la malaria”. (Abele De Blasio, Appunti su Limata). Il 5 giugno 1688 vi fu il disastroso terremoto che provocò ingenti danni al paese, come per la maggior parte dei centri limitrofi, che però venne subito ricostruito e, quindi, ripopolato.
L’antico castello di Limata, che dominava la Valle del Calore dal Toppo, sorvegliava tutto l’attuale territorio solopachese, il versante settentrionale del Taburno e le pendici del Matese, e l’incrocio delle strade provenienti da Benevento, Campobasso, Telese e Faicchio, e le antiche mulattiere che portavano nei territori delle attuali Guardia Sanframondi, San Lupo, San Lorenzo Maggiore e Castelvenere. Dell’antico castello resta, ancora riconoscibile, un torrione. Sui suoi ruderi fu costruita una casa colonica ove è murata una pietra con un bassorilievo incastonato nelle mura raffigurante una donna longobarda, con pettinatura corta, un corsetto, una cintura e una gonna a pieghe, probabilmente scultura tombale. Altri frammenti murati sono delle scritte epigrafiche in latino e delle raffigurazioni a mezzo busto di una donna e un uomo togati, risalenti sempre all’epoca romana. Il castello, militarmente parlando, aveva una funzione strategica molto importante, tanto da riuscire a essere vedetta e punto di controllo delle vie di comunicazione “che provenivano dalla conca di Benevento, dal Molise, da Maddaloni, dalla conca di Montesarchio e dall’Alifano” (A. De Blasio). Esso fu costruito su un blocco di arenaria. Un castello certamente molto inferiore, in quanto a imponenza, dimensioni e funzionalità, rispetto a quello di Guardia Sanframondi, da vedersi più come vedetta dei collegamenti viari. Nell’antichità, l’area circostante, specie quella adiacente alla chiesetta di Santa Maria, è stata certamente adibita a cimitero, considerato l’innumerevole quantitativo di ossa lì ritrovate. I ruderi dell’antico castello, sulla carta del Reame di Napoli del 1800, erano segnati sotto il nome di Guardia Vecchia di Limata. In ogni caso, sempre per usare le parole del De Blasio: “Nessuna monografia completa è stata consacrata a Limata, che pur ebbe, per diverso tempo, notevole importanza, specialmente sotto la dominazione normanna”. Molto ha portato gli storici a pensare che il borgo fosse opulento, fiorente e pieno di vita, date le sue numerose chiese, tra le quali anche il Monastero di San Benedetto, e un ospedale proprio nei pressi. Strutture distrutte dai terremoti, profanate dai barbari, depredate dai ladri, e abbandonate dai credenti che scelsero di trasferire la loro vita e il loro culto nel paese nuovo.
Una leggenda collega Limata a una delle più importanti manifestazioni religiose sannite: parliamo della Madonna dell’Assunta, amata, venerata e celebrata a Guardia Sanframondi, soprattutto in occasione dei Riti Settennali di penitenza alla Vergine. Un giorno di tantissimi anni fa, nel bel mezzo del solleone del mese di agosto, un contadino stava arando con i buoi un pezzo di terra in contrada Limata. L’uomo era molto affaticato, provato dal lavoro e dal sole, finché venne scosso dall’arresto brusco dei suoi buoi, come fossero colpiti da un incantesimo, da qualcosa di molto grande. Gli animali si fermarono e si piegarono sulle ginocchia, finché dalla terra si diffuse il suono di campanelli che donavano estasi a chi li ascoltava. Il vecchio contadino rimase esterrefatto ma subito fece diffondere la notizia nei vicini borghi di San Lorenzo, Paupisi, Vitulano, facendo così accorrere molte persone incredule sul posto. Scavarono molto finché dal sottosuolo rinvennero dei pesanti campanelli di bronzo, uno più piccolo dell’altro, e la bellissima statua della Madonna, finemente lavorata. Tutti i cittadini dei territorio circostante cercarono di portare con loro la Vergine; provarono a sollevarla ma essa era molto pesante e non si smuoveva dal suo posto, finché dei giovani guardiesi, ispirati dal Bambinello che era in braccio alla Madonna, si aprirono improvvisamente le camicie sul lato anteriore e cominciano a battersi il petto con una spugnetta ricoperta di spilli. Alcuni di loro, col petto sanguinante, si accostarono alla statua, la presero con delicatezza e, cercando di sollevarla, scoprirono che era avvenuto un miracolo: la Vergine era improvvisamente diventata molto leggera. I guardiesi, commossi, cominciarono a pregare, piangere e anche ad applaudire, formando un corteo processionale che subito partì alla volta di Guardia Sanframondi. Da quel momento nacque il grande amore della comunità guardiese per la sua Madonna che troneggia nella splendida e illuminata nicchia del santuario che la ospita.
Giornalista