Nel bel mezzo della fresca e ricca vegetazione dei monti del Matese, c’è un ridente e piccolissimo borgo dalle origini molto antiche. Un paesino in pietra che conta poche anime, certo, ma le cui eccellenze sono conosciute in tutto il mondo. Siamo ai confini con il Molise, in un contesto vivo e naturale, ricco di sorgenti, come quelle del torrente Titerno o del Torbido, e ancora boschi e una nutrita vegetazione. Siamo a Pietraroja.
Dopo la dominazione romana, questo paesino subì quella dei Longobardi, dei Normanni, e nel periodo feudale dei Sanframondo. Con Guardiaregia, Sepino, Campobasso, Cusano Mutri, ci dice Wikipedia, “fu una delle sedi del brigantaggio sul massiccio del Matese. Di Pietraroja viene ricordato soprattutto Gabriele Varrone, capo della banda omonima, noto per le incursioni (1861) a Civitella Licinio, frazione di Cusano Mutri, e alla stessa Pietraroja contro i posti della guardia nazionale. La base dei briganti era l’imprendibile grotta dei Briganti o delle Fate, a cui si poteva accedere solo calandosi con funi. Nel dicembre 1863 la guardia nazionale pose l’assedio ai briganti rifugiati nella grotta suddetta e li convinse ad uscire facendo salva la vita in cambio. La promessa non fu mantenuta ed essi furono fucilati nella località Aria della Corte (Aria corta), situata dietro l’edificio comunale”.
Siamo in una terra ricca di sorprese, un luogo che gli amanti del trekking e della montagna non possono certamente farsi sfuggire. Percorsi che fanno scoprire le tante meraviglie floreali e faunistiche della zona, nutrita di specie anche rare. Percorsi ricchi di fontane e di piccole sorgenti dall’acqua fresca e leggera, diuretica, salutare e disintossicante, così come fresco e genuino risulta lo sguardo a tutto tondo che si può gettare dall’alto del suo belvedere. Un luogo ameno e salubre, dal clima sempre fresco e piacevole, anche sotto ai nudi e cocenti raggi del sole estivo. Un paese piccolo e tanto ricco che fa parlare al mondo intero grazie alle sue eccellenze, sia quelle gastronomiche, sia quelle che hanno reso celebre Pietraroja in tutto il mondo. Reperti giurassici, come Ciro.
“Pietraroja, il luogo magico dove il tempo si è fermato”: così il bel borgo matesino è stato definito dal giornalista Roberto Giacobbo, parlando di una terra che milioni di anni fa era una laguna e dove sono stati trovati moltissimi fossili di pesci. E infatti il paesino è oggi considerato un vero e proprio museo all’aperto da tutelare. Si pensa che oltre a Ciro, il cucciolo di dinosauro che ha conquistato il mondo, a Pietraroja potrebbe esserci dell’altro e che questo luogo possa raggiungere vette di importanza e fama a livello planetario.
Ciro è certamente uno dei ritrovamenti più straordinari. Si tratta di un cucciolo di dinosauro dal peso di 200 grammi, vissuto 113 milioni di anni fa, che ha fatto di Pietraroja, il cui toponimo deriva dal colore della bauxite (“pietra rossa”) presente in grandi quantità nella zona, la sede di un ente geopaleontologico di grande rilevanza. Il museo è stato allestito addirittura da Piero Angela. Del piccolo Ciro rimane anche una sacca con il tuorlo dell’uovo, grazie al quale il cucciolo poteva alimentarsi. Numerosi gli studi paleontologici sul fossile, e di conseguenza su tutta la specie: il suo intestino è stato analizzato alla perfezione e grazie alle recenti analisi si è scoperto che il piccolo Scipionix Samniticus aveva appena mangiato tre pezzi di carne. Nel 1978 il geologo Scipione Breislack segnalò per primo la presenza di pesci fossili nei dintorni di Pietraroja, e oggi, grazie anche al suo iniziale contributo, il Parco Geopaleontologico di Pietraroja è uno dei più importanti giacimenti fossiliferi italiani, conosciuto da più di 200 anni.
Se vogliamo cambiare discorso, e inoltrarci nella gastronomia, non possiamo distogliere la nostra attenzione da un’altra grande eccellenza di Pietraroja: il prosciutto, considerato il più buono del mondo. L’altitudine del suo territorio, la purezza della sua aria, fresca, frizzante e incontaminata, il suo microclima asciutto che ne aiuta la stagionatura ne fanno il paese che nel mondo produce il miglior prosciutto, quello considerato eccellenza di alta qualità e il più costoso. Una stagionatura che dura dai 48 ai 60 mesi e la sua essiccazione naturale, che avviene solitamente in vecchie cantine, danno vita a un insaccato buonissimo. Un salume certamente diverso, che si avvale della genuinità e degli aromi che provengono dalla qualità della carne, dagli alimenti dati ai maiali, che pascolano in un ambiente salubre e allo stato brado, e dal luogo di stagionatura. Un prodotto per palati fini e sopraffini, bello da vedere e un piccolo lusso da assaporare, che necessita di continue cure per poter arrivare alla qualità e alla maturità perfetta.
Nell’Annuario generale del Regno del 1933, Pietraroja era indicata come “località alpestre, di rigidissimo clima, alle falde del Monte Mutria”. E si aggiungeva: “Si producono ottimi prosciutti che vengono esportati“. Il Prosciutto di Pietraroja è riconosciuto come PAT – Prodotto Agroalimentare Tradizionale dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, su proposta della Regione Campania. Oltre alla essiccazione naturale, caratteristiche del prosciutto sono la lieve affumicatura e una morbida consistenza.
Non solo: la gastronomia eccelle anche per altri prodotti tipici. I carrati sono pasta fresca di grano duro lavorata a mano attraverso l’uso di un fuso (detto anche fusiglio o carriato) di acciaio o rame lungo circa 15 centimetri appartenente immancabilmente al corredo delle spose. In passato, questa prelibatezza si preparava per eventi importanti o solenni, quali matrimoni o qualsiasi evento religioso importante.
La seronta, piatto di origine pastorale, è ottenuta con lardo soffritto insieme a cipolla, acqua, sale a cui vengono aggiunti pezzi di pane. La ricetta viene arricchita da aggiunta di uova e/o funghi ma oggi è molto apprezzata la variante con pancetta o pomodori freschi.
Pietraroja, dunque, è un borgo da vivere, conoscere, visitare e degustare. Un borgo da esplorare e da annotare certamente sul nostro taccuino da viaggio. Da raccontare. Da conoscere e tramandare.
Giornalista