Il migliaccio, o pane di miglio, è un piatto tipico della tradizione carnevalesca campana. Non è propriamente un dolce sannita, anche se è proprio qui che se ne predilige la variante con liquore Strega. Nei comuni della Valle Caudina consiste in una specie di polenta cotta al forno o fritta, nelle varianti dolce e salata. La prima è una variante povera della sfogliatella napoletana, tanto che si avvicina molto, come sapore e consistenza, proprio al suo ripieno. Ecco perché nel territorio caudino viene chiamato sfogliata. Pochi e semplici gli ingredienti che lo compongono. Anticamente veniva utilizzato il miglio, mentre oggi, per la preparazione di questo dolce, viene usato il semolino. Gli altri sono la ricotta, le uova, la scorza d’arancio e lo zucchero. Alcune varianti prevedono invece l’essenza di fiori d’arancio e/o il rum (quando viene utilizzata l’essenza di fiori d’arancio il sapore è simile alla pastiera napoletana).
In origine il migliaccio dolce (esiste anche una versione salata) si preparava con pane di miglio e sangue di maiale. Il nome della torta, infatti, deriva dal latino miliaccium che significa “pane di miglio”. Arrivato in Italia con gli antichi greci, usato poi anche dai latini, il miglio era uno degli ingredienti principali dell’alimentazione medievale. Con l’avvento del mais americano, il miglio è stato gradualmente sostituito e anche la ricetta originaria del dolce è cambiata.
La ricetta ha origini probabilmente medievali, come pasto di riciclo. In principio veniva utilizzato anche il sangue di maiale, un alimento molto nutriente utile ai contadini per sostenere il lavoro duro nei campi. Poi la Chiesa Cattolica, ritenendo l’utilizzo del sangue di maiale un rituale pagano, chiese che esso venisse abolito dalla ricetta. E fu così che, nel XVIII secolo, il sangue venne sostituito da zucchero, cannella, farina e uova, e la semola prese il posto della farina di miglio. In seguito fu aggiunta la ricotta, per donare un tocco in più di sapore e sofficità. La tradizione vuole che il migliaccio sia alto e che venga cotto in un tegame di rame, in alternativa di alluminio.
Giornalista