Immagini dal Sannio: la Valle del Fortore, perfetto incontro fra tre regioni

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In copertina, il lago di Occhito.
Foto di Rocco Paduano

Non è forse questo il periodo ottimale per fare belle passeggiate all’aria aperta, alla ricerca di emozioni e cenni storici, magari in aree naturalistiche, percorrendo panorami mozzafiato, dove il tempo sembra essersi fermato? Questa volta ce andiamo in giro nella bella e salubre Valle del Fortore, il territorio che prende il suo nome dal fiume che con il suo corso segue il confine fra Campania, Molise e Puglia. 
Il Fortore è un lungo fiume di 110 km che scorre nelle province di Benevento, Campobasso e Foggia ed è uno dei maggiori corsi fluviali dell’Italia meridionale, con i suoi profili irregolari per via delle formazioni argillose che lo costituiscono. Anche nell’antichità, il corso del Fortore, in latino Fertor, flumen portuosum, come lo definiva Plinio nella Naturalis historia, segnava parzialmente il confine fra le due regioni augustee corrispondenti, in linea di massima, al Molise e alla Puglia, territori in stretta comunicazione tra loro da sempre, grazie all’asse viario caratterizzato dai tratturi, vie erbose che hanno dato forma e sostanza a una civiltà di pastori e di agricoltori, la cui vita era inscindibilmente legata alla natura, ai suoi cicli stagionali e alle migrazioni del bestiame. I tratturi che attraversano questa zona sono il Castel di Sangro-Lucera, che collegava i territori del fiume Sangro con quelli del fiume Fortore, e il Celano-Foggia, che univa l’attuale area di Chieti con l’altopiano pugliese. Numerosi erano anche i tratturelli e i bracci di tratturo che collegavano la zona appenninica molisana con quella pianeggiante del Tavoliere. L’area attorno al corso del fiume prende proprio il nome di Valle del Fortore. 

Il territorio è caratterizzato da abbondanti pascoli, mentre le pendici sono ricoperte da zone boschive, con tipiche querce, pini, frassini, pioppi, olmi, aceri, castagni e oliveti, vigneti e frutteti che con le loro specifiche colorazioni, che cambiano con il mutare del lavoro nei campi, danno un’immagine caratteristica di questi stupendi paesaggi incontaminati. Colori che si uniscono al grigio delle pietre e dei marmi dei borghi medievali che padroneggiano la valle, tra colline e viadotti. In diversi punti del territorio è possibile imbattersi in sorgenti e fonti d’acqua sulfuree. In seguito alla realizzazione della diga di Occhito, tra il 1957 e il 1966, a causa di cave sorte lungo le sue sponde, il fiume ha di molto ridotto la propria portata e anche il suo alveo risulta modificato, segnando il confine tra Molise e Puglia. Il lago presenta una superficie di circa 1.300 ettari e una capacità di 333 milioni di metri cubi d’acqua e rappresenta il secondo invaso artificiale più grande d’Europa. Otto i paesi che si affacciano su questo specchio d’acqua, cinque nella provincia di Campobasso (Gambatesa, Macchia Valfortore, Pietracatella, Sant’Elia a Pianisi e Tufara), tre nella provincia di Foggia (Carlantino, Celenza Valfortore, San Marco la Catola).

Tipico prodotto gastronomico, figlio dell’allevamento della zona fortorina, è il caciocavallo Silano, che ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta, prodotto con il latte delle mucche che foraggiano un territorio dall’aria salubre e dai paesaggi straordinari, dai profumi e dai sapori genuini. L’isolamento geografico del Fortore ha avuto un ruolo determinante nelle vicissitudini storiche e nella vita socio economica di questa zona cosicché oggi, anche nella gastronomia, sopravvivono ancora piatti poveri ma genuini, dal sapore dei tempi passati: ecco, dunque, che prevalgono i legumi, i salumi, i formaggi, e poi miele, verdure e frutta. Alimenti che, se un tempo erano considerati beni essenziali, oggi vengono valutati come piatti tipici di uno stile alimentare attento ai prodotti, alla scelta di prossimità, al chilometro zero, alla provenienza.  

Il borgo di Gambatesa, foto di Viaggia con Wallace

Il fiume, dopo aver attraversato una parte del territorio beneventano, entra nella regione del Molise, nei pressi del comune di Tufara, toccando anche altri comuni ricchi di tradizioni e di attaccamento alla propria terra. Anche in questo caso si tratta di un territorio ricco di pascoli e vigneti, di aria salubre, fresca e spesso arido alla vista e ai sensi, ma molto fruttuoso. E ancora una volta ci troviamo al cospetto di una terra molto attenta alla sostenibilità ambientale.
Anche la zona collinare che si estende verso il confine con la Puglia, e i comuni fortorini pugliesi stessi, sembrano procedere sul percorso di un regime alternato in cui, a prolungati periodi di magra, si associano brevi ma intensi eventi di piena, soprattutto nel periodo autunnale e invernale. Eventi, questi, che fanno continuamente cambiare il volto al paesaggio, dando a esso aspetti diversificati e mutevoli, con i suoi terrazzamenti, gli argini e l’intera vallata che muta spesso la sua estetica: colori che cambiano repentinamente dal giallo al verde, sino al bianco della roccia viva. Una valle lambita da un fiume il cui letto è carico di storie, di volti, di nomi, leggende.

Una curiosità fra tutte è che la Battaglia di Canne, durante la seconda guerra punica, combattuta fra Romani e Cartaginesi, si sia svolta nelle vicinanze del Fortore e non del fiume Ofanto. Un fiume navigabile, come testimoniato da Plinio, che per tale motivo ha aiutato gli insediamenti e nuovi nuclei abitativi nella valle fortorina, rendendo rigogliose le pratiche agricole e pastorali, permettendo, tra l’altro, lo sviluppo degli ecosistemi tipici delle zone fluviali. Lungo il Fortore, infatti, i bambini raccoglievano le radici della Maurizia, per masticarle durante il ritorno a casa, facendone una scorta che doveva durare l’intera settimana. Tra l’altro, i pastori che transitavano lungo le vie erbose della Valle del Fortore utilizzavano l’argilla per alleviare le piaghe del loro cammino. Percorsi segnati dal tempo e dalla memoria storica.