In Valle Caudina, ai confini tra Sannio e Terra di Lavoro, Sant’Agata de’ Goti è adagiata su uno sperone di tufo. In prevalenza gli storici concordano sul fatto che nell’attuale territorio di Sant’Agata de’ Goti anticamente sorgesse Saticula, città sannita. Proprio nello sperone di tufo, circondato a destra e a manca da corsi d’acqua, risiede parte del suo fascino. Da lassù si gode di un panorama variopinto e mai monotono: monti e valli allo stesso tempo. E chi la guarda dal basso ne vede la sua particolare policromia, in un serrato ritmo di case e finestre, balconcini, cupole e campanili, cantine e viuzze.
A Sant’Agata de’ Goti ci si può immergere nel vivo del Medioevo, con due strade principali che delimitano l’area cittadina, tra le quali troviamo le case gentilizie con gli orti interni che permettevano alle famiglie di sopravvivere agli anni di assedio.
Le sue strutture e i prestigiosi edifici ne fanno una “perla del Sannio” di arte e cultura. Il ponte Vittorio Emanuele supera il verdeggiante vallone del torrente Martorano, ed è proprio da lì che si può godere della vista più suggestiva dello splendido centro storico di questo che è uno dei più rinomati borghi del Sannio. Nel territorio di Sant’Agata passa l’Acquedotto carolino (patrimonio UNESCO), colosso dell’architettura vanvitelliana, opera dal grande ingegno, che preleva l’acqua alle falde del Monte Taburno per giungere fino alla Reggia di Caserta. Il suo centro storico è elegante, pieno di portici, archi e colonnati, acciottolati e sampietrini che parlano di tempi importanti che furono. Ma possono parlare anche del presente, perché il borgo è un autentico esempio di bellezze, fascino ed eccellenze sannite, a cominciare dalle rinomate mele annurche, da mangiare nella loro semplicità o sotto forma di dolci, liquori, tisane e nelle più diversificate ricette, dolci e salate, fino ad arrivare ai suoi rinomati vini.
Passeggiando nelle sue campagne è possibile imbattersi in diversi vecchi lavatoi, che testimoniano la viva memoria delle storiche cittadine santagatesi che vi si recavano a lavare i propri panni. L’antico lavatoio Reullo è forse la testimonianza più bella. Sorge nel punto in cui il fiume Isclero incontra i torrenti Riello e Martorano. Già alla fine del ‘700, lo storico Fileno Rainone descrisse un’antica fontana trasformata in lavatoio dalle donne dell’epoca. È composto da vasche in pietra quadrata, di varia grandezza, ricolme d’acqua di sorgente, ove le donne si recavano per poter lavare il proprio bucato. Secondo le fonti storiche, il lavatoio sorse grazie alla presenza di una fontana prodotta dall’incrocio del fiume Isclero con i torrenti Riello e Martorano.
Giornalista