Immagini dal Sannio: l’itinerario dell’acqua tra le sorgenti sannite

postato in: Immagini dal Sannio | 0
Condividi articolo
Colori autunnali al Parco naturalistico del Grassano di San Salvatore Telesino.
Foto di Giovanni Forgione

Chiare, fresche e dolci acque, verrebbe da scrivere per parafrasare Petrarca.
Fiumi e sorgenti, fresche e pure, spesso solfuree, caratterizzano il bellissimo paesaggio del Sannio beneventano, e in questi giorni che fanno da preludio alla bella stagione primaverile, voglio proprio parlarvi di un itinerario che potrebbe indurvi a visitare questa magica terra che non è soltanto caratterizzata da boschi e monti. Il 22 marzo, tra l’altro, si festeggia la Giornata Mondiale dell’Acqua.
Partiamo dalla Valle del Tammaro, in particolar modo da Sassinoro, caratteristico borgo di origine sannita di poco più di 600 abitanti, nell’estrema parte orientale della Campania, al confine con il Molise, abitato in epoca romana, con un pieno sviluppo urbanistico nel periodo longobardo. Il toponimo deriva da una colonia di Sassoni che qui si stanziarono al seguito di Alboino. Con l’eversione della feudalità fu aggregato al Molise e, dopo l’Unità d’Italia, il comune entrò a far parte della provincia di Benevento.
Il territorio è formato in gran parte da piccole valli e colline dominate dal monte Rotondo, per cui ha molte sorgenti, freschissime e abbondanti, che vanno a gettarsi nel fiume Tammaro e che vengono utilizzate per l’irrigazione nel periodo estivo. Come simbolo della ricchezza d’acqua, vi è la grande fontana nella piazza principale del paese e i diversi fontanili dislocati in ogni rione, che un tempo garantivano anche il funzionamento di tanti mulini presenti nella zona, ora in disuso.
Ogni anno, mentre tutto il mondo celebra il World Water Day, nella giornata del 22 marzo, per ricordare che l’acqua è un bene primario per la vita dell’uomo e del pianeta, a Sassinoro si svolge la manifestazione Sassinoro, Paesi dell’Acqua, evento che coinvolge anche i comuni della Valle del Tammaro, in cui si celebra l’acqua come diritto alla vita.

Dalla zona del Tammaro attraversiamo l’area titernina – telesina, per approdare a Telese Terme, poliedrica, colorata e vivace cittadina, cuore pulsante del turismo dell’acqua sannita. Tutto ebbe inizio secoli e secoli fa, con il terremoto del 9 settembre 1349 quando vi fu la scomparsa di Telesia ma anche la comparsa delle sorgenti sulfuree che si rivelarono molto utili e valide per la cura delle malattie della pelle, degli apparati digerente e respiratorio e dei reumatismi.
Alle falde di monte Pugliano si squarciò la roccia e in più punti iniziarono a zampillare fiotti di acqua sulfurea. L’attuale quartiere telesino denominato acqua fetente si cosparse di esalazioni di anidride carbonica, le cosiddette “mofete”, molto letali alla respirazione. Per questo motivo furono tanti gli animali che persero la vita e questo fenomeno durò fino alla fine del 1700, anche se ancora agli inizi del 1900 era facile trovare uccelli morti in prossimità delle sorgenti delle antiche terme Jacobelli.
L’inizio della costruzione del nuovo impianto termale e del vicino Grand Hotel Telese, con l’architettura in stile liberty, risale al 1877. Da quel momento si è fatto di tutto affinché venisse conosciuta, al di fuori dei confini territoriali, l’acqua sulfurea telesina, ricca di anidride carbonica, idrogeno solforato, ma soprattutto di zolfo bivalente, simile a quello contenuto nel corpo umano. Terapie idropiniche ma anche cura di malattie otorinolaringoiatriche e delle vie respiratorie, ginecologiche e dell’apparato gastroenterico, oltre che cardiovascolari. E ancora bagni, idromassaggi, fanghi, percorsi vascolari in piscina termale, irrigazioni nasali, inalazioni, aerosol, insufflazioni endotimpaniche e politzer, ventilazioni polmonari, cure ginecologiche, riabilitazione della funzione neuromotoria e respiratoria.

Salvatore Telesino ospita il Parco Turistico del Grassano, meravigliosa oasi naturalistica amata, ricercata e apprezzata da chiunque cerchi un angolo di pace e che sia amante della natura incontaminata. Chiunque ci vada, qualsiasi bambino vi si rechi per un pic-nic, una partita a pallone o una gita scolastica, resta incantato e affascinato dalla magia del luogo, dai bagliori del sole che rispecchiano nel torrente, dalla bellezza della riserva incontaminata, dai suoni degli uccelli e delle fronde.
Il parco è noto per la sua ricca vegetazione: tigli, salici, pioppi, piante igrofile ed erbette, anche commestibili, come il sanacciolo. Il protagonista del sito è ovviamente il freddo corso del fiume Rio Grassano, che nasce dalle pendici orientali del monte Matese. Un fiume dalle acque gelide, incontaminate e limpidissime, nelle quali, grazie alla vegetazione circostante e ai giochi di luce del sole, è possibile imbattersi in maestosi spettacoli di colore: tutte le tonalità del verde, blu, turchese in una meravigliosa distesa idrica di assoluta bellezza. Il parco è  l’habitat perfetto per molte specie di uccelli acquatici, come le bellissime oche bianche, le anatre e le lontre, e uccelli che trovano dimora tra i rami dei secolari alberi. 

Procedendo in direzione del Medio Volturno, troviamo il fiume Lete, uno dei principali della Campania, lungo circa 20 km, che nasce a Letino, ai piedi del monte Janara, a 1028 m.s.l.m., con una temperatura di 8 °C. Il fiume si ingrossa man mano raccogliendo in sé le acque di 57 sorgenti, affluendo poi nel Volturno, nei pressi di Ailano. Ha una bellezza tutta particolare: scorre sotterraneo per circa 500 metri formando un gran numero di cavità naturali, una folta vegetazione e pozzi d’acqua, dislivelli e piccole cascate che precipitano verso la Valle del Volturno. Le acque sono sempre fresche e conservano costantemente un tasso piuttosto elevato di ossigeno. Infatti, nelle acque dei due laghi artificiali formati dal fiume e nel corso del fiume stesso si trovano trote, anguille, gamberi di fiume, carpe, tinche, e un tempo vi erano crostacei dal guscio bianco senza occhi, la cui sopravvivenza è minacciata su tutto il territorio nazionale: si tratta di organismi estremamente sensibili a ogni forma di inquinamento tanto da poter essere considerati dei veri indicatori della qualità delle acque.

Le sponde del Lete a Prata Sannita.
Foto di Linda Di Giacomo

Ci rechiamo a Pratella, nel cuore del Matese, borgo che fu antico insediamento sannita e poi romano dell’Alto casertano, che offre ai suoi visitatori un territorio ricco di storia e di biodiversità proprio grazie alla grande presenza di corsi d’acqua, con scenari unici. Dalle fonti poste nel territorio sgorgano acque solfuree-ferrose, ricche di minerali come il calcio e il magnesio, che hanno un elevato potere terapeutico, molto efficaci soprattutto nei processi digestivi e riconosciute come acque tra le migliori d’Italia. Queste sono a completa disposizione degli abitanti e dei visitatori e un tempo venivano utilizzate per scopi termali.
Oltre alle grotte, al teatro di roccia e all’antico tratturo di via Pastenelle, si può passeggiare sulle sponde del fiume Lete dove sono presenti piante spontanee usate fino a qualche anno fa come parte integrante dell’alimentazione e delle cure mediche. Il Galium mollugo veniva adoperato per cagliare il latte e farne del formaggio, la Sanguisorba minor veniva adoperata come un’ovatta naturale, e le foglie di Bardana in caso di affezioni cutanee come foruncoli, acne, herpes, ustioni, oltre che per rinforzare i capelli.
Non è un caso che a Pratella ci sia la sede delle acque minerali Lete e Prata (il nome deriva da Prata Sannita, altro paese confinante attraversato dal fiume Lete).
Sempre in provincia di Caserta, ci rechiamo infine a Riardo dove nel 1893 a un medico del posto, proprietario dei terreni, venne in mente di sfruttare le sorgenti e imbottigliarla. I vecchi stabilimenti di Riardo risalgono proprio a quei tempi, fino a che La Danone e la Ferrarelle ne hanno sfruttato al massimo le benefiche proprietà. La sua acqua è conosciuta in tutta Italia e proprio qui, protetto dal FAI, è stato realizzato un Parco delle Acque, per la valorizzazione e la fruizione, da parte di chiunque lo desideri, di un’area dall’alto interesse naturalistico.