Il 10 ottobre 1944 ad Auschwitz fu compiuto uno dei più terribili crimini della storia dell’umanità, un massacro, a opera dei nazisti, di 800 bambini Rom. È famoso l’accanimento di Hitler verso i Rom, qualcosa di inspiegabile dato che la maggior parte degli “zingari” era di discendenza ariana. Gli scienziati del Reich, per dare una parvenza di giustificazione a tale sterminio, cercarono molte scuse e portarono alla ribalta molti dibattiti, finché il Professor Gunther disse: “Gli zingari hanno effettivamente mantenuto alcuni elementi della loro origine nordica, ma essi discendono dalle classi più basse della popolazione di quella regione. Nel corso della loro migrazione, hanno assorbito il sangue delle popolazioni circostanti, diventando quindi una miscela razziale di orientali e asiatici occidentali con aggiunta di influssi indiani, centroasiatici ed europei”. Ragion per cui, secondo lo scienziato delle scienze razziali, andavano sterminati al pari degli ebrei. Ad Auschwitz furono uccise 19 mila Rom su 23 mila e si pensa che l’esercito tedesco e le SS abbiano fucilato altri 30 mila Rom tra gli Stati Baltici e in altre zone dell’Unione Sovietica che erano state invase dai tedeschi , dove altre unità mobili di sterminio, chiamate Einsatzgruppen abbiano ucciso insieme agli ebrei e ai comunisti, anche i Rom.
I bambini dell’Olocausto sono certamente stati le vittime più vulnerabili tra i gruppi che furono colpiti dalle politiche naziste di discriminazione, persecuzione razziale e genocidio. La maggior parte era caratterizzata da ebrei e a loro ci si riferisce specificamente e più propriamente come bambini della Shoah. Oltre ai bambini ebrei e “zingari”, furono uccisi nell’Olocausto migliaia di polacchi, russi, serbi, disabili, figli di oppositori politici, vittime di rappresaglie. Un duro prezzo pagato da questi giovanissimi a causa delle politiche discriminatorie messe in atto già a partire dal 1933 nella Germania nazista e in Italia dal 1938, con la promulgazione delle leggi razziali fasciste. Bambini che furono espulsi dalle scuole che frequentavano, dalle attività sportive e ricreative per la gioventù, ai quali fu impedito di avere una vita sociale “normale”, a cui era stata privata la possibilità, il diritto, di avere e vivere appieno il proprio futuro, a causa delle restrizioni imposte sull’istruzione e sull’accesso alle professioni. Vennero improvvisamente considerati “diversi”, vittime di pregiudizi e ostilità, cosa che fino ad allora non avevano conosciuto in modo così diretto. Rapporti sociali limitati, l’esperienza dell’esclusione, indifferenza, mancanza di solidarietà da parte di insegnanti e amici: ecco cosa, improvvisamente, toccarono con mano. Molti di loro si trovarono a dover lasciare le loro case e i loro affetti ed emigrare in altri paesi, attraverso modalità che spesso comportarono la separazione (temporanea o permanente) dai propri genitori e traumatiche esperienze di viaggio.
Giornalista