Il 12 gennaio 1969 fu l’inizio di un qualcosa di grandioso, la consacrazione non solo di un gruppo rock, ma una nuova alba musicale, in un momento in cui il rock sembrava non ritrovare più la sua via, perso tra le note nostalgiche del blues e un pop che perdeva colpi in fatto di stile. Tutto cominciò con un dirigibile che fece storia, la triste storia del disastro dello Zeppelin LZ 129 Hindenburg avvenuto il 6 maggio 1937. Un fotogramma di quel disastro, in seguito, avrebbe consegnato ai posteri una copertina di un album che ancora oggi è Storia con la S maiuscola, immagine forte e riconoscibile in tutto il mondo. Cinquantadue anni fa, poco più di mezzo secolo, ma non si direbbe affatto, la band inglese dei Led Zeppelin portò alla luce il proprio omonimo disco di esordio, più conosciuto come Led Zeppelin I, un album fortemente influenzato dal blues, soprattutto da Willie Dixon, del quale furono riproposte You Shook Me e I Can’t Quit You Baby, stravolgendo però i brani originali per dar spazio a un blues psichedelico iniziato già dai Cream. La band registrò Led Zeppelin molto celermente, agli Olympic Studios di Londra alla fine del 1968, album indicato come uno dei dischi cardine dell’evoluzione del rock nel periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta. Da quel momento Jimmy Page è diventato uno dei chitarristi più amati e importanti della storia del rock e il talento di John Paul Jones emerse oltre i confini provinciali. Robert Plant e il batterista John Bohnam erano invece due perfetti sconosciuti.
L’album si allontanò definitivamente dall’idea di rock stile Beatles, dalle melodie più morbide e orecchiabili a cui il rock si stava abituando perché i Led Zeppelin portarono all’avanguardia quello che poi venne definito Hard Rock, con un sound più pesante urlato, certamente di ispirazione per le future band Heavy Metal. Uno degli elementi più innovativi del disco d’esordio fu il suono che Jimmy Page riuscì a dare alle registrazioni, riuscendo a riprodurre il sound del gruppo durante le esibizioni dal vivo. La sua idea era quella di produrre una sorta di live in studio. Molti anni dopo Robert Plant, in un’intervista al riguardo, disse: “Il suono che sentivo uscire da quelle casse, mentre cantavo, era di gran lunga meglio di qualsiasi figa d’Inghilterra. Era così sessuale, osceno, aveva così tanto potere… era devastante”.
Giornalista