Il clima era mite, quella sera a Parigi, 15 gradi centigradi. Era il 13 novembre 2015. Allo Stade de France c’era l’attesa per l’amichevole Francia-Germania e al Bataclan c’era in programma il concerto degli “Eagles of Death Metal”, gruppo rock californiano. I giorni di Charlie Hebdo erano ormai lontani. Eppure, poche ore dopo, il presidente francese François Hollande si ritrovò ad annunciare lo stato di emergenza in Francia e la chiusura temporanea delle frontiere. Una serie di attacchi terroristici di matrice islamica sferrati da un commando collegato all’ISIS, che successivamente li rivendicò, concentrati nel I, X e XI arrondissement di Parigi e allo Stade de France. Gli attentati furono compiuti da almeno dieci persone fra uomini e donne, responsabili di tre esplosioni nei pressi dello stadio e di sei sparatorie in diversi luoghi pubblici della capitale francese, tra cui la più sanguinosa quella presso il teatro Bataclan, dove rimasero uccise novanta persone. Una prima esplosione davanti al ristorante Events nei pressi dello stadio, venti minuti dopo l’inizio della partita che aveva un pubblico di 80.000 tifosi, tra i quali il presidente della Repubblica francese e il ministro degli affari esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier. Per non aggravare la tensione, la partita proseguì, ma ci fu comunque un morto, oltre all’attentatore.
Seguirono la sparatoria nei pressi dei due ristoranti Le Carillon, l’ esplosione davanti a un fast food nei pressi dello stadio, la sparatoria nei pressi della pizzeria Casa Nostra, durante la quale uno degli attentatori puntò il proprio fucile contro la studentessa Barbara Serpentini e la sua amica Sophia Bejali per ucciderle a bruciapelo, ma l’arma, a causa del termine dei proiettili o di un’inceppatura, non riuscì a sparare, permettendo alle due giovani di fuggire. Altre esplosioni presso ristoranti e Mc Donald’s, sempre vicini allo stadio, ma l’attacco più grande lo ebbe il Bataclan, durante il concerto rock con circa 1.500 spettatori in cui tre terroristi vestiti di nero, con zaini porta-caricatori e fucile a pompa, bombe a mano e cinture esplosive, irruppero sparando contro la folla, urlando “Allah Akbar!” e inneggiando alla Siria e all’Iraq. La prima raffica provocò una decina di vittime davanti all’ingresso, ma venne inizialmente scambiata per un sordo rumore di amplificatori o degli effetti pirotecnici. La seconda raffica avvenne verso il bar, mettendo in fuga la band. I tre attentatori si posizionarono sulla platea e sparano altre diverse raffiche sugli spettatori nel giro di venti minuti. Nel pubblico, alcuni scapparono, altri si rifugiarono sul tetto o nei bagni pubblici e nei camerini. Intanto, gli attentatori cominciarono a sequestrare le persone presenti, fucilando e uccidendo molti di quelli che si riversero per terra, intenti a fingersi morti. Quando sembrò tornare un po’ di calma, intorno a mezzanotte, i tifosi di calcio abbandonarono lo Stade de France cantando l’inno nazionale francese, “La Marseillaise”, in segno di solidarietà. Rimasero uccise 130 persone di varia nazionalità e ferite circa 360. Pochi giorni dopo, la Tour Eiffel si illuminò neo colori francesi, come simbolo di forza e orgoglio nazionale.
Giornalista