Sono trascorsi cinquantacinque anni da quel giorno in cui il premio Nobel per la pace venne assegnato a Martin Luther King, come riconoscimento del suo impegno per i diritti civili e la giustizia sociale. Nel ricevere al notizia del riconoscimento, il leader sottolineava come non si trattasse del premio a una sola persona, quanto il riconoscimento a tutte le «persone nobili» che hanno lottato con lui per i diritti civili.
Nato ad Atlanta, Georgia, nel 1929 diviene celebre negli anni Sessanta per le sue manifestazioni in cui reclamare l’uguaglianza e i pari diritti di neri e bianchi; denunciava, infatti la segregazione razziale e brutale disuguaglianza che i neri subivano rispetto ai bianchi. Il suo discorso più celebre, divenuto simbolo della lotta antirazziale, è forse quello noto come I HAVE A DREAM (HO UN SOGNO) pronunciato nell’agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington in occasione di una sua marcia di protesta.
“Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.
Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!”
Martin Luther King muore il 4 aprile 1968 per mano di un omicida che lo fredda con un colpo di fucile mentre usciva sul balcone di un hotel di Memphis, dove si trovava per la sua attività di attivista. In parte perché preoccupato dalle possibili violenze in seguito all’assassinio di King, il Congresso americano approva rapidamente le più urgenti leggi antirazziste.