Accadde oggi: 18 settembre 96 d.C., muore Tito Flavio Domiziano, ultimo dei Flavi

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Era divenuto imperatore romano nel settembre dell’81 d.C., e il 18 settembre del 96 d.C. morì: parliamo di Tito Flavio Domiziano, conosciuto con il nome di Cesare Domiziano Augusto Germanico (in latino Imperator Caesar Domitianus Augustus Germanicus), ultimo membro della dinastia flavia. Come nel caso di Tiberio, e un po’ anche di Nerone, Domiziano è stato in parte riabilitato dall’odierna storiografia che è riuscita a sfumarne almeno i connotati più negativi. La dinastia Flavia aveva origine da un ceto medio-basso ed era sempre stata vista con diffidenza dall’aristocrazia, che per dodici anni era stata controllata dall’accorta diplomazia di Vespasiano e del figlio maggiore Tito. Domiziano decise invece di tornare alla politica popolare dei Giulio-Claudi, rafforzando i propri privilegi per contrastare l’opposizione dei patrizi, facendosi addirittura appellare “signore e dio nostro”. Un’aureola divina che credeva gli toccasse assolutamente. Durante la guerra contro gli invasori daci, alcune legioni al comando di Saturnino, che era il governatore della Germania, si ribellarono, e lo costrinsero a firmare una pace prematura e sfavorevole ai romani. Fu così che l’imperatore si sentì tradito, cominciò a vedere congiure dappertutto, a isolarsi e a esacerbare il suo carattere diffidente. Fu così che amplificò ancor di più il culto della sua personalità.

Il complotto di senatori, che garantirono a Nerva la successione all’impero, coinvolse la moglie Domizia e il procuratore Stefano, i cortigiani Partenio e Sigerio, il segretario Entello e i prefetti del pretorio Norbano e Petronio. Secondo quanto riportato da WIkipedia, “il 18 settembre 96 Partenio annunciò all’imperatore che Stefano era latore di un importante messaggio. Fingendosi ferito a un braccio, questi nascondeva nelle bende un pugnale. Il falso messaggio rivelava a Domiziano l’esistenza di una congiura ai suoi danni. Mentre l’imperatore leggeva, Stefano lo colpì all’inguine: malgrado la ferita, Domiziano reagì con grande energia, gettandosi su Stefano, ma intervennero altri congiurati, che lo finirono con altre sette pugnalate”. Domiziano fu consegnato cadavere alla nutrice Fillide, che gli rese gli estremi onori in una sua proprietà sulla via Latina e mescolò poi le sue ceneri con quelle dell’amata Giulia, facendole custodire nel tempio della famiglia dei Flavi al Malum Punicum, affinché non potessero essere disperse. Il senato decise che Nerva fosse nuovo imperatore e decretò la damnatio memoriae di Domiziano, ordinando la distruzione delle sue statue e la cancellazione del suo nome da ogni iscrizione. Libertà per molte persone, fu la conseguenza della congiura: furono richiamati gli esiliati, riabilitate le vittime, puniti i delatori e proibiti i processi di lesa maestà.