“Nella pittura ci sono due cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono aiutarsi tra loro”. Paul Cézanne
Il successo bussò tardi alla sua porta. Arrivò quando ormai gran parte della sua carriera artistica era compiuta. Paul Cézanne, tuttavia, non visse mai nell’indigenza, e riuscì a trovare la sua strada e la sua identità ben presto, nonostante tutto. Nato ad Aix-en-Provence il 19 gennaio 1839, figlio del proprietario di una fabbrica di cappelli e di una sua operaia, godette di condizioni agiate in famiglia che gli consentirono di frequentare le migliori scuole: fu al collegio Bourbon che conobbe il compagno e in seguito amico, nonché grande scrittore, Émile Zola. La loro fu una profonda amicizia tra intellettuali, tra l’amore appena nato per Hugo e quello per Musset, di cui acquistavano, collezionavano e conservavano testi e libri. Dopo il collegio frequentò la Scuola di Belle Arti della sua città natale e negli anni Sessanta, vincendo le opposizioni del padre, riuscì a trasferirsi a Parigi, entrando in contatto con gli Impressionisti, esperienza che gli servì a imparare a dipingere en plen air e a regalare alle sue opere quella luminosità dei colori tipici dello stile. Il risultato più alto di questa esperienza fu La casa dell’impiccato a Auvers in cui, per la prima volta, lo spazio non era più amorfo e il risultato più luminoso.
La sua ricerca fu tutta orientata alla verità essenziale delle cose. Egli, infatti, era un instancabile sperimentatore e cadeva in uno stato di profonda frustrazione quando non riusciva a ottenere quella perfezione che tanto desiderava. Tale insoddisfazione per ciò che realizzava è evidente in una lettera del 1906 scritta all’amico pittore Bernard: “Raggiungerò lo scopo tanto cercato, e per tanto inseguito? Lo spero, ma poiché non l’ho raggiunto, mi pervade un vago stato di malessere, che sparirà solo quando avrò raggiunto il posto, cioè quando avrò realizzato qualcosa che si sviluppi meglio che in passato e nello stesso tempo dimostri le mie teorie. Queste sono sempre facili, è il provarle quello che dimostra serie difficoltà. Continuo dunque i miei studi”. Cézanne dipinse molti autoritratti e ritratti, chiedendo ai suoi modelli di stare fermi per ore e ore. Ambroise Vollard, il suo mercante, riferì di aver posato per il suo ritratto ben 115 volte dalle 8 del mattino alle 11.30. Tra una pennellata e l’altra potevano passare anche venti minuti: “Chi non l’ha visto dipingere può a fatica immaginare fino a che punto, in certi giorni, il suo lavoro fosse lento e penoso. Nel mio ritratto ci sono, sulla mano, due punti in cui la tela è scoperta. Lo feci notare a Cézanne, che mi rispose: ‘Se la mia seduta al Louvre, fra poco, avrà buon esito, forse domani troverò il modo giusto di coprire questi spazi bianchi. Cercate di capire, se intervenissi qui a caso, sarei costretto a ricominciare tutto il quadro a partire da questo punto”.
Cézanne amava molto eseguire disegni preliminari e acquerelli: la geometria dell’insieme era definita attraverso linee tracciate a matita e poi ricoperte di vari strati di trasparenze colorate. Lasciava bianco il foglio nei punti colpiti dalla luce diretta e le masse erano indicate attraverso l’uso del solo colore. Secondo l’artista “nella pittura ci sono solo due cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono aiutarsi tra loro”. In tutto è presente la geometria, ricondotta alle forme essenziali di sfera, cilindro e cono. Nasce così, nel 1988, uno dei capolavori dell’artista: I giocatori di carte. L’opera ritrae due uomini seduti al tavolino di un’osteria che stanno giocando a carte. Le figure sono rese attraverso volumi puri, solidi geometrici: la calotta sferica del cappello, le maniche tronco-coniche, i parallelepipedi che generano il tavolino, la tovaglia rigida. Tutta la tela è costituita da abbassamenti di tono dei colori blu, giallo e rosso e nel dipinto Cézanne fa un sapiente utilizzo delle linee. Negli ultimi anni della sua vita, Cézanne si ossessionò con la raffigurazione della montagna Sainte-Victoire. La dipingeva spesso, ogni volta da una prospettiva lievemente diversa e con soluzioni tecniche differenti. Proprio questa serie di dipinti rappresentò un modello per le successive generazioni, al punto che i cubisti elessero Cézanne come loro padre e ispiratore. Il 15 ottobre 1906 fu colto da un violento temporale mentre dipingeva en plen air e colpito da una fulminante e violenta polmonite, morì pochi giorni dopo senza aver mai più potuto riprendere a fare ciò che più aveva amato: dipingere. Paul Cezanne è stato il pittore più singolare ed enigmatico di tutta la pittura francese post-impressionista anche se la sua aderenza al movimento fu però sempre distaccata, perché la sua pittura seguì già agli inizi un diverso cammino che la differenziava nettamente da quella di Monet o Renoir.
Giornalista